I SOCIALISTI A PONTIDA, intervento di Roberto Biscardini, Pontida 5 giugno 2010

24 giugno 2010

I SOCIALISTI A PONTIDA, intervento di Roberto Biscardini, Pontida 5 giugno 2010

Ritorniamo qui a Pontida dopo venti anni, per celebrare insieme l’Unità d’Italia e la Festa della Repubblica. Per restituire la verità della storia contro la strumentalizzazione, ed insieme qualche pagliacciata, che ogni anno la Lega Nord mette in scena in questo luogo.
Il primo errore commesso da questo movimento è stato quello di utilizzare la storia medioevale dei Comuni e della loro gloriosa battaglia per combattere il potere del Sacro Romano Impero, non riconoscendo che quello fu il primo baluardo di un’identità italiana, capace di contrapporsi con successo allo strapotere dello straniero. Quel giuramento fu l’espressione di diverse coscienze municipali in lotta per i propri diritti, ma consapevoli tuttavia della necessità dell’unità per poter raggiungere la vittoria. L’esatto contrario della cultura della separazione e della più recente cultura della secessione.
E ancora, la ridicola contrapposizione della Lega Nord nei confronti della storia del Risorgimento italiano rinnega un dato di fatto: l’aspirazione del popolo, e soprattutto del popolo del Nord, a trasformare quella che è sempre stata una unità geografica in una unità politica.
Nel 1861 l’Italia diventa nazione europea, recuperando un ritardo che aveva accumulato rispetto alle altre nazioni, costituitesi tali molti secoli prima.
Certo, il fatto che ancora oggi si parli di unità d’Italia, indica che siamo l’espressione nazionale di un insieme di tante realtà territoriali e politiche diverse.
Non dimentichiamoci infatti che prima di Garibaldi, che partì da Quarto con l’aiuto di tanti bergamaschi, i bisnonni degli attuali leghisti, ci fu la pagina gloriosa dei moti insurrezionali del ’48, che, per dislocazione su tutto il territorio nazionale, da Palermo a Firenze, a Milano e a Venezia, testimonia, la comune volontà di ribellarsi alla dominazione straniera, come espressione di ideali nazionali e di giustizia sociale.
La storia dei socialisti è la storia del riformismo municipale. È la storia delle autonomie ed è la storia della libera associazione dei comuni come espressione di libertà, di autodeterminazione e di autoorganizzazione, contro lo stato centralista, per il federalismo, ma non contro la nazione, di cui i comuni sono parte fondante in quanto appunto Stato dei Comuni, paritario per valore e peso politico allo Stato Centrale.
Non a caso, in Italia e solo in Italia si parla di Repubblica delle Autonomie, e di questa idea di Repubblica è impregnata la nostra Costituzione, al di là delle spinte centralistiche che pur l’hanno accompagnata fin dal suo nascere.
Non a caso, nelle aspirazioni lungimiranti di Carlo Cattaneo, che la Lega dovrebbe imparare a leggere correttamente, c’era il federalismo municipale, inito al valore della nazione, essa stessa federata negli Stati Uniti d’Europa. Un ordinamento federale, a garanzia dell’indipendenza e di rispetto dei diritti dei cittadini.
Alla faccia ancora una volta della Lega, una delle forze politiche più euroscettiche del nostro Paese e meno rispettose dei diritti.
Il federalismo, nelle migliori accezioni, è il segno delle comunità che si aprono all’esterno, che si uniscono ad altri e condividono con altri grandi principi.
L’esatto contrario del far da sé e per sé.Siamo pronti a sfidarla su ogni questione che riguarda l’assetto istituzionale del Paese. Quarant’anni fa nacquero le Regioni. Furono per primi i socialisti a volerle. Oggi sono per la Lega un punto di riferimento di un futuro sistema federale. Ma noi oggi abbiamo il coraggio di essere critici, di vedere le cose che nelle Regioni non funzionano e non cogliamo difendere un nostro simulacro. Le Regioni non funzionano perché, nate per garantire l’autogoverno dei cittadini e per rafforzare il pluralismo istituzionale dei territori, sono purtroppo diventate portatrici del peggiore centralismo. Si sono spesso associate al centralismo statale contro l’autonomia dei comuni. Lo hanno fatto sul terreno del potere legislativo come su quello fiscale. Rivendicano federalismo, ma hanno rinnegato il federalismo originario, quello che è nato in queste terre. Ed anche la forma di governo presidenziale con cui oggi le Ragioni si rapportano, a partire dall’elezione diretta dei presidenti, è il peggio che si poteva pensare. Ma la Lega su questo non solo sta zitta, ma anzi si siede al tavolo per spartire al Nord i suoi presidenti.
Siamo infine venuti qui oggi per celebrare la Repubblica, di cui la Lega sembra aver fastidio. Il 2 giugno del 1946 si tenne un referendum e delle libere elezioni. Il popolo scelse liberamente la Repubblica, e l’Italia pose fine alla monarchia. La Lega dica da che parte sta: non è d’accordo con la Repubblica? Lo dica!
Il vincitore allora fu Pietro Nenni, che con grande abilità politica riuscì a convincere le altre forze politiche di tenere il referendum per la Repubblica contestualmente al voto per l’elezione dell’Assemblea costituente. Aveva paura che il rinvio del referendum e la separazione del voto avrebbe potuto far slittare o l’una cosa o l’altra. E così in un sol giorno gli italiani avviarono il processo democratico e costituzionale, dando all’Assemblea costituente un mandato preciso.

Piaccia o non piaccia alla Lega, fu proprio dal Nord che venne il maggior sostegno alla Repubblica e venne proprio dal “Vento del Nord” il maggior contributo alla democrazia.

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