FORMICA CONTRO TREMONTI SUL RIFORMISMO VITTORIOSO A POMIGLIANO, di Rino Formica, da Il Foglio del 17 giugno 2010
07 luglio 2010
Pubblichiamo qui di seguito la lettera dell'on. Rino Formica ed indirizzata al quotidiano il Foglio.
Al direttore
Dopo due secoli di lotte politiche, sociali e civili, sempre intrecciate tra loro e alcune volte anche confliggenti al loro interno, parte non trascurabile della sinistra sociale scopre che va sciolto il patto tra diritti civili e diritti sociali. È questo un vero fatto storico. Somigliano non è la vittoria dei riformisti sui massimalisti perché furono proprio i riformisti in polemica con i rivoluzionari a teorizzare il principio di inscindibilità tra conquiste di libertà e avanzamento sociale. Diciamolo con brutalità: è la vittoria dell’economia sulla politica, dopo un lungo periodo di servaggio delle ragioni dell’economia al dominio sovrano della politica. Ricordate i tempi del “salario variabile indipendente” e dei danni che produsse quell’avventurismo sindacal-operaista? Ma dovete anche ricordare che il formalismo politico di Craxi, il riformismo sindacale di Lama e la travolgente passione democratica di Amendola, bloccarono le inevitabili degenerazioni verso le quali marciava un movimento neosereliano e neodannunziano. Eravamo negli anni ’80 e in questi trent’anni non vi sono state spinte agitatorie e rivoluzionarie. Anzi, vi è stato un dilagare di “ragionevolezza”, di facile adattamento alla sovranità del mercato.
Ma allora, perché proprio con questo clima di diffuso perbenismo si sente il bisogno di rompere il legame tra interessi sociali e diritti civili? A questo punto potrei fermarmi per attendere la risposta di chi ha diretto il paese in questi vent’anni, ma sento il capriccio di una impertinenza. Pensiamo che una delle cause (non la sol) sia quella di aver demolito il principio di garanzia. Su questo punto va attirata l’attenzione di una sinistra sbigottita. Indebolire il sistema immunitario democratico con il giustizialismo e rinunciare al garantismo è un piano inclinato: si sa quando comincia e non si sa dove si finisce. Tra manette a gogò in violazione di ogni principio costituzionale di rispetto della legalità democratica e la sospensione del diritto di sciopero per il sabato sera, non c’è differenza. Se nel Palazzo i giustizialisti sono a corte, perché il salariato deve montare la guardia al sacrario della rivoluzione costituzionale?