«FALSO IL DOLORE DEL COLONNELLO. TRIPOLI HA SOFFIATO SUL FUOCO» - Intervista di Gianna Frego ad Emma Bonino, da il Corriere della Sera del 19 febbraio 2006

21 febbraio 2006

«FALSO IL DOLORE DEL COLONNELLO. TRIPOLI HA SOFFIATO SUL FUOCO» - Intervista di Gianna Frego ad Emma Bonino, da il Corriere della Sera del 19 febbraio 2006

«Il ministro Calderoli se ne doveva andare da quel dì, e non perché è volgare bensì per precise responsabilità politiche». Ma il problema dei rapporti con la Libia ha altre origini e un tarlo dì fondo: «Attratti dal gas e dal petrolio libico, ci siamo comportati come affaristi, chiudendo gli occhi di fronte alle libertà e ai diritti negati». Dopo la sanguinosa rivolta di Bengasi Emma Bonino, che nel mondo islamico è stata a lungo, ammonisce: «E' importante capire bene che cosa succede in Libia, perché se sbagliamo analisi continueremo a sbagliare politica».
Cioè quella attuale delle porte aperte al vicino di casa Gheddafi è sbagliata?

«Parto da alcuni dati di fatto. A Bengasi, come è successo per altro in Iran e in Siria, non si muove foglia che il regime non voglia. Quindi il rammarico di Gheddafi per i sanguinosi episodi suona un pochino in malafede, per non par­lare della sospensione del ministro degli Interni. Come dice Magdi Allam, il presidente del Parlamento di Tripoli ha soffiato sul fuoco da subito, e la Libia non dimentichiamo è stata il primo Paese a chiudere l'ambasciata in Danimarca... Insomma tanti segni premonitori di voler cavalcare la situazione post vignette».
Gheddafi non è certo tollerante con gli integralisti ...
«Anzi, è Sempre stato ostile ai Fratelli musulmani ma per ragioni interne. Ma l'Islam l'ha usato spesso e per motivazioni tutte politiche o nazionaliste».
Gheddafi manda un segnale: può "manovrare" le masse islamiche estremiste

«Se un regime vuole una manifestazione pacifica, sa come fare. Siamo noi occidentali che attratti dal gas e dal petrolio libico ci siamo comportati da affaristi con Gheddafi».
Cioè?

«E' bastato che Gheddafi riconoscesse di essere il mandante della strage di Lòckerbie e dell'attentato dell'aereo sul Ciad e decidesse di pagare le vittime perché le democrazie occidentali si mettessero in fila per bussare alla porta di Tripoli, dagli Usa a Blair, da Chirach a Berlusconi, pronti ad ammansire un dittatore. Siamo arrivati all’assurdo di accettare il rito tribale di Gheddafi, il cosiddetto “riscatto del sangue”, ovvero i soldi che l’assassino paga alla famiglia della vittima per essere prosciolto. Fino ad accettare che la Libia presiedesse la commissione Onu per i diritti umani. Ora Gheddafi ci dice “se ne va o basta gas libico”.
Un ricatto?
«Un segnale, che può avere contenuti anche più vasti. Del resto mai una volta che abbiamo chiesto più libertà, più rispetto per i diritti civili e umani per i libici, che abbiamo sollevato interrogativi sulle tante crudeli “stranezze” del regime».
Calderoli se ne va, ma l’incidente non sembra chiuso
«Se ne doveva andare da quel dì, inseieme ad altri suoi colleghi razzisti, anche perché il florilegio di invettive era diventato davvero troppo lungo e insopportabile – dalle pantegane islamiche di Borghezio, alla giornalista palestinese “abbronzata di Calderoli, allo sbarco di fronte alle moschee, alla costrazione biologica – doveva farlo non perché è incivile ma per precise responsabilità politiche».
Cioè non è un problema di leggerezza di Calderoni?
«No, tutta la Lega lo sostiene e Calderoni dice di aver fatto tutto questo per difedenre i valori occidentali, quelli che ogni giorno la Lega denigra e calpesta con linguaggio violento e dozzinale. La questione chi investe chi ha imbarcato la Lega al governo e continua a mantenerla (in tutti i sensi) … Mi auguro che gli elettori il 9 aprile girino pagina».
Ma con Prodi la poli estera verso la Libia non vrebbe cambiare molto.

«Mi auguro invece di sì. La Rosa nel Pugno propone d forzare la Community of democracies, di creare un consiglio dei diritti umani credibile e non infiltrato da dittatori, di aumentare i rapporti con i paesi a prevalenza musulmana n che tentano un'altra strada e di avviare una politica di integrazione per gli individui e i loro diritti e doveri».

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