GOVERNANCE. IL NUOVO RAPPORTO TRA NORD E SUD DEL MONDO. DI PIER CARLO PADOAN DA "IL RIFORMISTA".

06 gennaio 2005

GOVERNANCE. IL NUOVO RAPPORTO TRA NORD E SUD DEL MONDO. DI PIER CARLO PADOAN DA

Un consiglio di sicurezza per l’economia Da qui al G8 presieduto da Blair, un salto di qualità nella gestione delle emergenze globali. Come molti hanno scritto la tragedia dello tsunami è di dimensioni talmente grandi da rappresentare una occasione “epocale” per far fare un salto di qualità ai rapporti tra Nord e Sud del mondo, approfittando della fortissima spinta emotiva che la tragedia ha provocato. Se così fosse, almeno da questo punto di vista lo tsunami sarebbe benvenuto. Ma come potremmo misurare un successo in questa direzione? Sono almeno tre i terreni su cui ciò sarebbe possibile: la mobilitazione delle risorse, la capacità di ottenere risultati concreti, e una efficace governance del sistema globale. Paradossalmente il primo aspetto non è il più difficile. Il sostegno finanziario, soprattutto per fronteggiare la prima emergenza, proverrà da più fonti. Quelle bilaterali, se l’emulazione farà moltiplicare gli scatti di generosità (magari agendo sui sensi di colpa) come quello che ha portato gli Stati uniti a decuplicare il primo stanziamento. Quelle multilaterali, da parte delle istituzioni finanziarie internazionali, in primo luogo Banca mondiale e Fondo monetario internazionale, che hanno già affermato di essere pronte a fornire nuove risorse e a ritardare il rimborso che è dovuto da paesi come Sri Lanka e Indonesia. Ulteriore sostegno potrà venire dall’abbattimento, almeno parziale, del debito bilaterale negoziato in sede di Club di Parigi. Ma passiamo al secondo aspetto: la capacità di ottenere risultati concreti. In questo caso è d’obbligo distinguere tra casi nazionali diversi. L’Indonesia è il paese con il più alto numero di vittime, ma la sua elevata crescita sarà solo scalfita dalle onde del maremoto. Ben altro caso è quello di paesi piccoli come le Maldive, la cui economia, invece, è in gran parte basata sul turismo e per le quali parlare di un decennio per la ricostruzione non appare inadeguato. Ma il vero test di un nuovo rapporto tra Nord e Sud sarà probabilmente un altro. Se e quando sarà disponibile per l’area dell’Oceano Indiano un efficace sistema di allarme contro i maremoti come quello che oggi funziona nel Pacifico. Un tale sistema di prevenzione richiede due aspetti per funzionare. Che sia materialmente disponibile, e data la sua natura di “bene pubblico globale” (cioè di qualcosa che serve a tutti i paesi coinvolti) la sua costruzione e il suo finanziamento non possono che essere affidati a un consorzio di paesi, compresi paesi che non si affacciano alla regione. Che sia utilizzato, e ciò richiede, contrariamente a quanto è purtroppo avvenuto per lo tsunami di dicembre, che un allarme, quando scatta, sia tradotto in risposta efficace e tempestiva. Ciò richiede che i paesi del Sud si dotino di istituzioni e sistemi di governo efficaci, oltre che di sistemi di comunicazione adeguati. Questo aspetto simboleggia forse più di ogni altro in cosa consista un migliore rapporto tra Nord e Sud: la capacità di produrre beni pubblici globali, quindi risorse e tecnologia, e la capacita di ogni partecipante al sistema di sfruttarne al massimo i benefici, quindi istituzioni e amministrazioni efficienti e non corrotte, le stesse senza le quali abbattere il debito e aumentare le risorse per lo sviluppo rischia di essere spesso inutile. Ma per arrivare a questi risultati occorre un salto di qualità nella “governance” della globalizzazione. Le vicende di questi giorni sembrano riproporre un tema ben noto. La relativa impotenza delle Nazioni unite e la relativa efficacia di istituzioni informali, come il G8, a dare indicazioni e mobilitare le prime risorse per l’emergenza. Forse il momento è giunto per mettere assieme l’efficacia dei gruppi informali con la massima rappresentatività e consenso di quelle formali. Caso vuole che la presidenza G8 per il 2005 tocchi al Regno Unito, che ha già fatto sapere che priorità della sua agenda sarà la lotta alla povertà e l’impegno a rilanciare gli «obiettivi del millennio» anche attraverso nuove forme di raccolta delle risorse finanziarie. Ciò potrà comportare un maggiore coinvolgimento di partner globali come la Cina, oltre che di altri gruppi informali come il G20. Combinare assieme la necessità di dare risposte globali a casi di emergenza planetaria, come il dramma dello tsunami impone, e una forte leadership politica (e provando a sfruttare un atteggiamento forse meno “stretto” degli Stati Uniti, presidenti uscenti del G8) potrebbe far fare passi avanti alla governance globale. Magari dando contenuto più concreto all’idea di un Consiglio di sicurezza per le questioni economiche, la cui missione potrebbe essere quella di coordinare l’azione per la produzione di quei beni pubblici globali di cui sicuramente il nostro sistema ha forte bisogno.

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