Gefangenennummer: 42872 Diario di prigionia di Giuseppe Biscardini.
19 novembre 2015
Nel 70° anniversario del ritorno dei militari dalla prigionia
“Mi auguro che la sua lettura, insieme alle tante altre che sono state pubblicate sull’argomento, possa dar modo agli anziani di rivivere le vicende vissute nel tristi anni della guerra, dentro e fuori dai campi di concentramento, e ai giovani di meditare, perché sia sempre viva in loro la naturale repulsione per la violenza e per le guerre e sappiano anche lottare, se occorre, per un mondo di pace e di giustizia.” Questo si auspicava Giuseppe Biscardini nel 1986, introducendo la prima edizione del suo diario. A settant’anni dalla Liberazione e dal suo ritorno a casa, questa nuova edizione vuole anche rendere omaggio alla storia degli Internati Militari Italiani, ai quali, solo negli ultimi anni, è stato riconosciuto il valore politico oltreché militare che essi meritano. Come ricordano Roberto Biscardini nella prefazione e Marco Cuzzi nell’introduzione al volume, “i militari italiani che rifiuteranno ogni collaborazione con le autorità neofasciste saranno tra i 400 e i 475 mila. Un ‘no’ coraggioso, che la più recente storiografia ha inserito in pieno nell’epopea resistenziale. La resistenza ‘bianca’, non violenta, ma altrettanto audace di quella condotta da chi sta combattendo in montagna o nel ricostituito Regio esercito che risale la Penisola al fianco degli Alleati. Forse per certi aspetti, persino più temeraria: perché se il combattente, per ventura o per capacità, può evitare di essere intercettato dal nemico, l’IMI che rifiuta di collaborare è destinato alla sorte sicura dell’inferno dello Stammlager, che i carcerieri, a mo’ di punizione, gli aggraveranno ulteriormente”..
Emerge con forza in tutto il Diario la volontà di resistere alle atroci condizioni imposte dalla vita nel lager, una resistenza che – pur con caratteristiche diverse rispetto alla più nota “Resistenza”, ma certo non meno valorosa – si nutre, come ricorda lo stesso Biscardini, del desiderio di farcela “in barba al Führer”, una testarda volontà di non cedere, questa, che il suo celebre compagno di prigionia, Giovannino Guareschi, rinchiuso nel suo campo di prigionia, seppe descrivere con la sua abituale sagacia: “Non muoio neanche se mi ammazzano”.
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Giuseppe Biscardini, nato a Legnano nel 1910, è stato Tenente di complemento degli Alpini durante la seconda guerra mondiale. Dopo la deportazione in Germania nei Lager di Tarnopol, Siedlce, Sandbostel e Wietzendorf, viene liberato dalla 3a Armata Britannica il 3 aprile 1945. Fonda con altri compagni di prigionia l’Associazione Reduci della Prigionia, di cui viene eletto Presidente, e si adopera per l’assistenza e il collocamento al lavoro dei reduci. Dopo la fusione della “Reduci” con la “Combattenti” viene eletto Presidente della sezione di Legnano e Consigliere della Federazione Provinciale di Milano dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci, iscritto alla Sezione degli Alpini di Legnano. È insignito di due Croci al merito di Guerra, del Distintivo d’onore “Volontari della libertà” e dell’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Muore a Legnano nel 1987.
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