GLI SCONFITTI DEL REFERENDUM di Francesco Bochicchio

14 dicembre 2016

GLI SCONFITTI DEL REFERENDUM di Francesco Bochicchio

Travaglio e altri sostengono che la sconfitta di Renzi al “referendum” ha un vero padre, Giorgio Napolitano, il quale aveva a suo tempo incitato Renzi ad andare avanti sulla riforma, mandandolo al sacrificio, come già fatto con Letta e prima ancora Monti. L’attacco a Napolitano, che Crozza ha reso poi in termini satirici irresistibili, ha un nucleo forte di verità: Napolitano ha guidato e sostenuto, se non addirittura elaborato “ex novo”, le grandi svolte degli ultimi anni, prima sostituendo una persona inaffidabile come Berlusconi con un tecnico di eccezionale valore e serietà, credibile all’estero quale Monti, poi imponendo un governo di larghe intese con Letta, larghe intese tali da sopravvivere all’uscita di Berlusconi, ed infine sostenendo Renzi con la sua riforma costituzionale ed elettorale. Napolitano è il vero regista di scelte fallimentari, che hanno portato al disastro gli attori principali ma non lo stesso regista. Bisogna però riconoscere l’accortezza dell’uomo che ha sempre con anticipo previsto che gli attori stavano andando al disastro e con correttezza ha tentato di indirizzarli in senso correttivo rispetto alle loro tendenze disastrose, invitando Monti a non presentarsi alle elezioni del 2013 in modo da essere l’uomo forte dopo,. e invitando Renzi a desistere da toni personalistici ed ultimativi e comprendendo prima di tutti che il Partito della Nazione non ha sbocchi e non ha possibilità di sfondare elettoralmente oltre il 40%, di qui la necessità di una sintonia con il centro-destra e la chiusura nei confronti dei 5Stelle, forza ormai dichiarata anti-sistema. Napolitano, con la lucidità che lo contraddistingue, ha utilizzato tutti i mezzi per preservare il sistema e il fallimento è dipeso non dalla sua regia ma dalla rappresentazione, erronea e travisata, che ne hanno dato gli attori. Napolitano è stato un protagonista di assoluta grandezza e la critica nei suoi confronti va formulata non sulla base del fallimento degli attori che hanno peccato in eccesso di protagonismo che li ha spinti a discostarsi dal copione ma sulla base del copione stesso.  E su tali basi si può imputare a Napolitano di non aver compreso che il sistema è in crisi rovinosa e così tale da non raccogliere più consensi, ma sarebbe un’imputazione banale e superficiale e tale da non cogliere l’essenza: ed infatti il vero nodo è se vi sia lo spazio per un garante in grado di sorreggere il sistema e di  ricercare gli equilibri politici aiutando sì, ma in modo critico, il  “Premier”. La figura di garante della Costituzione e di garante degli equilibri politici presenta dei profili di ambiguità in quanto gli equilibri politici non necessariamente sono compatibili con le linee della Costituzione. E qui il nodo presenta la propria tremenda delicatezza: gli equilibri politici rimandano ad un sistema così rovinoso che ha bisogno per sorreggersi di violare la Costituzione: Napolitano in una prima fase ha assolto al ruolo di garanzia in modo difficile e delicato ma sostanzialmente ineccepibile, fermando le punte peggiori delle deviazioni di Berlusconi senza invadere l’indirizzo politico della maggioranza. Poi, dopo aver garantito una transizione morbida ad un governo tecnico, di Monti, idoneo a salvare il Paese dal disastro in cui lo stava conducendo Berlusconi,  non ha esitato ad effettuare un vero e proprio salto di qualità, prima con la richiesta di distruzione delle intercettazioni telefoniche indirette con Mancino sulla trattativa Stato-mafia, non tutelate dall’art. 90 Cost., proprio in quanto indirette vale a dire realizzate tenendo sotto controllo il telefono non di Napolitano ma del suo interlocutore –analogo è il caso del blocco, inaudito, da lui operato a carico del dibattitto parlamentare sugli F23: poi  con le forzature tese a rendere possibile l’accordo delle grandi intese nel 2013 ostacolando ogni forma di accordo tra pd e 5 Stelle, accordo comunque impervio; ed infine, con lo svolgere un ruolo attivo nelle riforme istituzionali senza curare di vigilare per evitare profili manifestamente autoritari, irragionevoli e così anticostituzionali, ed addirittura con l’effettuare palesi forzature nel senso di fornire un’impronta in contrasto con le linee fondamentali della democrazia parlamentare, nel momento in cui ha invitato a cambiare l’”Italicum” solo perché in grado di far vincere i 5Stelle. La sua pretesa di considerare i 5Stelle quale forza antisistema, nei cui confronti far scattare la “Conventio ad excludendum” a suo tempo applicata nei confronti del pci, è inammissibile ed anticostituzionale ed antidemocratica. In buona sostanza ha finito con il garantire equilibri  basati sulla violazione della Costituzione. Con Napolitano fallisce il tentativo di fornire equilibrio e garanzia al sistema: la colpa non è sua ma per deficienze del sistema. La colpa di Napolitano è stata quella di dare preminenza alla garanzia degli equilibri politici e del sistema rispetto alla garanzia della Costituzione. Occorre evidentemente rovesciare i termini della questione. Nel momento in cui i “Premier” falliscono tutti in quanto la crisi economica devastante rende impopolare qualsiasi Governo, il tentativo Napolitano, non a caso apprezzato  da tutte le principali istituzioni europee, è stato quello di fornire un supporto di garanzia istituzionale al sistema, in grado –almeno nelle intenzioni, non tradottesi in realtà- di sorreggerlo con stabilità e continuità. Ma ciò si traduce nello sterilizzare il voto popolare contrario: non a  caso Napolitano si è espresso pesantemente contro il voto favorevole a Brexit ed a Trump, mettendo in discussione la stessa legittimazione popolare ad effettuare scelte anti-sistema, anche quando le stesse non sono antidemocratiche. Con la sua sapienza, si è fermato abilmente prima di invocare la sospensione del suffragio universale che altri, meno prudenti (per tutti, Rondolino), hanno invece in modo eclatante fatto. Sistema contro Costituzione/democrazia è l’alternativa cui ci troviamo di fronte e non è con l’uscita di scena fallimentare di Napolitano che si esorcizza il problema. La scelta del secondo corno del dilemma, del tutto doverosa, richiede pertanto una lotta ed un’organizzazione da condurre con forza ed energia. Dietro Napolitano vi è un disegno ben lungi dall’essere veramente debellato.   

 

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