GUIDO MARTINOTTI UN GIORNALISTA D’ECCEZIONE di Michele Salvati da Arcipelagomilano.org
24 febbraio 2014

Sapevo bene che Guido era un “mostruoso” poligrafo e che, quando io mi alzavo al mattino, a un’ora umana, egli aveva già scritto, nella notte o all’alba, una mezza dozzina di pagine, destinate alla pubblicazione o a singoli amici in forma di lettera. E quando aprivo il computer qualche volta ne trovavo una, non di rado condita da affettuosi rimproveri per la mia moderazione o timidezza nel reagire a fatti o dichiarazioni per lui inaccettabili. Così diceva di me, io preferirei dire scetticismo o realismo: giudicate voi. Ma vedere ora, seppure in grande fretta, il prodotto (parziale!) di quelle sue ore notturne o antelucane ha suscitato in me un’ammirazione e una commozione fortissime. Molti di questi pezzi sono piccoli capolavori, assai migliori dei migliori articoli di commentatori ed elzeviristi famosi: così Guido distribuiva i suoi doni. Sono lezioni politiche e morali: ma anche l’indignazione in Guido non è mai supponente e trombonesca. È spontanea, fresca, giovanile. E poi la quantità di fatti e informazioni – inconsueti, curiosi, divertenti, cosmopoliti – di cui questi pezzi sono infarciti ne rende la lettura non solo gradevole, ma molto istruttiva.
Spetterà a qualcun altro il lavoro serio di catalogare, dividere per argomenti, valutare questo materiale: ora non possiamo fare altro che offrirlo per una prima lettura. Ma già da questa, anche saltando senza ordine da un pezzo all’altro, il godimento e l’istruzione sono assicurati. Guido scrive benissimo: veloce, senza ripensamenti, trascinato dalle cose da dire, con una prosa semplice ed efficace, facilissima da leggere. E si capisce subito che “non se la tira”, che non c’è narcisismo, che la sua persona è totalmente immersa nell’oggetto di cui tratta, nell’evento che l’ha fatto arrabbiare. Gli argomenti sono straordinariamente vari. Forse con una leggera prevalenza di questioni relative alla città, al territorio, all’amministrazione e alla politica locali, cui prestava attenzione continua come sociologo urbano; ma è sorprendente quanto siano estesi i confini cui forzava la sociologia urbana e quante volte e con quanto gusto li oltrepassasse. Soprattutto in direzione della politica nazionale, delle grandi svolte elettorali, delle previsioni e dei commenti stupidi a esse dedicati: quasi sempre Guido ha bisogno di qualcuno con cui prendersela. La cultura che trasuda da questi piccoli Essays in Indignation è amplissima e le citazioni sono veri ricordi, pezzi della sua straordinaria formazione, non ricerchine su Google fatte per impressionare il lettore: muovendosi con frequenza e facilità tra Milano, Parigi e New York riportava alla sua città i grandi temi del dibattito culturale contemporaneo. E li riconduceva alla sua matrice di origine, all’impianto laico e liberal-socialista della sua storia e alla passione politica che lo divorava.
Non sempre il lettore sarà d’accordo con quanto Guido scriveva: talora non lo ero neanch’io e lo rimproveravo, efficacemente ribattuto, di giacobinismo. Un rimprovero moderato però dalla consapevolezza della grande ferita politica che Guido aveva ricevuto con la scomparsa del suo partito e con il refluire di tanti suoi compagni, per rabbia, indignazione e soprattutto per opportunismo, nelle file della destra: quanto più dignitosa e forte la sua scelta di isolamento politico! E poi, e soprattutto, a farmelo amare anche nei suoi momenti più giacobini era la sua ironia, la sua curiosità e il suo spirito polemico, degni di Karl Kraus.
Molti dei “pretesti” che scatenavano queste virtù sono ancora vivi nella nostra memoria, sono pezzi della storia e della cronaca di questi ultimi anni. In attesa di una edizione meglio curata, sono grato a Luca per aver anticipato questa raccolta affinché fosse pronta nel giorno del primo anniversario della morte del nostro grande amico.