GOVERNABILITA’ E POTERI PUBBLICI di Francesco Bochicchio
23 febbraio 2018
Angelo Panebianco pone da tempo il problema di una governabilità resa impossibile dalla debolezza dei governanti di fronte alle minoranze interne ed esterne e di fronte a burocrazie e sindacati pubblici (ma a ben vedere anche privati).
Il Governo forte democratico di Panebianco è assente in Italia.
Che il problema siano le opposizioni politiche ed amministrative e sindacali non è assolutamente fondato.
Il Governo forte manca in quanto il capitale finanziario detta le politiche.
Ed allora, per Governo forte Panebianco intende il Governo che impone alle minoranze i dettati unilaterali ed arbitrari.
Una lotta politica tra socialdemocrazia e liberalismo è preclusa dall’appiattimento della prima sulle posizioni della seconda. Ciò non dipende dal fallimento delle politiche socialdemocratiche ma, all’esatto contrario, è l’indefettibile conseguenza dell’impossibilità della loro attuazione per vincoli esterni antidemocratici. Globalizzazione e capitale finanziario impediscono politiche economiche autonome se non agli Stati forti (che d’altro sono alleati del capitale finanziario in una sorta di “pactum sceleris” che si sustanzia nella non aggressione da parte di quest’ultimo a danno di detti Stati nei momenti loro debolezza (come clamorosamente è avvenuto in America), a fronte un tolleranza estrema di questi su illeciti: quelli deboli sono bloccati perché il loro debito pubblico è manovrato dal capitale finanziario.
Il potere pubblico non è in grado di regolamentare l’economia e le forze economiche. Il potere pubblico che si vuole rafforzare è quello idoneo ad aiutare le forze economiche ed a rimuovere gli ostacoli nei loro confronti.
E’ un obiettivo, non solo antidemocratico (ed addirittura proprio di un liberismo liberticida che viola i diritti degli altri soggetti), ma addirittura surreale nel momento in cui l’economia è allo sfascio e la crisi dipende da fattori endogeni e non esogeni.
Il Governo è debole perché ha rinunziato al suo compito istituzionale di rimuovere i vizi interni all’economia, vale a dire che ha scelto l’obiettivo sbagliato di proteggere tali vizi e combatte avversari già debolissimi (non è un caso l’attacco forsennato contro le banche centrali interne e contro il settore bancario non rientrante nel capitale finanziario). Si vuole debellare e mortificare tali avversari deboli, senza rendersi conto che tale mortificazione vuol dire non solo far trionfare l’economia ma renderla unico elemento cui è ammessa cittadinanza nelle istituzioni e nella società, con gli altri soggetti che fungono da “paria”, vale a dire privi da diritti di libertà non solo sostanziali ma anche formali, il che è evidente, ed anzi eclatante, nel momento in cui gli illeciti, ormai cronici e stabili ed addirittura eterni (basti pensare ai derivati abnormi, alle alterazioni sui mercati finanziari), non vengono repressi o comunque vengono repressi in modo leggerissimo (In Italia, addirittura, Pd e centro-destra vogliono eliminare la detenzione cautelare per i reati economici). E una sorte “economizzazione” della società e della politica (e con questa delle istituzioni “tout court”), obiettivo del tutto irrazionale in quanto elimina anticorpi, correttivi ed equilibri: elimina quei contrappesi propri del liberalismo. E’ un obiettivo assurdo quando l’economia è in crisi, endemica e distruttiva, per vizi ad essa interni. Natura irrazionale e natura assurda sono strettamente collegati, in quanto l’eliminazione dei contrappesi consente la piena esplicazione e realizzazione della natura (auto)distruttiva del capitale magistralmente descritta da Marx.
Sull’esigenza di riforme istituzionali atte a rafforzare il Governo sulle minoranze, è da dire che la governabilità richiede una maggioranza stabile con un premio di maggioranza idoneo a cogliere le complessità di una società con mille frastagliature: il maggioritario a doppio turno è l’unico meccanismo idoneo, purché sia di schieramento e non di lista e non presenti meccanismi devianti come invece Renzi ha tentato di immettere. Il Presidenzialismo che Panebianco vuole collegare al maggioritario è da esso distinto e non risolve la governabilità come mostrato da Macron che annaspa. L’unica governabilità del Presidenzialismo è quella di Trump nel senso autoritario e distruttivo che si sta vedendo. E per non incentrarsi solo sulla negatività di Trump, in un’ottica personalistica, non occorre dimenticare che le basi per il trionfo del capitale finanziario furono poste da Reagan (ed anche dalla Thatcher, in un ambito di pari gravità, ma meno eclatante), non a caso considerato emblema del liberismo e da tutti i liberisti –anche quelli “sedicenti” di sinistra; il termine di “sedicente” viene dallo scrivente utilizzato in senso non offensivo ma squisitamente e rigorosamente letterale, vale nel senso di chi è di sinistra solo secondo l’opinione sua e dei suoi accoliti- venerato.
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