E SÉGOLÈNE RESTÒ SOLA TRA LE MACERIE – di Massimo Nava, da Il Corriere della Sera dell’11 giugno 2007
18 giugno 2007
La Royal lancia appelli alla resistenza e a un improbabile recupero
Povera Ségolène. Con la voce che fa fatica a superare il groppo alla gola, lancia appelli alla resistenza, alla mobilitazione, all'improbabile recupero, domenica prossima, al secondo turno. La giacca bianca, il look della cavalcata elettorale, adesso sembra la bandiera della resa. Si era illusa, la Madonna socialista, che la gloriosa sconfitta alle presidenziali e il suo 47 per cento di voti popolari garantissero la leadership della sinistra come un bottino personale e magari un’immediata rivincita che limitasse il superpotere di Sarkozy, almeno in Parlamento. Il voto di ieri rimette tutto in gioco nel modo peggiore, non solo perché è difficile avere idee chiare in un campo di macerie.
La sconfitta azzera le ambizioni della Royal, riapre la lotta di successione al vertice del Partito socialista e lascia la sinistra in bilico fra il coraggio della rifondazione programmatica e la tentazione dell’arroccamento, accompagnata da un enorme senso di frustrazione. Più ancora che di sconfitta politica, bisognerebbe infatti parlare di secondo suicidio di massa in dieci anni, quando molte condizioni per vincere (la lunga stagione di Chirac, la voglia di ricambio, i problemi sociali, lo scarso appeal dei governi Raffarin e Villepin) erano invece riunite.
Nel 2002, il primo ministro Jospin, favorito contro Chirac, fu eliminato al primo turno delle presidenziali per meno di 200 mila voti, soltanto perché la «gauche» intellettuale e radicale preferì dividersi. Il 6 maggio scorso, la Royal è stata sconfitta dal ciclone Sarkozy, ma anche dal «sostegno al minimo» ricevuto dai colonnelli socialisti e dall’ambiguità di un progetto che scontentava sia i riformisti sia i massimalisti. Grande responsabile degli equivoci e quindi del disastro è François Hollande, compagno della Royal e segretario del partito.
Fra i due la rottura politica è ufficiale, quella personale è solo sussurrata. Fino all’ultimo, Hollande ha cercato la quadratura del cerchio: sostenere la corsa della compagna, garantire l’unità di un partito lacerato sia sulla candidata, sia sul programma, tenere nel cassetto per molto tempo le sue personali ambizioni. Di fatto, dal referendum interno sull’Europa alle «primarie » per l’Eliseo, i francesi hanno assistito a un triste spettacolo di divisioni e sgambetti personali.
Il fallimento è dunque politico prima ancora che numerico. Le percentuali provvisorie, le possibilità di recupero al secondo turno, domenica prossima, il risultato decoroso del Partito socialista (che guadagna qualche punto rispetto al 2002) non possono nascondere né attenuare una sconfitta che viene da lontano e che consegna un’eccezionale maggioranza al centro- destra. Nel bipolarismo perfetto e assoluto del sistema francese, non c’è più posto per i piccoli partiti, per le forze intermedie e movimenti alleati.
La destra fa il pieno di voti e azzera il Fronte Nazionale di Le Pen. Il centrista François Bayrou perde sei milioni di voti in un mese e dovrà accontentarsi di conservare il suo posto in Parlamento. La sinistra (in estinzione verdi e comunisti) si riduce al solo Partito socialista, che forse conserverà la sua forza d’apparato (120/140 seggi) ma vede sfumare in poche settimane quel consenso di massa che aveva alimentato le speranze di Ségolène.
L’astensione record e la smobilitazione dei francesi che hanno considerato le presidenziali la vera partita, hanno fatto mancare alla sinistra diversi milioni di voti e provocato lo «tsunami Sarkozy» annunciato da tutti i sondaggi. La sconfitta della sinistra ingigantisce naturalmente i meriti di Nicolas Sarkozy e le apprensioni di osservatori neutrali su un sistema politico che in nome della stabilità e della governabilità consegna alla fine tutto il potere a un uomo solo.
Sarkozy voleva una grande maggioranza per fare le riforme e gli automatismi del sistema gliela hanno consegnata, andando oltre la volontà dei francesi che non avevano certo voglia di rimettere in discussione il voto del 6 maggio. Molti sono andati al mare. Ieri, per molte ore, la prima notizia in tv era la finale di Roland Garros. Paradossalmente, anche il Partito socialista diventa suo malgrado l’asso pigliatutto di un sistema semplificato da cui trae il monopolio dell’opposizione.
Per quanto con le ossa rotte, l’occasione è forse propizia per l’inventario. Anche un certo Tony Blair, nella Gran Bretagna dell’era Thatcher, partì dal nulla. Quantomeno, i vertici non avranno più alibi a proposito di ricatti e condizionamenti ideologici da parte della sinistra radicale. Per la sinistra francese comincia la traversata nel deserto. Con Sarkozy che fa campagna acquisti e molti nodi programmatici irrisolti, non è nemmeno detto che i socialisti facciano il cammino insieme.