DIMISSIONI DALLA SEGRETERIA NAZIONALE DEL PSI
08 marzo 2013
Caro Nencini,
ti scrivo per comunicarti le mie dimissioni dalla segreteria nazionale del Partito ritenendo necessario un gesto conseguente alla gravità della situazione. Dopo quanto è accaduto in questa campagna elettorale non siamo più in una situazione normale.
La prospettiva politica di tenere in vita una formazione autonoma, che dopo tante iniziative politiche e programmatiche avrebbe dovuto tornare in Parlamento con le proprie gambe, è andata perduta.
Chiudere adesso la partita elettorale chiedendo di celebrare la vittoria del nostro ingresso in Parlamento senza farsi carico degli errori che sono stati commessi, è un gioco al quale non ci sto.
Infatti, con la decisione di non presentare la lista di partito è stato commesso a mio avviso un errore politico grave, decisione di cui io non intendo assumermi alcuna responsabilità, così come non può assumersela né la Direzione né la Segreteria mai formalmente convocate per approvare con un voto questa scelta.
Ciò è peraltro avvenuto in netta contraddizione con l’orientamento assunto dal Congresso di Montecatini e, in modo ancora più esplicito, dal Congresso di Perugia.
Non a caso nelle tue conclusioni congressuali c’era l’apprezzamento per una mia affermazione sostenuta in sede di dibattito, che ti riporto testualmente: “Dobbiamo dare senso politico ed essere chiari rispetto alle prossime scadenze elettorali nazionali. Quando si assume la decisione congressuale di presentare la lista socialista alle prossime elezioni politiche del 2013, così come è scritto nel documento congressuale unitario, non lo si fa per ragioni nostalgiche, ma si indica un percorso di lavoro su cui impegnare tutte le energie disponibili per raggiungere quell’obiettivo. Garantendo peraltro, non ad un gruppo dirigente ristretto, ma ai territori la possibilità di giocarsi alla pari la carta di ritornare in parlamento. Ma se ci fossero elezioni anticipate? Se l’attuale maggioranza dovesse implodere? Vedremo. Ma intanto il Congresso dovrebbe vincolare il Partito a dire no a confluenze in altri simboli. No a candidati socialisti nelle liste del PD o in SEL. No ad alleanze in cui non sia visibile la nostra presenza o il nostro simbolo. Almeno questo non pregiudicherebbe il lavoro per la “ricostruzione socialista” che da domani siamo impegnati ad avviare.” Quindi altro che “memoria corta e obiettivi confusi”. Dopo il pericolo, a fatica sventato nel 2010, di liquidare il PSI per finire in SEL, già allora con l’obiettivo di qualcuno di entrare in Parlamento sulle gambe di qualcun altro, la storia recente è quella dall’alleanza con PD e SEL, intorno alla quale si è dato vita ad una coalizione politica che aveva come base principale dell’accordo (almeno così è stato riferito) la presentazione di un’unica lista “Italia Bene Comune” nel caso fosse stata varata una nuova legge elettorale con sbarramento o la presentazione di tre liste separate e apparentate nel caso fosse stato confermato il “Porcellum”. Ma non si è realizzata né l’una né l’altra cosa. Con il maledetto “Porcellum” e con l’accordo di coalizione con Bersani potevamo, anche con la sola percentuale dell’1%, eleggere autonomamente e con dignità un numero consistente di parlamentari. Ben più del doppio di quanto sia oggi la nostra rappresentanza parlamentare. Questa opportunità che non ci si presentava da vent’anni e che probabilmente non ci si presenterà più, ce la siamo lasciata inspiegabilmente scappare. Una cosa è certa, un partito che non presenta la propria lista quando può farlo, e sottolineo quando può farlo, non è un partito all’altezza della situazione e forse non è più nemmeno un partito. Senza la lista siamo stati politicamente cancellati, abbiamo lasciato uno spazio incredibile ad altri, al di là delle regioni nelle quali, o per le regionali o per il Senato, abbiamo presentato le nostre liste. Ma, anche qui, con quale logica? E la lista non l’abbiamo presentata neppure nel momento in cui abbiamo verificato il tipo di trattamento che ci stava riservando il PD. Un accordo con il PD infatti poteva giustificarsi, almeno per chi credeva in quella scelta, solo nel caso avessimo potuto eleggere nelle loro liste un numero di candidati maggiore di quello che avremmo potuto ottenere da soli con la nostra. Altrimenti perché farlo. Questo è solo un aspetto di quanto sia stato quindi fallimentare il tipo di alleanza e di accordo stipulato con il PD. Pensare poi che bastasse un sedicente patto di consultazione per rendere paritaria una disparità numerica così forte tra noi e loro, è stato del tutto inutile. Con queste elezioni abbiamo così dissipato un patrimonio, perso una occasione, e, in maniera assolutamente ingiustificata, tradito le nostre aspettative e quelle di tanti compagni. A te, e soprattutto a te, è mancato il coraggio non di rischiare, perché con la lista facevamo ciò che dovevamo e non rischiavamo niente, ma è mancato il coraggio di difendere il nostro simbolo e la parola socialista nel panorama politico italiano, nell’interesse della stessa coalizione. Questa è la conseguenza del fatto che negli ultimi anni è mancata la fermezza di difendere la prospettiva socialista e la sua cultura in Italia, come se l’equivoco posizionamento di Bersani in Europa potesse aver già di per sé chiusa la questione socialista o, peggio ancora, come se ribadire con forza che siamo socialisti potesse incrinare il rapporto con il PD. Ci siamo negli anni inventati tutte le “case” possibili, quella riformista, quella liberale, quella laica, fuorché quella socialista. A questo punto è bene che le scelte politiche siano sottoposte ad una verifica e il nostro futuro sia deciso dagli organismi e dal nostro popolo. Dopo queste elezioni siamo all’anno zero. Un ciclo è finito. Andare avanti come se nulla fosse, non valutando il significato e le conseguenze di ciò che è accaduto, è troppo. Per questo lascio la segreteria del partito. Più in generale, della gravità della situazione italiana e della nuova sconfitta politica del centrosinistra, ci sarà modo di parlare un’altra volta. Lascio a te informare i compagni della segreteria.
Un caro saluto
Roberto Biscardini