EMILIA-ROMAGNA: COSA È SUCCESSO E COSA PUÒ SUCCEDERE IN ITALIA di Alberto Benzoni del 29 gennaio 2020
29 gennaio 2020
Se guardate ai commenti dei
giornali, alle esibizioni televisive dei soliti noti, o alle analisi sempre più
raffinate dei flussi elettorali, è successo poco o niente. La percentuale di
votanti esattamente come l’anno scorso. Lo spostamento dei voti tra i due
blocchi, minimo. Determinante per il risultato l’eccessivo protagonismo
personale di Salvini; e le reazioni che questo suo atteggiamento hanno
suscitato nell’altro fronte, a partire dal movimento delle sardine.
Di nuovo, soltanto, il ritorno al bipolarismo; inteso, più o meno
esplicitamente, come bipartitismo.
E invece è successo molto; e può succedere molto.
Primo, sono comparse le sardine. Burattini, si è scritto, del Capitale o, versione
casareccia, cucinate nella foresteria di Prodi. Magari, verrebbe da dire:
perché ciò significherebbe che gli gnomi di Wall street sono omniscienti e
lungimiranti (mentre, invece, sono, molto spesso, ciechi e sordi) e che Prodi è
in grado di promuovere movimenti di massa (anziché se stesso). Sta di fatto,
comunque, che da lì è partita la scossa: la partita non è persa ma si può
vincere, le parole di Salvini non sono eccessi di un sano populismo ma un
discorso costruito a freddo basato sulla costruzione del Nemico, sulla
volgarizzazione/falsificazione dei problemi, sull’intolleranza, formalmente in
nome del popolo, in realtà sull’esaltazione dell’Io (lungo un asse che parte da
Trump per arrivare a Modi, aggiungo io). E quindi, contrastarlo in radice è un
dovere civico.
Secondo il popolo di sinistra si è risvegliato e con esso lo stesso Bonaccini.
Prima espressione burocratica di un sistema insieme scontato e consunto. Oggi
difensore commosso di un modello economico e sociale tanto più prezioso perché
sotto attacco.
Terzo, se si combatte, si può anche vincere. Oggi a Bologna, domani…
Questo è successo. E molto può succedere; ma non succederà se l’orizzonte
politico-partitico rimarrà quello che è.
Così oggi opinionisti e politici gioiscono per il ritorno del bipolarismo e
invocano il maggioritario. Salvini da una parte, Zingaretti dall’altra; e gli
altri intorno al tavolo per arraffare qualche candidatura in più. Per la
sinistra sarebbe una catastrofe. Perché sparirebbe come area politica con una
visione del mondo che la circonda distinta e opposta a quella della destra; e
resterebbe una alleanza tattica tra forze tra loro diverse e opposte. E perché
il proporzionale è l’unico modello elettorale che consenta di marciare divisi
ma di colpire uniti; mentre non si riesce a immaginare con il Rimattarellum un
elettore di Leu disposto a votare per un candidato calendiano o un renziano
disposto ad appoggiare un grillino.
Così oggi opinionisti e politici continuano a riempire le loro pagine con le
liti interne al M5S o con gli altolà del renziano di turno, dedicando scarsa e
svogliata attenzione a ciò che sta facendo o dovrebbe fare il governo. Mentre
le elezioni si vinceranno o si perderanno proprio sul governo; sulle cose che
saprà realizzare e sul disegno complessivo in cui saprà inquadrarle.
Così, infine, tutti continuano a ragionare del successo in Emilia-Romagna in
termini di pericolo scampato o di tempo guadagnato; mai o quasi come inizio di
un possibile percorso vincente. Perché, nel fondo, rimangono convinti che il
successo del centro-destra (magari prestando alla Bestia un po’ di quel cerone
di cui la ad Arcore si dispone in abbondanza) rimane lo scenario di gran lunga
più probabile.
Ma non è colpa loro. Perché gli opinionisti e anche i politici ragionano in base
a quello che vedono in superficie (sondaggi, indiscrezioni, telefonini
incollati alle orecchie ). E in questo universo giudicano, correttamente, la
sinistra scomparsa: peggio ridotta a chiesuole bigotte e isteriche che, a furia
di guardarsi allo specchio, faranno tutte la fine di Dorian Gray.
Ma, forse, se solo imparassimo a guardare oltre la superficie la sinistra c’è
eccome. E non è più soltanto (come dimostra l’esperienza delle sardine)
volontariato sociale, impegno ambientalista o semplicemente civico. Ma la
possibilità di vedere sintetizzate queste diverse esperienze in una visione
comune della società in cui viviamo: e in strutture collettive che la difendano
e la affermino all’interno della polis.
E mi fermo qui. Perché non spetta a nessuno, in particolare, dettare linee o
costruire scenari. Mentre dobbiamo essere coscienti, tutti, che una sinistra
degna di questo nome nascerà in questo modo e in nessun altro. E che, se non
nascerà, saremo tutti complici della nostra disfatta.
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