I DESAPARECIDO DI LIBERI E UGUALI di Giuseppe Nigro
26 aprile 2018
Le elezioni del 4 marzo 2018 hanno lasciato molte macerie nel campo
della sinistra. In particolare in quello di Liberi e Uguali, la lista
elettorale nata il 4 dicembre 2017 per far vivere una prospettiva a
sinistra del Partito Democratico.
L’assemblea romana che sancì il percorso fu una sorta di appello ai
valori fondati sui principi di “libertà e uguaglianza”, senza una vera
proposta di merito. Insomma, buoni principi ma scarse elaborazioni, a
parte le riflessioni di quegli esponenti che portavano le esperienze
dirette del loro impegno e delle loro attività nel sociale.
A chi mi chiese cosa ne pensassi, risposi che i sentimenti non erano
sufficienti per una battaglia elettorale che avesse l’ambizione di
fondare un progetto politico con l’intento di rimuovere le
disuguaglianze diffuse nel paese.
I delegati eletti nelle assemblee provinciali sopportarono i disagi
della mattinata (furono in molti a rimanere in piedi), applaudirono
Pietro Grasso, la cui inconsistenza politica fu palese già a partire da
allora e tornarono alle loro case, nonostante tutto, fiduciosi che gli
eventi prendessero una piega positiva.
A partire da quel momento, in molti sperarono che la composizione delle
liste elettorali sarebbe stata un’occasione per far crescere dal basso
l’auspicato progetto per il rilancio della sinistra. I protagonisti del
patto, la triplice di Speranza, Fratoianni e Civati patteggiarono
programma e liste elettorali.
La legge elettorale voluta dal PD di Renzi, imposta con il voto di
fiducia dal governo Gentiloni (non bisogna mai dimenticarlo), com’era
noto, metteva nelle mani dei segretari di partito le carriere degli
eletti. Il segretario di partito diventava una sorta di feudatario da
cui dipende l’attribuzione del “beneficio”.
Il meccanismo, fra molti mugugni, funziona per partiti verticistici e/o
padronali, producendo l’effetto distorto di mandare in parlamento più
che rappresentanti del popolo, valvassori e valvassini, dalla mentalità
servile. Non funziona per niente per chi ha preteso di definirsi “libero
e uguale”. L’esito elettorale di Liberi e Uguali ha riportato in
parlamento un esiguo gruppo di eletti, tutelati dalle candidature
multiple.
Nei quasi due mesi trascorsi dalle elezioni, sia i “pattisti” sia gli
eletti in parlamento si sono contraddistinti per il silenzio. Desaparecido. Colpiti da afasia come gli scettici antichi hanno sospeso il giudizio come se la realtà fosse inconoscibile.
Eppure un milione di elettori si è espresso a favore di LeU, pochi o
tanti che siano, gli eletti farebbero bene a rispettarli, al loro voto
devono se siedono in parlamento. Fra questi elettori ci sono poi la
stragrande maggioranza dei candidati consapevoli che non sarebbero mai
stati eletti, ma disponibili a condurre una battaglia elettorale nei
territori, come pretesto per affrontare il tema delle disuguaglianze.
Almeno dal 2014, dopo la pubblicazione de “Il capitale nel XXI secolo”,
di Thomas Piketty, possediamo uno studio ponderoso sul modo in cui si
siano determinate ineguaglianze e concentrazione della ricchezza nelle
mani di pochi. Le élites politiche della sinistra non hanno saputo
fornire risposte alle iniquità del sistema, anzi talvolta sono apparse
supine, se non conniventi, di fronte ad un capitalismo globale
aggressivo e favorito da regole piuttosto lasche.
Quel milione di voti ottenuto da Liberi e Uguali è più che sufficiente
per ricostruire una classe dirigente di sinistra riformista con ideali
ancorati al socialismo libertario e liberale. Mentre è troppo poco per
garantire un ceto politico interessato a rendite di posizione per
garantirsi carriere se non certe, almeno possibili.
A sinistra non c’è bisogno di surfer, comprimari e irriducibili (categorie individuate dagli studiosi di scienza politica per classificare quelli che il popolo più semplicemente chiama poltronisti) cioè amanti della poltrona a tutti i costi.
Stante che le ineguaglianze non sparirranno come per incanto, i margini
per dare vita add una formazione di “Liberi e Uguali esistono. Sarà
l’unico modo per evitare che i protagonisti e gli elettori dell’ultima
campagna elettorale, in caso di nuova crisi politica, si rendano
nuovamente disponibili. Altrimenti tutti desaparecido.