FINALE DI PARTITA

31 agosto 2004

FINALE DI PARTITA

Riprendiamo, ed integralmente pubblichiamo un interessante contributo dato da Francois Xavier su “La Gazzetta Politica” concernente il dibattito politico in corso in questo fine anno. “FINALE DI PARTITA” L’anno 2003 si avvia alla sua conclusione confermando i problemi che ne avevano segnato l’avvio. Problemi che possono riassumersi nella precarietà del sistema politico, costretto in una polarizzazione artificiosa ed improduttiva; nella instabilità delle alleanze, che dovevano rappresentare il punto di equilibrio nello schieramento di governo ed in quello di opposizione; nella ingovernabilità delle maggioranze e delle minoranze parlamentari, e soprattutto delle azioni di governo e delle contro azioni dell’opposizione. La Gazzetta Politica, analizzando le condizioni della politica italiana, aveva segnalato l’inevitabile trasformazione della coalizione di centro-destra in una maggioranza rissosa e tradizionale; e la improponibilità del centro-sinistra come autorevole alternativa di governo, per i suoi legami irrisolti con l’animo integralista e giustizialista del suo elettorato. Quanto sta accadendo in queste ultime settimane del 2003, sta confermando queste considerazioni. Ma ciò che induce ad un moderato, ma consapevole, pessimismo, è la sorprendente capacità di chi governa i due schieramenti ad utilizzare gli errori dell’avversario per amplificare e rafforzare i propri, creando le condizioni per una spirale perversa che sta finendo per indebolire non soltanto l’efficienza ma lo stesso tessuto portante della democrazia. Due esempi fra i tanti: la gestione politica della legge Gasparri; la gestione politica della lista unitaria dei cosiddetti “riformisti”. Nel primo caso non si riesce a comprendere la vocazione al martirio che ha portato la maggioranza parlamentare ed il governo, con percorsi separati e convergenti, a mettersi in condizione di non potere più governare una riforma, che aveva tutte le caratteristiche per essere un punto di forza, e non un ennesimo attestato di debolezza. Infatti, il centro-sinistra non era riuscito a tirare fuori nessuna idea-forza capace di dare l’impronta ad un assestamento del sistema dell’informazione che rispondesse alle esigenze di una democrazia matura e pluralistica come quella italiana. Tutto si era manifestato attraverso girotondi, proteste, dichiarazioni di principio. Sarebbe bastato buon senso e realismo, doti che dovrebbero appartenere naturalmente ai cosiddetti “moderati”, per portare a compimento un percorso che avrebbe rafforzato l’immagine di governabilità dell’attuale esecutivo. Lo stesso Presidente Ciampi, aveva con pacatezza e ragionevoli argomenti espresso il suo pensiero nel famoso messaggio alle Camere, che è stato ignorato; non si comprende se per arroganza o stupidità.. Chi sostiene che questo passaggio è uno snodo nella legislatura, afferma una cosa che fa già parte del passato: il passaggio da una fase all’altra è avvenuto, e nulla sarà più come prima. Il secondo caso evidenzia l’alto grado di improvvisazione che accompagna le esercitazioni strategiche del gruppo dirigente del centro-sinistra. Fin dal primo momento era necessario mettere in chiaro che la proposta di Prodi si rivolgeva a tutto l’Ulivo, ed aveva le caratteristiche di impossibilità e leggerezza che hanno accompagnato molte volte le iniziative del leader bolognese. Avere tentato di ricondurre questa indicazione di buona volontà in una dimensione politica, teorizzando la lista dei “riformisti” come primo passo verso l’aggregazione della “sinistra di governo”, capace di mostrarsi come forza di riferimento ed orientamento nella politica italiana, è stato merito dei socialisti dello Sdi, dei riformisti della Margherita e di una parte del gruppo dirigente dei Ds. Nessuno però di loro ha tenuto conto degli umori prevalenti nella pancia del centro-sinistra, che si sono manifestati intorno alla questione della presenza o meno di Antonio Di Pietro, ed hanno praticamente destabilizzato le scelte compiute in precedenza e minacciato di delegittimare il gruppo dirigente. In realtà la questione non è nominalistica come afferma ancora oggi (e speriamo che continuerà ad affermare) Enrico Borselli. L’ingresso di Di Pietro, con il suo seguito di resistenti infaticabili, girotondini, contestatori sociali, antagonisti sindacali, e quant’altro anche per il modo in cui potrà avvenire, segnerà uno spostamento netto di asse politico nella formazione della lista dei “riformisti”. Non di sinistra di governo si dovrà parlare, ma di una sinistra alternativa che trova le sue ragioni e le sue radici non certo nel riformismo e neanche nei “riformatori”. Cosa ci farebbero in questa lista i “riformisti” socialisti, i “riformisti” cattolici e gli stessi “riformisti” di matrice Ds, è una questione del tutto aperta e francamente inspiegabile. Il 2004 inizierà con questi e tanti altri problemi aperti. L’augurio che rivolgiamo ai nostri lettori, è di avere altre ragioni per trovare quella serenità e felicità che auspichiamo per tutti. Francois Xavier

Vai all'Archivio