ELEZIONI IN LOMBARDIA di Giuseppe Nigro del 23 agosto 2012

26 settembre 2012

ELEZIONI IN LOMBARDIA di Giuseppe Nigro del 23 agosto 2012

Con il tempismo che lo contraddistingue, l’assessore al commercio del comune di Milano, Franco D’Alfonso, “ideologo del modello Milano” - come viene definito in un intervista pubblicata su “la Repubblica” del giorno 19 agosto 2012 - lancia la campagna politica estiva per la conquista di Regione Lombardia. Così fu con il lancio della candidatura di Giuliano Pisapia: il candidato, i punti programmatici pubblicati sul “Corriere della Sera”, il coinvolgimento della città, la sfida ai candidati del Pd. Evidentemente D'Alfonso è convinto che l’estate e l’agosto portino fortuna. Auguriamocelo! Per il bene della Lombardia. Una prima osservazione, scontata, se si vuole, che non può sfuggire a D’Alfonso: la Lombardia non è Milano. Pur essendo Milano la chiave di volta degli equilibri regionali, il capoluogo lombardo non è in grado, senza consistenti apporti della classe dirigente e della società civile dei territori provinciali, di ribaltare gli equilibri che da quattro lustri consentono al centrodestra di vincere e governare la Lombardia. Non si dimentichi che vent’anni fa, proprio in Lombardia, il proto leghismo nacque come movimento non solo in contrapposizione a Roma, ma pure a Milano. Egemonismi metropolitani sono, pertanto, destinati a rappresentare un ostacolo piuttosto che un valore aggiunto per la futura scadenza elettorale. Una seconda osservazione sul “modello Milano”: funzionò perché a disposizione dell’operazione si mise una personalità della statura di Giuliano Pisapia, politicamente connotato, ma per autorevolezza e storia personale, autonomo, in grado di rappresentare una garanzia per un elettorato popolare, sfiduciato, e per un elettorato borghese, progressista, stanco della signora Moratti e dei poteri che rappresentava. Al momento, non mi pare che sullo scenario regionale vi siano personalità dal profilo simile a quello del sindaco di Milano. Quali siano le personalità femminili, invocate da D’Alfonso, disponibili a risollevare le sorti della Lombardia, non è dato sapere. Manca allo schema di D’Alfonso, pertanto, il requisito cardine e cioè il candidato credibile. Di Franco d’Alfonso ho stima. È personalità moderna, appassionata, competente, riflessiva. L’ultima volta che ho fatto qualcosa con lui è stato in occasione delle ultime elezioni regionali quando abbiamo contribuito, per la componente socialista, alla elaborazione del programma del centrosinistra. Un po’ di quel lavoro l’ho visto riflesso nella campagna per le elezioni amministrative di Milano. Il tributo di Pisapia al riformismo socialista milanese stava nel programma suggerito a Penati (brutta vicenda…) lo si è ritrovato anche in quello di Pisapia. Che i partiti non siano più quelli antecedenti al ’94 è un dato. Sono deboli sul piano delle elaborazioni, spesso non hanno personale politico in grado di affrontare le criticità del presente (vedi governo Monti), né hanno saputo avviare una seria autoriforma della politica, cosicché la credibilità di cui godono è davvero modesta. Tutto questo è motivo e condizione di fluidità elettorale e di costruzioni e scomposizioni delle forze politiche e della società civile, che (quest'ultima) quando si propone sul mercato della politica per affrontare scadenze elettorali,si dota di strutture organizzate non dissimili a quelle della tradizionale forma partito. Ma ai cittadini e agli elettori non interessano discussioni astratte sulle vicende del sistema dei partiti. In Lombardia, oltre alla individuazione del candidato/a, si tratterà di affrontare il tema di come il centrosinistra intenda procedere per cambiare un modello sociale/istituzionale che non ha prodotto macerie. L’autunno del “celeste”, non va confuso con la decadenza del modello lombardo, un impasto di neocorporativismo e socialità, di efficientismo e modernità che l’elettorato lombardo premia da vent’anni. Sostenuto da istituzioni economiche e religiose che sono perplesse, ma non in ritirata. Bassetti, per ricordare un settore della borghesia milanese che si è schierato per Pisapia, come si disporrà per le elezioni lombarde? Nel gruppo di governo di Regione Lombardia ci sono esponenti autorevoli che - alla scuola del "Kenendy dei navigli" come lo chiamava ironicamente la stampa negli anni '70 - si sono formati. A fronte di tutto questo, il centrosinistra balbetta. Anche perché con il modello sopra rappresentato ha convissuto, senza sapere rappresentare una alternativa credibile. In Lombardia, vale la pena ricordare, alle ultime elezioni regionali del 2010 vi è stata la più bassa affluenza alle urne dal dopoguerra (circa il 64% del corpo elettorale). È proprio il caso di dire che in Lombardia le elezioni si vinceranno con "i piedi", come dicono gli americani, vincerà cioè chi sarà capace di riportare alle urne gli elettori che per svariati motivi hanno deciso di chiamarsi fuori. A Franco d'Alfonso mi viene da dire che ci vorranno le liste dei partiti del centrosinistra e quella arancione. Per quanto mi riguarda, se può interessare, ritengo che sia necessaria anche una lista in grado di rappresentare degnamente quello storico 30% di elettorato laico, socialista, liberale, repubblicano, progressita che ha rappresentato uno dei capisaldi del riformismo lombardo e non solo ambrosiano. Ma al di là della costruzione del campo che vedrà, come sempre, le élites politiche in lotta per il potere, per riportare al voto gli elettori del centrosinistra, bisognerà garantire qualche caposaldo programmatico serio, rispondente alle aspettative della società. Per quanto mi è dato di comprendere, la questione cardine del lavoro, in particolare quello giovanile, rappresenta la centralità di qualsiasi discorso programmatico. La sfida al centrodestra, per vincere, parte da qui. Solo se si offre ai giovani una prospettiva seria su come costruire un progetto per il futuro ci sarà una svolta in Lombardia e perché no, in Italia.

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