GIÙ LE MANI DALLE PRIMARIE di Guido Martinotti del 21 settembre 2010
09 ottobre 2010
Cari amici e compagni, per la prima volta in anni, all’elettorato milanese che si è stancato della conduzione di destra della città, particolarmente nella versione morattiana, viene offerta la straordinaria possibilità di scegliere liberamente un candidato alla carica di sindaco tra tre nomi eccellenti; prodotto di procedure e di proposta chiare e trasparenti: Stefano Boeri, Giuliano Pisapia e Valerio Onida. Se fosse possibile scegliere razionalmente tra questi candidati non solo in base alle simpatie personali, ma anche in base alla valutazione della sua capacità di vincere la competizione elettorale con la destra, non vi sarebbe alcun problema, ma è proprio la qualità dei tre candidati a rendere necessario il ricorso al più efficiente dei metodi irrazionali di scelta: il principio democratico del voto, consolidato da millenni di pratica.
Nel nostro sistema questo tipo di voto si chiama “primarie”: è un metodo importato dalla pratica americana e ha dato, in quel paese, complessivamente buona prova nel corso del tempo. In Italia è stato adottato dai partiti di sinistra che hanno così dato un contributo importante alle buone pratiche politiche (poche ahinoi!) del nostro paese, anche se poi si è fatta molta retorica e anche qualche cattiva applicazione. Questa volta, invece, l’elettorato milanese si trova di fronte a una reale competizione aperta e a vere primarie: è una reale novità che deve interessare non solo il popolo della sinistra, ma tutto l’elettorato milanese. Queste primarie assumono un’importanza strategica che va al di là del pure rilevante scopo di parte: se funzionano diventano uno strumento che può contribuire a ridurre l’inquietante crepaccio che si è aperto tra gli apparati dei partiti politici (nessuno escluso, nonostante la retorica delle “gente”) e la cittadinanza.
Ma che significa “funzionare”? Intanto un primo risultato è stato raggiunto, nelle ultime elezioni i partiti della sinistra hanno presentato, dopo logoranti negoziazioni interne, candidati dell’ultimo momento, spesso non molto entusiasmanti, a volte imbarazzanti, sempre perdenti. Il nuovo metodo garantirà dunque che si sceglierà un candidato vincente? Si spera, ma ovviamente non è certo: siamo alla famosa prova del pudding di cui sapremo la bontà solo dopo averlo mangiato. Credo che tutti (e non solo gli elettori di sinistra, ma tutti i cittadini interessati a ridurre il peso degli apparati politici, dovrebbero essere contenti di un risultato felice, ma forse è chiedere troppo. Non è chiedere troppo, però, esigere che gli apparati di partito locali, soprattutto dopo tante cattive prove, si astengano dal manipolare le primarie.
Beninteso ciò non vuol dire che il PD o altri partiti non debbano sostenere il candidato che ritengono migliore, ma sarebbe bene che si trattenessero dal targare troppo evidentemente un candidato alle primarie, sarebbe un grave errore di quelli che purtroppo le dirigenze di partito della sinistra negli ultimi anni hanno dimostrato di saper compiere a ripetizione, ma che oggi, in una situazione in cui si aprono delle reali possibilità di porre fine a un regime ideologico, da cattiva abitudine si trasformerebbe in peccato mortale. Purtroppo non si tratta di un timore astratto: il tentativo si è già mostrato nel più miserabile dei modi quando nelle esequie, c’è chi ha tentato di trasformare la morte tragica del povero Riccardo Sarfatti, in un lasciapassare per una linea politica che pochi giorni prima il Sarfatti vivo non era riuscito a imporre.
E’ il segno triste che la cosiddetta logica politica, nelle menti di qualcuno, ha raggiunto livelli inauditi di miserabilità intellettuale, umana e genuinamente politica, perché l’opportunismo paranoico di parte che domina nelle transazioni partitiche oggi è rifiutato da gran parte dell’elettorato che, non potendo incidere su queste perverse abitudini, rifiuta in blocco l’area della democrazia politica. Attenti quindi. Oggi, con questi tre ottimi candidati, la sinistra pr una volta può vincere, purché vinca la tentazione di dividersi come sempre, al ribasso.
Ci sono modi e modi per fare le primarie: si possono fare delle primarie esclusive per dividere l’elettorato di sinistra da parte di ogni tifoseria, concentrando l’azione sul demolire gli altri concorrenti. Sarebbe un disastro perché poi il perdente o i perdenti resterebbero a casa o voterebbero altrove. Ma si possono anche fare primarie inclusive incentrate sul fare emergere in positivo le doti di ciascun candidato; alla fine ogni candidato ne uscirebbe comunque con un’immagine rafforzata e il vincitore sarebbe comunque invogliato a recuperare gli altri nella squadra, una squadra che avrebbe intanto ricevuto un insieme di giudizi positivi. Si può fare, non è impossibile, purché tutti c impegniamo a non cadere nel gioco puerile dell’ammazzalamico e nello sparo nei garretti (propri) che ha dominato la politica del PD negli ultimi anni. Cerchiamo di crescere fuori da queste puerili regressioni e di aiutare i nostri amici politicos a non ricadere nell’usuale curva sud parlamento mediatico. Sono moderatamente ottimista perché la mobilitazione anticipata dell’elettorato che questa volta c’è stata ha evitato che gli apparati tirassero fuori il solito coniglio all’ultimo momento. Su può fare, si può davvero fare se gli apparati non manipoleranno le primarie e si impegneranno a seguirne il risultato. E’ una preghiera fatta da un singolo individuo, ma chi ha orecchie per sentire l’opinione dei tanti che la sordità degli apparati relega al mutismo, non ci mette molto a capire che si tratta di una seria intimazione condivisa da molti: giù le mani dalle primarie.