I CONSIGLI DI PILLITTERI AI DELUSI DELLA ROSA NEL PUGNO - di Paolo Pillitteri da il Foglio del 21 aprile 2006
30 aprile 2006
Pannella faccia una Costituente radicalsocialista e fondi un vero partito
Al direttore - Ma la mela spaccata in due (l’Italia del dopo 10 aprile) è la vera immagine o non piuttosto un comodo stereotipo, indicativo di due Italie,una di destra e una di sinistra? In realtà, significa la forzata coesistenza di diverse, opposte opzioni, sensibilità, dinamiche, culturali ed economiche.
Il problema non è tanto o soltanto la spaccatura del paese quanto che questa è stata imposta dal bipolarismo con un tratto di penna sulla road map politica dei primi Novanta, costringendo alla coesistenza di divaricanti opzioni dentro i due Poli. Il 9 e 10 aprile, non facendo prevalere né l’una né
l’altra opzione, ha inferto un colpo mortale al bipolarismo, denegando l’unica possibilità di futuro, la governabilità, facendoci rinculare in una opacità gerontocratica, preannuncio della fine della Seconda Repubblica.
Si butti al macero quella road map, iniziando il dialogo e le intese, discutendo
ed elaborando norme e leggi utili al paese. Uno strano bipolarismo (1994) imposto in un momento in cui due terzi del sistema politico era delegittimato e braccato dal tintinnar di manette, per cui apparve come una vendetta di piazza per instaurare una maggioranza “etica” in un sistema poggiato su una gamba sola, un partito solo, e gli altri in fuga. Donde la “anomalia Berlusconi”, che è stata a modo suo la vendetta della vendetta, giacché quella discesa in campo “antipolitica” offriva il contenitore politico alle tre gambe mancanti (Dc, Psi e laici) per la vittoria del Polo sui guardiani della virtù. La questione della Rosa nel pugno va inquadrata in un simile contesto, benché il risultato elettorale sia deludente.
Ma lo è, simmetricamente, per le forze liberali, laiche e radicali dentro la Casa delle libertà, con un Cavaliere tardivamente rammaricato di ciò.
Per la Rosa nel pugno, l’analisi da compiere riguarda le ragioni della delusione, speculari a quelle della sua nascita. Rivolte alla costruzione di un soggetto nuovo avviando un processo di riunificazione dei socialisti della diaspora con l’alleanza coi radicali. Lo scopo era di raccogliere nella Rosa nel pugno delusioni e disillusioni di quanti, dentro FI e la Cdl, avevano visto rinsecchire le istanze laiche, liberali, riformiste. L’obiettivo
doveva dunque essere non tanto o soltanto di una riunificazione di stati maggiori, ma di un popolo, come quello socialista, vittima del ground zero del 1994. Questo obiettivo è sostanzialmente fallito il 9/10 aprile, per scissioni, mancati accordi, miopie, sottovalutazioni.
Basterebbe fare la somma dei voti mancati (di Bobo Craxi e Formica più De Michelis eccetera) per accorgersi che s’è perduta l’ennesima occasione. Per non dire dell’impatto negativo, sul tradizionale elettorato radical-liberista di quella difesa della scuola pubblica perinde ac cadaver, e, sull’altro versante, della messa in soffitta, sic
et simpliciter, del Concordato. In sostanza, e come mi sembra abbia rilevato Christian Rocca, parte del popolo radicale e di quello socialista non è si è schiodata. Che sia mezzo pieno o mezzo vuoto il bicchiere della Rosa nel pugno, sta di fatto che c’è – come ripete Valter Vecellio – e va riempito di voti, di delusi di un parte e dell’altra, di sinistra e di destra: che sono tanti e in aumento. Come?
Costruendo un vero partito, lanciando, si parva licet, una vera Costituente radicalsocialista, aperta e federata, in grado di parlare non alle nomenclature, non agli stati maggiori, ma al cuore profondo, blairiano, zapateriano, craxiano, del popolo socialista, radicale, laico, liberale. Riflettendo sulle
conseguenze della chiusura di un ciclo che dura da tredici anni, giacché da parte di molti, ma senza dirlo, si attende la giubilazione di Prodi e Berlusconi e il loro contestuale sacrificio politico: perché il 9/10 aprile non hanno vinto in due ma perso in due.
Uno scenario del genere non potrà offrire al
bipolarisimo l’humus più adatto, anzi. Probabilmente assisteremo alla sua fine. Bisogna che i good willing si diano da fare, da subito, a pensare partito, a pensare paese, a scrivere regole nuove.
Cosa proibisce oggi di collaborare civilmente a un programma di riforme serie – che nessuno schieramente può fare da solo – se non la camicia di Nesso di un bipolarismo, nella sua duplice fallimentare versione,
prima totalitaria e ora demenziale?