GIOVENTÙ BRUCIATA di Felice Cipriani del 9 gennaio 2021
09 gennaio 2021
La crisi economica, la pandemia hanno fatto vittime tra i due estremi generazionali: i vecchi che muoiono colpiti dal virus, non soltanto per le criticità dell’età e delle patologie, ma per una sanità precaria e colpita da pesanti tagli finanziari dai governi che si sono succeduti negli ultimi venti anni.
Questi vecchi non godono di una buona sanità territoriale, di prossimità e di un intervento emergenziale qualificato. Può accadere, che chiamando l’emergenza sanitaria attraverso il “118” ti giunga un’ambulanza con due infermieri, senza medico o carente di apparecchiature medicali.
Quando i vecchi sono ricoverati in case residenziali gli tocca spesso l’umiltà di un trattamento delinquenziale o poco rispettoso, oppure non vedono rispettata la loro salute; come abbiamo visto negli episodi riprovevoli in Case di Riposo di Milano. Le Case Residenziali o l’assistenza agli anziani avrebbero bisogno di una riforma di cambiamento profondo. In questa sede è un argomento troppo lungo da trattare.
Le altre vittime sono i giovani, con la scuola in remoto, privi della socialità della scuola, del pub, di risorse finanziarie e di lavoro.
A questi problemi se ne aggiungono altri ben più tristi e pericolosi: le manifestazioni delinquenziali di giovani sempre più giovani. Da alcuni anni le cronache dei giornali registrano atti e gesti vandalici contro edifici scolastici, centri sociali, contro anziani, immigrati e gente comune compiuti da minori.
Gesti inusualmente violenti e volgari. Non c’è fine settimana che bande giovanili non si scontrino con armi da taglio, mazze da baseball, catene nei centri storici delle città richiamati da messaggi social. Per non parlare delle curve negli stadi dove la violenza verbale e fisica ha raggiunto livelli intollerabili. Nel 1992 fui premiato in Campidoglio per il mio impegno contro la violenza negli stadi. Riuscii a far leggere un messaggio da Papa Giovanni paolo II contro la violenza negli stadi in occasione di un Lazio Roma. Scrivo questo per dire che ho seguito l’evoluzione dei comportamenti nelle curve che da rosse (curva sud) si è trasformata in nera mentre la Nord da agnostica è diventata nera. Peccato che aspiranti sociologici come Veltroni non abbiamo avvertito queste trasformazioni e si siano completamente disinteressati del problema. Non è importante che giovani diventino fascisti e violenti attraverso il calcio?
Questo allarme sociale non viene avvertito dalla classe politica, dal governo e dalle amministrazioni locali, troppo prese a manovre di palazzo o di palazzina e poche attente a quello che avviene nel Paese e nella propria città.
Io sono cresciuto da ragazzino e poi ragazzo nell’oratorio, ai giardinetti e poi divenuto adulto nella sezione di partito. Non è che non avessi altri interessi o mi appagassi solo con questo, ma queste realtà erano un punto di riferimento. Oggi i ragazzi, i giovani cosa hanno, come e dove si ritrovano? Quale opportunità di realizzarsi gli vengono offerte? Lo spaccio della droga che ti arricchisce presto è un’opportunità soprattutto nei quartieri più diseredati e privi di tutto.
La crisi economia, ma non solo quella ha assestato un duro colpo alla famiglia, alla sua serenità anche per un Welfare distrutto con la politica dei tagli sul sociale.
I partiti della sinistra, che sono il riferimento che m’interessa, hanno dimenticato i giovani. Tutti i leader più importanti e che hanno fatto la storia provenivano dalle federazioni giovanili del PCI, del PSI. I giovani erano il futuro, i Movimenti giovanili erano una palestra di apprendimenti e preparazione per il futuro del Partito. Oggi la classe dirigente non proviene dai Movimenti giovanili ma dal marciapiede, marciapiede che ci ha dato il Renzi e tanti altri poco capaci.
Torniamo ai giovani; oggi ha iniziato a farsi avanti un dibattito, un confronto sulla parità di genere e in modo caotico al rilancio del mezzogiorno, tutto tace sui giovani. Nessuno alza la mano per dire: ma i giovani? Cosa facciamo per loro? Insomma se i giovani abbandonano la scuola, se emigrano all’estero, se sono preda di mercanti di droga, se girano a vuoto per centri storici e periferici non frega niente a nessuno? Questo Paese è cresciuto con la garanzia dei diritti per chi già ce l’ha, per responsabilità anche di un sindacato che non va al di là dei propri iscritti. Nessuno si pone il problema dell’altro, che non fosse la Chiesa cattolica, nessuno è capace di richiedere un intervento solidale da parte dei garantiti, di chi gode lauti o sufficienti stipendi e pensioni a favore dei giovani, favorendo nuove opportunità di lavoro.
Vediamo la foto della condizione giovanile. In Italia un giovane impara mediamente meno scienza e matematica delle sue omologhe europee (ricerca Università di Pisa) e quindi ha meno opportunità d’impego rispetto ali altri coetanei europei. Quando si diplomano tre ragazzi su dieci non lavorano e non studiano (OSCE), tre cercano incessantemente lavoro senza trovarlo e quelle che lo trovano avranno semmai un contratto precario (dati Istat). Il mondo del lavoro è stato pregiudicato dalle varie riforme che si sono succedete negli ultimi anni. Dobbiamo risalire al 24 giugno del 1997 quando fu approvata la legge n°196 altrimenti nota come “Pacchetto Treu” con la quale il governo Prodi d’ispirazione, riformista ed europeista promette di “svecchiare” il mercato del lavoro italiano aprendo alla flessibilità e abbattendo le rigidità.
É proprio la sinistra istituzionale (governi Dini, Prodi, D’Alema) a farsi carico di fare breccia in quell’articolato sistema di tutele noto come diritto del lavoro ispirandosi tout court o al principio della libera contrattazione tra le parti.
Lo fa ammantandosi di un’ideologia liberista che viene direttamente dal cuore dell’Europa. Con il Consiglio straordinario di Lussemburgo del 1997 l’UE imposta la famigerata Strategia Europea per l’Occupazione (SEO) con l’obiettivo dichiarato della lotta alla disoccupazione e dell’aumento della produttività e della qualità del lavoro. Si comincia dunque a parlare di eccessiva rigidità del mercato del lavoro che nel garantire troppo i diritti di chi lavora (gli insider) ovvero maggiore facilità di licenziamento.
Il Pacchetto Treu s’inserisce in questo quadro politico-culturale di liberalizzazione introducendo nel nostro ordinamento del lavoro interinale (oggi somministrazione). Si metterà mano al contratto di apprendistato in modo peggiorativo, si lavora sulla regolamentazione del contratto a tempo determinato ampliandone le possibilità di proroga e il lavoro part-time viene incentivato con apposita decontribuzione. Nel frattempo si diffonde un uso massiccio delle CO.CO.CO., collaborazioni coordinate e continuative anche in virtù della riforma delle pensioni Dini che oltre ad introdurre il sistema contributivo istituisce una nuova cassa previdenziale all’interno dell’INPS, la “Gestione Separata”.
A questi provvedimenti sul lavoro ne seguiranno altri sino ad arrivare al Jobs Act, il provvedimento fortemente voluto dal “rottamatore” Renzi necessario a consolidarne l’immagine di un leader capace di grandi riforme strutturali.
Il 10 dicembre 2014 il Parlamento approva la legge delega n°183 cui seguiranno lungo tutto il corso del 2015 ben 8 decreti delegati che affrontano varie problematiche come: ammortizzatori sociali contratto a tutele crescenti e nuova disciplina dei licenziamenti illegittimi, nuova disciplina dei contratti di lavoro e nuova normativa delle mansioni, riforma delle attività ispettive, collocamento mirato per i disabili, comunicazioni telematiche e banche dati sul lavoro. Una nuova figura contrattuale subordinata tipica del nostro ordinamento è il lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti dove la tutela in caso di licenziamento illegittimo non è più la reintegra, con buona pace dell’articolo 18 ma un indennizzo che cresce all’aumentare della durata del rapporto di lavoro. Il contratto a tempo determinato (regolamentato subito prima del Jobs Act dal cosiddetto Decreto Poletti convertito con legge n°78 del 2014) può essere stipulato senza obbligo di specificare le motivazioni, cosiddetta “acausalità” per la durata massima di 36 mesi più altri 12.
Con il Jobs Act del lavoro autonomo (legge n°81 del 2017) si introduce lo smart working, lavoro flessibile basato sull’utilizzo delle nuove tecnologie che consentono l’esecuzione della prestazione lavorativa in luoghi e tempi diversi dal normale lavoro subordinato.
Le indicazioni europee mettono al centro l’occupabilità e non l’occupazione, colpevolizzando per la sua condizione di non lavoro il percettore che deve mettersi a disposizione di progetti di riqualificazione, interventi previsti dai fondi bilaterali, dall’assegno di ricollocazione ecc… Decine di miliardi di euro hanno sostenuto e sostengono a fondo perduto queste politiche di incentivo. Non ci vuole molto però a capire che si tratta di una spesa infruttuosa, di un regalo a pioggia ad imprenditori che non investono in forza lavoro. Nonostante tanti miliardi erogati, molti senza controllo, a imprenditori e aziende non si è riusciti in tanti anni a creare quell’integrazione tra industria manifatturiera e scuola. Sul mercato del lavoro manca tanta manodopera specializzata in campo meccanico, elettronico, infermieristico, assistenziale. I corsi di formazione regionale riguardano soprattutto estetisti, parrucchieri, informatici.
Andiamo ai giorni nostri; Il Movimento Cinque Stelle, che si caratterizza come un forza con una grande impronta ideologica e integralista ha basato tutta la sua politica su lavoro e sostegno alla povertà attraverso il “reddito di cittadinanza” e i “Navigator”. Il primo ha nelle intenzioni un fine nobile, ma solo che è risultato di non facile gestione, tanto che ne hanno usufruito ricchi possidenti ed evasori, mafiosi e delinquenti comuni. Ma il provvedimento è iniquo se si considera che ci sono pensionati che hanno lavorato una vita nel privato che percepiscono 500 euro di pensione. I Navigator sono solo uno spreco di risorse finanziarie. Questi interventi potrebbero risultare come la vecchia “Cassa del Mezzogiorno” che ha riversato in grandi aziende e società miliardi di lire che hanno si creato occupazione e lavoro per un ventennio ma ha spento la creatività e la formazione di una classe imprenditoriale meridionale. Insomma fu un intervento assistenziale, di cui ancora ne paghiamo le conseguenze con tante cattedrali nel deserto e una gioventù spenta nella scommessa del “fare”.
Vediamo cosa fanno altri Paesi in tema di avvio al lavoro o delle politiche giovanili.
In Australia lo Stato concede 500 euro al mese per chi assume apprendisti solo i 29 anni per un totale, assieme a altre politiche giovanili e di inserimento lavorativo di 6 miliardi di euro. In Australia, il 10% dei giovani non studia o non ha un lavoro. In Canada lo Stato ha messo a disposizione uno stipendio di emergenza di 800 euro al mese per quattro mesi per gli studenti che non trovano lavoro, e ora ha avviato un percorso lavorativo comprensivo di altri sgravi per giovani.
Il tutto per una spesa complessiva di 6 miliardi di euro. Non solo ma il governo ha deciso di abbassare i costi universitari sempre pensando al futuro del Paese In Canada l’11% dei giovani non studia e non ha un lavoro. La Francia attraverso il rilancio ha stanziato 7 miliardi di euro in misure di contrasto alla disoccupazione giovanile. In Francia il 15% dei giovani non studia e non ha un lavoro. In Italia a oggi, il gran totale speso in politiche giovanili dall’inizio della pandemia è zero a cui si aggiungono pochi milioni di euro con la legge di bilancio 2021. In Italia il 24 per cento dei giovani non studia e non ha un lavoro, il doppio della media degli altri Paesi. (Claudio Cerasa Il Foglio). La questione giovanile italiana è aggravata dalla perdita di migliaia di posti di lavoro nel campo del turismo, della ristorazione, del tempo libero e dello sport. Non si capisce perché chi scrive leggi in bilancio non comprenda non solo l’urgenza macro economica, ma anche la crisi generazionale e umana che questi dati sottendono: un inanellarsi di delusioni e insicurezze e sogni mancati. Io lo so perché non comprendono, perché chi li scrive sono burocrati dirigenti al servizio dei politici e sono avulsi dalla società e dal Paese reale.
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