ELEZIONI MILANESI: DA DOMANI SI REPLICA? di Walter Marossi del 7 giugno 2011
11 giugno 2011
Il giorno dopo i numeri elettorali sono banali. Fatto inusuale, al secondo turno hanno votato quasi gli stessi elettori che al primo (671.420 contro 673.520, ma con un dimezzamento di schede nulle che al primo turno erano ben 15.838, cioè a dire il 2,4%). Ricordo che alle provinciali in città votarono 160.000 elettori in meno: questo significa non solo che probabilmente una parte significativa degli elettori centristi di Fli e i grillini è ritornata ai seggi, ma che sono tornati a votare anche astensionisti incalliti. Pisapia guadagna 50.000 voti, la Moratti 24.000, i milanesi si sono appassionati alla disfida, tuttavia un elettore su tre non vota. La Moratti aveva avuto 33.000 voti più di Ferrante, Pisapia ne ha 68.000 più della Moratti, cioè ha spostato il doppio di quello che gli serviva per vincere. Considerando che l’estrema destra aveva circa 4.000 voti mentre 62.000 erano andati al trio Palmieri Calse Paglierini si conferma quello che era avvenuto al primo turno: una parte di elettori del Pdl ha per la prima volta cambiato fronte, ma in più si evidenzia che l’elettorato centrista al secondo turno ha scelto maggioritariamente Pisapia, come l’elettorato grillino. Se i centristi si fossero schierati con la Moratti la partita sarebbe stata più bilanciata. La sconfitta del centrodestra è quindi strutturale, nel senso che perde elettori a favore del centrosinistra e quelli persi a favore del centro non ritornano neanche al ballottaggio, mentre il centrosinistra non subisce danni dall’emorragia astensionista o antagonista o qualunquista che dir si voglia. Ma è un dato contendibile, nel senso che senza i centristi saremmo sempre a stabilire il vincitore sulla base di poche migliaia di voti. Le conseguenze sono ovvie: 1) sulla base di questo trend, se putacaso domani Formigoni si dimettesse per concorrere al dopo Berlusconi, anche la regione, visto che lo stesso fenomeno si è realizzato anche in altre città non milanesi, sarebbe contendibile. Senza facili illusioni, però, perché: in partenza il gap in regione tra centrodestra e centrosinistra è ben superiore a quello milanese – parlasi di centinaia di migliaia di voti, la legge elettorale è a turno unico e Milano città rappresenta solo il 12% degli votanti (2010). 2) il centrosinistra ha tutto l’interesse al consolidamento dell’opposizione finian-casiniana che, mentre non condiziona il sinistracentro vincente, a tutti gli effetti penalizza fortemente il centrodestra. 3) il centrosinistra a Milano ha vinto le elezioni, quando le ha vinte, solo quando è stato alleato alla sinistra radicale e la sinistra radicale esce dall’insignificanza solo quando è alleata ai riformisti. Del resto i matrimoni d’amore nella storia del Comune sono un’eccezione, non la regola: matrimoni combinati furono anche quelli per Mussi, Caldara, Filippetti, Greppi, Aniasi, Tognoli e Pillitteri. 4) il centrosinistra vince quasi solo quando c’è il doppio turno e la vocazione maggioritaria del PD (l’andiam da soli che siamo egemoni) è morta e sepolta, quindi la riforma elettorale è una priorità. Ovviamente è un ragionamento non dimostrabile, ma dubito che sia più utile il simpatico giochino dell’analisi dei flussi, che altro non è che l’ennesimo sondaggio. Come quelli che hanno generato le non poche amenità della campagna elettorale: Nicola Piepoli, decano dei sondaggisti italiani, non ha dubbi. Secondo quanto può riportare Affaritaliani.it, i numeri a sua disposizione dicono chiaramente che Letizia Moratti vincerà. Pisapia? Non ha chances…(…) La protesta a Milano è difficile che prenda voti”; ovvero Massimo Cacciari “L’unica cosa certa è che Pisapia non può vincere” ovvero Amadori che ad Affaritaliani.it da sondaggista svela gli ultimissimi sondaggi sulle Comunali a Milano “La Moratti vincerà al ballottaggio. Decisivo il Terzo Polo” ma precedentemente da politologo aveva spiegato “Per me a Milano non vincerà un Nichi Vendola ma qualcuno non troppo schierato”. A proposito, chissà se senza Affariitaliani avremmo vissuto le elezioni in diretta con la tensione e la continuità di una telecronaca… Ben più complicato è capire perché una parte dell’elettorato abbia mollato il Cavaliere in questo momento e quale lezione trarre dal punto di vista delle alleanze future, stante che con l’attuale legge per il parlamento il premio di maggioranza si attribuisce con un solo voto di maggioranza relativa. Questo spiega il perché delle diverse tesi sul risultato elettorale che grossolanamente riassumiamo: 1) ha vinto il centrosinistra riformista del PD (vedasi Vimercati “Si è affermata una pericolosa corrente di pensiero nel commento al voto milanese. Per il centrodestra con Berlusconi in testa ha vinto l’estremista di sinistra, il comunista Pisapia. A sinistra suona come una conferma a questa tesi il discorso di Vendola in piazza Duomo: “abbiamo espugnato Milano…”); 2) ha vinto la sinistracentro, quindi inutile corteggiare i centristi che non contano nulla e anzi fanno perdere i voti a sinistra, tesi sostenuta dall’area vendoliana dipietrista e rottamatori vari; 3) è stato un voto di protesta, tesi sostenuta dai supporter di Berlusconi, ma anche da chi teme un progetto: “generalizziamo Pisapia” e che provoca una; 4) reazione contraria (vedasi Escobar. “torniamo all’ipotesi che non abbia vinto il centrosinistra ma abbia perso la destra. Ebbene, chi ha partecipato non solo alla campagna elettorale, ma anche a quella per le primarie, sa che si tratta di un’idiozia”); 5) hanno vinto tutti nel centrosinistra perché è cambiato il vento e chiunque De Magistris Pisapia o fra’cazzo da Velletri avrebbe vinto. Ovvero il popolo è bue: Churcill vinse la guerra ma gli elettori lo mandarono a casa. Quest’ultima opinione sembra tratta da Le Bon o Tarde (ma anche dall’invidia alla Paolino Paperino verso Gastone) e non è di nessuna utilità nell’analisi in quanto rimanda a un fato imperscrutabile. Anche parlare di voto di protesta non capisco che cosa voglia dire: il voto è sempre anche contro qualcuno o qualcosa, ma questo non significa che non sia per qualcuno o qualcosa, al massimo la formula “al primo turno si vota per al secondo contro” può valere per quelli di Fli. Più divertente è la discussione se ha vinto il PD o Vendola and company, centrosinistra o sinistracentro? Premesso che il 10% dei votanti continua a votare solo il sindaco e non le liste, il che significa che la competizione è fortemente giocata sulle persone e che le liste hanno uno scarso appeal. Il PD ha vinto sia sul terreno dei numeri: 171.000 voti con il 28,6% sono 35.000 voti in più delle regionali e 2,2%, 35.000 voti in più e 2,5% rispetto alle provinciali, e anche se è lontano dai risultati della camera del 2008 (33,7%), è ben più di metà di tutto il plafond elettorale della nuova maggioranza – sia sul terreno politico, essendosi il gruppo dirigente scrollato di dosso la definizione di perdente che lo caratterizzava e la sudditanza a qualsiasi perdigiorno che si presentasse come società civile. All’interno vincono tutte le correnti, visto che sono eletti tutti quelli che avevano candidato anche con una vaga chances, fuori restando solo i riempilista (che vanno sempre ringraziati) e i malati di candidite (che non vanno mai incoraggiati). Il PD vince con Boeri che quando aveva chiesto 5.000 preferenze era sembrato pazzo (a me per primo), mentre prende più preferenze di tutti da quando esiste questo sistema elettorale (ovviamente escluso Berlusca); vince con socialisti nella lista che tornano in consiglio comunale dopo decenni. Semmai il PD ha l’aria di essere troppo sorpreso della vittoria come se più che di una strategia fosse frutto del caso. La sinistra più radicale ha vinto sia sul terreno dei numeri – confermandondo quel 10% che in città ha da tempo immemorabile – ma sopratutto sul terreno politico, visto che checché se ne dica Pisapia pur sempre da lì arriva. Nelle sue articolazioni vince Sel che da zero costruisce una lista del 5% senza neppure mettere il nome di Pisapia nel simbolo e perde Di Pietro, quasi a sancire la fine del giustizialismo come argomento importante delle campagne elettorali, mentre i comunisti con il loro 3% sono stabili. Ha vinto anche la Lista Civica degli sconosciuti che soprattutto alle primarie è stata determinante nel sostenere Pisapia e che al filo-vendolismo si può ricondurre. Ma non tutto si può ridurre a questa logica PD/Vendola. Infatti vincono anche i radicali che rientrano in Consiglio, vincono gli ottimati a sostegno di Pisapia che sono i garanti per gli elettori transfughi dal Pdl della serietà dell’operazione. Più facile dire chi perde. Perde la lista beautiful people della Milly sulla cui utilità invero niuno s’era fatto illusione e che in fondo somigliava così tanto alla lista civica della cognata. Perdono i terzisti di professione che da anni perseguivano l’obbiettivo di staccare la sinistra dalla sinistra estrema, i riformisti dai moderati, i moderati dai conservatori, i conservatori dagli estremisti, il grasso dal magro nel prosciutto crudo etc. ma proprio quando l’elettorato di centrodestra si muove sono o assenti o con sprezzo del senso del ridicolo rincorrono Albertini e qualcuno sta anche di là. Perdono i teorici del “si vince al centro”, del “non si può urtare l’elettorato cattolico”, del “questa città non si può governare con i comunisti” (che al governo ci sono stati per decenni) quelli che avevano sostenuto solo un anno fa alle regionali che: “Credo che qui convenga a entrambi la corsa separata: a loro (la sinistra radicale ndr) che non sono interessati a governare, ma a organizzare la protesta sociale, e a noi che non vogliamo una coalizione “contro” (Penati, Corriere Sera del 14 1 2010). In fondo in città con percentuali di ingredienti diverse si è ripristinato un equilibrio pre-tangentopoli quando le sinistre egemonizzate dai socialisti governavano con parte dei centristi e dei cattolici; e mi pare che Pisapia ne prenda atto richiamando in servizio un ex segretario regionale della Dc, Tabacci. Quello che questa elezione sancisce è la fine di un’anomalia nata con Dalla Chiesa per cui una parte di elettorato tradizionalmente progressista votava con i conservatori. Non a caso il ritorno di parte di questi elettori avviene con il primo candidato di opposizione di cui si può tranquillamente dire che non c’entra nulla con il giustizialismo. Che poi Pisapia sia un’eccezione mi pare una sciocchezza, in una città che ebbe i primi assessori socialisti nella giunta Barinetti (leggasi 1903). In conclusione: 1) se la domanda è: l’esperienza di Pisapia si può generalizzare al paese? la risposta è sì. 2) se la domanda è: può essere vincente? La risposta è sì ma occorrerebbe che tutti i soggetti si comportassero allo stesso modo (primarie, alleanze, profilo del candidato etc) ivi compresi l’avversario (il che è quantomeno improbabile), gli astensionisti e che le elezioni fossero a doppio turno. Ergo, certezza non v’è. Si ritorna quindi al punto di partenza: i numeri delle elezioni il giorno dopo sono banali, tuttavia non servono per delineare una strategia politica perché è come nel calcio: ogni partita è una partita a sé.
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