ELEVATA RICCHEZZA PRIVATA ED ELEVATO DEBITO PUBBLICO: ALLA CONTRADDIZIONE SI PUO’ PORRE RIMEDIO CON UNA PATRIMONIALE? di Francesco Bochicchio

03 giugno 2019

ELEVATA RICCHEZZA PRIVATA ED ELEVATO DEBITO PUBBLICO: ALLA CONTRADDIZIONE SI PUO’ PORRE RIMEDIO CON UNA PATRIMONIALE? di Francesco Bochicchio

La contraddizione tra alta ricchezza privata ed alto debito pubblico è uno dei problemi endemici italiani.

Si sono formate elevate sacche di risparmio, che però non hanno recato vantaggio né al PIL, né all’economia pubblica.

Si vuole, a sinistra ma non solo, risolvere il problema con una imposta patrimoniale, magari “una tantum”, che però registra il duplice inconveniente di essere anti-progressiva – o meglio provvista di ineliminabili meccanismi anti-progressivi, potendo benissimo il grande patrimonio essere agevolmente frazionato- e poi, in strettissima connessione, alla luce della presenza di ricchezze occulte tra i settori ultra-abbienti, di essere suscettibile di penalizzare il ceto medio.

 Il problema è certamente serio, ma non può essere oggetto di analisi semplificate: l’elevata ricchezza privata dimostra che il Paese ha risorse; come finalizzarle allo sviluppo generale?

L’imposta patrimoniale, oltre ad essere socialmente non impeccabile, corre così il rischio, quale misura draconiana, di creare allarme alla fine controproducente.

Ciò non toglie che il problema sussista e sia di grande rilevanza: che il debito pubblico si sviluppi a dismisura in presenza di grande ricchezza privata dimostra:

a)   la mancanza di efficacia diffusa della ricchezza privata;

b)   che il risparmio si forma non solo in modo iniquo ma anche senza impatto produttivo diretto;

c)    e che la ricchezza privata da un lato non si traduce in investimenti, ma dall’altro è sottratta alla tassazione non andando a beneficio delle casse pubbliche.

Allora, l’intervento risanatore non può né deve essere limitato al solo profilo fiscale.

Il problema ha una portata molto più generale ed attiene alla produzione della ricchezza ed alla sua distribuzione prima ancora che alla sua tassazione.

Due sono i profili che emergono in modo prepotente:

a)   da un lato le varie forme di risparmio non sono tra di loro accomunabili ed occorre un approccio diversificato in relazione alla loro concentrazione;

b)   mentre, dall’altro, la destinazione dei risparmi è decisiva per sia per la ricchezza nazionale sia per la tutela dei singoli risparmiatori, in quanto altrimenti i risparmiatori piccoli corrono il rischio di essere vittime anch’essi di ubriacature da alta speculazione proprio in quanto inseriti in meccanismi generalizzati e fatti su misura per il grande capitale e per il grande risparmio, questi attratti irresistibilmente l’uno dall’altro, facenti parte come sono della stessa, perversa e distruttrice, logica di accumulazione.

Occorre così passare dalla mediazione tra produzione di ricchezza e destinazione al risparmio affidata al capitale finanziario a quella affidata alla programmazione pubblica,

Tale passaggio è così epocale da non poter essere realizzato a tavolino, ma all’esatto contrario da dover essere la logica risultante di un processo che ponga al centro la guida pubblica della finanza privata.

In tale ottica, nel controllo pubblico, oramai necessario ed indefettibile, dei flussi finanziari, si può -e si deve anzi- porre la lotta all’evasione fiscale, che diventa anch’essa la logica ed indefettibile  risultante di un dovere generale di contribuire alle esigenze finanziarie dello Stato a fronte dell’intervento di questi non solo equilibratore dei flussi finanziari ma anche garante di una destinazione seria ed affidabile delle risorse al risparmio, in modo da valorizzare al massimo le disponibilità dei cittadini e la loro programmazione di un futuro dignitoso.

Viene così ad essere armonicamente rilanciata la progressività fiscale, finalmente resa reale ed effettiva, senza che sia più necessario tassare i patrimoni, se non quelli molto grandi.

In tal modo, la tassazione, anche straordinaria, dei patrimoni molto grandi viene a costituire una correzione, drastica, di una stortura del sistema, senza rivelarsi una misura estemporanea atta a penalizzare tutte le ricchezze, anche quelle riconducibili al lavoro.

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