I SOCIALISTI ADESSO CONTANO PERCHE' NON SONO SCOMPARSI
29 aprile 2008
Ci si chiede perché si torni a parlare di questione socialista. La risposta di Rino Formica è secca: "Perché i socialisti non sono scomparsi". E a Fausto Bertinotti, che vorrebbe rimandare il confronto con il Ps al dopo-elezioni, ricorda: "gli avevamo offerto un accordo tecnico tra le nostre liste e le loro. Abbiamo ricevuto un no: presunzione o paura di contaminazione?" Si è riaperta, inaspettatamente ma non tanto, la "questione socialista": chi aveva con molto azzardo preconizzato la fine, il superamento del socialismo per la crisi delle sue diverse espressioni, dalla variante socialdemocratica e laburista a quella più radicale, di sinistra, dovrà ricredersi. "La prima cosa è chiedersi perché si torna o si ritorna a parlare di questione socialista visto che nulla avviene anche in politica per caso. La mia risposta è: perché i socialisti non sono scomparsi". Il piglio ironico e la battuta sarcastica sono sempre le stesse di quando Rino Formica diceva "la politica è sangue e merda", o di quando affermava "il convento è povero ma i monaci sono ricchi", riferendosi a quei dirigenti che tenevano uno stile di vita principesco, o quando notava, nel 1991, che l'Assemblea Nazionale del suo Psi era una "corte di nani e ballerine". Autonomista "doc" della scuola di Pietro Nenni, ma attentissimo ai rapporti con i comunisti di ieri e con gli ex-comunisti di oggi, vicino agli eredi di Giorgio Amendola, come Emanuele Macaluso, Formica, uscito a testa alta dallo "tsumani" di Tangentopoli che travolse il Psi di Bettino Craxi, segue con passione le vicende politiche e guarda con interesse a quanto bolle nella pentola della Sinistra Arcobaleno. E se il candidato Premier Fausto Bertinotti rilancia la "questione socialista" per il dopo elezioni, seguito a ruota da Pietro Folena e Gennaro Migliore e dal senatore di Sd, Cesare Salvi, lui, con un pizzico di orgoglio, ricorda: "Ma noi socialisti al libertario Bertinotti avevamo offerto un accordo tecnico tra le liste socialiste e quelle di SA: se ci fosse stato questo accordo tecnico oggi avremmo la certezza di una presenza socialista alla Camera e al Senato, e la SA avrebbe la certezza di avere i suoi senatori in ogni regione d'Italia". Purtroppo, è il suo rammarico, "abbiamo ricevuto un no, e questo no è stato un errore di presunzione, o un no per la paura di una contaminazione?", si chiede sorridendo. Ce lo dica, onorevole. "E' bene che si sappia una cosa: i socialisti sono attrezzati ad aprire, anche oggi, una discussione sulla necessità di un nuovo revisionismo socialista, ma Bertinotti vuole attendere il 14 aprile. Perché? Ma perché forse teme Ferrando e Turigliatto, perché non vuole turbare i fedeli della mummia di Lenin". Eccolo il Formica pungente, tutt'altro che in disarmo, assertore convinto che "il socialismo o è largo o non è", una formula che ben si combina con la "sinistra plurale ed aperta" della SA. "C'è poi dell'altro: la verità è che la sinistra se non perde, non impara la lezione della storia", osserva l'81enne più volte ministro della Repubblica. "La sinistra non vuole mai prevedere la crisi propria perché crede che la crisi sia presente solo nel campo avverso; e questa presunzione la mette nella spiacevole situazione che, dopo ogni significativo evento politico, deve sempre ricominciare daccapo". Una sorta di autolesionismo duro a morire, dunque. Intanto però dietro le quinte qualcosa di serio si muove, e i "boatos" dicono di un voto disgiunto: in quelle regioni dove servono voti a SA per raggiungere e superare la soglia dell'8% al Senato, come nella Puglia di Nichi Vendola, sono pronti i voti dei socialisti, un favore che quelli della SA sono pronti a ricambiare in altre regioni, come la Calabria. Un voto disgiunto che non penalizza affatto il Pd, che anzi vede di buon occhio l'intesa elettorale, che toglierebbe senatori al Pdl, ma meno bene quella politica, ossia il dialogo diretto, anche perché nel Pd i fans dei socialisti ci sono (Piero Fassino ma anche Massimo D'Alema), e se stanno per ora zitti è solo per non disturbare il candidato premier. "Dobbiamo aspettare il 14 aprile? Bene, dopo il 14 aprile ci saremo e forse, quel giorno, avremo qualche ragione in più", avverte Formica. "E' vero che noi socialisti non siamo una forza che può far da sola - precisa - ma attenzione, siamo una forza che può sparigliare molto i giochi in casa altrui". Ma perché i socialisti non sono scomparsi nonostante intellettuali del calibro di John Lloyd o di Anthony Giddens tentino di far passare questa tesi? "Perché non è scomparso il nesso tra questione sociale e questione democratica: il sistema politico italiano dei grandi partiti ha tentato di separare queste due questioni e sono venute fuori figure politiche zoppe", conclude Formica dando appuntamento al 14 aprile. E tra i socialisti c'è chi non si rassegna ad aspettare questa data. "Spero che dopo l'annuncio un passo avanti lo facciano: un incontro prima del voto avrebbe notevoli effetti mediatici e potrebbe influenzare chi tra gli elettori di sinistra è indeciso ed orientato al non voto", nota lo storico Giuseppe Giuseppe Tamburrano, Presidente della "Fondazione Nenni" rivolgendosi ai candidati premier della SA, Fausto Bertinotti, e del PS, Enrico Boselli, affinché prima del voto facciano appunto "un passo in avanti" rispetto all'annunciato avvio del dialogo. Un "faccia a faccia" Bertinotti-Boselli prima del voto, "è auspicabile: potrebbe influenzare, spingere al voto quanti tra gli elettori di sinistra sono indecisi o orientati al non voto perché o non trovano una proposta di sinistra o un soggetto socialista", precisa Tamburano, e di questo fatto se ne avvantaggerebbe anche il Pd. E se i "boatos" dicono pure di un voto disgiunto a Roma a favore del candidato Sindaco del Ps, Franco Grillini, le diplomazie lavorano in silenzio per preparare al meglio l'appuntamento per il dopo elezioni insieme a quei socialisti che da tempo sono impegnati nella Sd: da Carlo Vallari a Federico Coen a Giovanni Pieraccini, da Ernesto Fedi a Angela Tedesco, entrambi candidati nelle liste di SA al Senato in Toscana e nel Lazio. Insomma, se sono rose, rosse... fioriranno.
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