FORMIGONI E I GRATTACIELI, da Avanti della domenica del 7 febbraio 2010
28 febbraio 2010
La Lombardia verso le elezioni in un clima di totale impotenza di fronte a ciò che sembra scontato. La rielezione per la quarta volta consecutiva di Roberto Formigoni. Di fronte ad un dato così eclatante, da qualcuno dipinto come stato pseudofascista, sembrano passare in secondo ordine i problemi veri. Primo fra tutti il sistema di potere messo in campo da Formigoni come braccio operativo della strategia ideologica ed economica di Comunione e Liberazione e Compagnia delle Opere. Questione di fondo, non ancora diventata argomento elettorale. Il muro non è facilmente sfondabile. Quella che ormai è definita come “una forma di potere organizzata e impermeabile” è ben protetta, anche all’esterno, da tutti coloro, poteri forti o poteri piccoli, ricattati e ricattabili. Intanto in Regione la burocrazia è stata distrutta e sostituita da un sistema personalizzato fondato sulle consulenze. A metà degli anni 2000, a fronte di poco più di 3.700 dipendenti (indice tra i più virtuosi d’Italia), si contavano più di 40.000 incarichi di consulenza, per un costo complessivo di 185 milioni di euro. La macchina regionale, verticalizzata nel sistema di potere formigoniano, funziona molto peggio di quello che si vuol far credere. Le aziende regionali si sono moltiplicate e sono anch’esse il nodo strategico dell’occupazione manu militari di un’idea autoritaria del potere. La sanità funziona bene nelle punte di eccellenza, come sempre è stato in Lombardia dai primi del ‘900; per il resto è un carrozzone ciellino che mangia soldi privatisticamente in nome dell’efficienza. Le code di attesa non si sono ridotte. I trasporti pubblici, negli ultimi quindici anni, sono notevolmente peggiorati. Lo stato di funzionamento della rete e i servizi rischiano il collasso. L’aria è sporca nonostante le dichiarazioni. Sul versante economico, Formigoni ha girato il mondo, per favorire l’impresa lombarda. Ma la sintesi è eloquente: la regione ha aperto sedi di rappresentanza un po’ ovunque, ma la grande impresa non c’è più, la piccola impresa è in crisi, le partite IVA chiudono, le libere professioni sono in difficoltà e la Lombardia è la capitale del precariato. Sul piano territoriale, non solo in quindici anni non si è costruita, ma si è distrutta l’idea politica della grande regione, quella definita nel passato come sintesi positiva tra equilibrio economico e salvaguardia territoriale. Di quelle elaborazioni non è rimasto più niente. Il territorio è stato compromesso da insediamenti diffusi, residenze sparse e orribili complessi commerciali, grattacieli scomposti, edifici terziari poco avanzati, insediamenti alla rinfusa, senza rapporto con una rete infrastrutturale sempre più insufficiente. Le strade che Formigoni aveva promesso non ci sono. Sul sociale, lo slogan ciellino “più società, meno stato” si è tradotto nella politica dei voucer e dei bonus, per la formazione, per il lavoro, per le famiglie più o meno numerose, per gli asili nido, per la scuola privata, per gli anziani, per i disabili, compresa la rottamazione delle auto... . Un sistema che va al cuore e nelle tasche dei cittadini, senza stato. E adesso, questo strano sistema di governo ha oggi anche un suo nuovo simbolo: un nuovo grattacielo, discutibile nella forma, ubicato nel posto sbagliato. Viva il Pirellone della Prima Repubblica.
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