I COMUNISTI NON CAPIRONO di Roberto Biscardini

08 novembre 2009

I COMUNISTI NON CAPIRONO di Roberto Biscardini

20 anni fa cadeva il Muro di Berlino, la sinistra si interroga e i post comunisti si interrogano. Forse anche il PD dovrebbe farlo. Sta di fatto che la ricostruzione dei fatti ci consente di dire che anche in quella occasione il PCI arrivò in ritardo. Molto in ritardo a capire l’evoluzione degli avvenimenti e molto in ritardo a prendere atto della fine del Comunismo. Al di là del Muro, i comunisti ungheresi cambiarono nome nell’autunno del 1989. Dalla ex URSS Gorbaciov, da quattro anni alle prese con l’opera demolitoria del comunismo, aveva fatto capire al mondo dove stava andando. Il Muro potè crollare con la dichiarazione, avventata o no, in poche ore dopo la conferenza stampa del capo del Politburò Gunter Schabowski, dopo l’illustrazione delle nuove norme sui permessi per l’attraversamento del Muro da est a ovest. Craxi, ben capendo dove andava la storia, nella primavera di quell’anno dopo il congresso del PCI, in cui Achille Occhetto parla di “Nuovo PCI”, dichiara “ma perchè non chiedono di buttare giù il Muro?” Ma il PCI non capì. Occhetto in quell’occasione citò Marx e non capì lo stato maggiore del suo partito che lascerà passare due congressi, quello del 1990 e quello del 1991, dopo la caduta del muro, prima di prendere atto che il comunismo era morto. Quelli che auspicavano lo spostamento dell’asse politico di quel partito verso il socialismo europeo e chiesero di utilizzare la parola socialista per indicare il profilo politico del nuovo partito furono battuti. Tra questi Giorgio Napoletano. E quando alcuni di loro avanzarono l’ipotesi di un alleanza strategica con il PSI di Craxi furono considerati pericolosi traditori, disposti a trascinare il partito verso una “deriva socialdemocratica” e invocarono un'altra volta la questione morale. Contemporaneamente il Veltroni, mai stato comunista, disse allora “non si può lasciare il comunismo per diventare socialisti”. I miglioristi la battaglia la fecero. La persero. Ma il bandolo della matassa, come dice oggi Umberto Ranieri, con grande onestà intellettuale, è probabilmente ancora quello da loro sostenuto allora. Questione quindi aperta anche nel PD di oggi, nonostante sia più alle prese di sistemare i post popolari e democristiani, che non ad affrontare il tema politico del socialismo in Italia. Non a caso nella nomenclatura complessa decisa da Bersani per impiantare il suo nuovo corso, a cui vanno ancora tutti i nostri migliori auguri di buon lavoro, di socialisti non ce n’è neppure uno.

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