DIECI ANNI DOPO MITTERRAND. VITA DI UNO STATISTA CONTROVERSO, TROPPO RISPETTATO DA VIT
07 gennaio 2006
ANNIVERSARI. AUTOCOSCIENZA IN FRANCIA DI MARCEL DUPONT Dieci anni dopo Mitterrand Vita di uno statista controverso, troppo rispettato da vivo e troppo criticato da morto Parigi. Il 2006 francese comincia con la commemorazione di François Mitterrand, un personaggio forse troppo rispettato da vivo e troppo criticato da morto. La mattina dell’8 gennaio 1996 fu il suo successore Jacques Chirac a dare alla stampa la notizia del decesso del presidente che era nato nel 1916 e che era stato in carica all’Eliseo tra il 1981 e il 1995. I rapporti tra i due «cari nemici» della politica francese avevano vissuto fasi alterne, andate dal rispetto reciproco all’aperta ostilità, passando per un momento di vera e propria ambiguità. Un momento chiave come la campagna elettorale della primavera 1981, vinta da Mitterrand contro il capo dello Stato uscente Valéry Giscard d’Estaing, che era al potere dal 1974. Giscard era allora indebolito dalle rivelazioni del giornalista Pierre Péan a proposito dei diamanti da lui ricevuti dall’ “imperatore” del Centrafrica, Bokassa. Ma i colpi bassi di Chirac lo indebolirono ulteriormente, favorendo di fatto il successo di Mitterrand. Solo che Chirac sbagliò i suoi calcoli: credeva di poter sconfiggere agevolmente Mitterrand alle successive presidenziali del 1988 e invece fu letteralmente stritolato nella sfida con quella vecchia volpe della politica francese, che negli anni precedenti aveva fatto ricorso a tutte le armi allo scopo di indebolire i propri avversari: compresa la nascita della tv privata La Cinq (con la diretta partecipazione di un italiano di nome Silvio Berlusconi) e compresa la riforma del sistema elettorale per il rinnovo dell’Assemblea nazionale, col passaggio dal maggioritario al proporzionale (circostanza che nel 1986 aveva oggettivamente favorito il decollo politico dell’estrema destra di Jean-Marie Le Pen). Ironia della sorte, lo stesso Pierre Péan, che aveva fragilizzato Giscard con le proprie rivelazioni sui diamanti, ha pubblicato nel 1994 il libro Une jeunesse française, che contiene una raffica di rivelazioni sul comportamento di François Mitterrand nel periodo anteriore al 1943: rapporti con ambienti d’estrema destra e soprattutto presenza nell’apparato collaborazionista di Vichy fino al 1942, prima del passaggio alla Resistenza. Il 1994 è stato il momento in cui Mitterrand - che negli anni Ottanta non aveva esitato a ricorrere ai servizi segreti per proteggere i propri segreti politici e personali - decise di regolare i propri conti con la storia. Fu una sorta di grande confessione pubblica, avvenuta attraverso soffiate o incoraggiamenti a storici e giornalisti considerati amici (che talvolta approfittarono della situazione per rincarare la dose delle rivelazioni). Mitterrand aveva appreso d’avere il cancro alla prostata nello stesso periodo del suo primo successo elettorale, nel 1981. Ma le notizie sulla sua salute sono state per undici anni un autentico segreto di Stato, al pari di quelle sull’esistenza della sua figlia naturale Mazarine, che era allora una bambina. Nel 1974 i francesi erano stati impressionati dalla morte del presidente Georges Pompidou e dal modo in cui egli aveva nascosto la propria malattia. Così Giscard s’impegnò a pubblicare bollettini medici e Mitterrand non volle modificare questa “buona abitudine”. Così ha costretto i medici a mentire al paese. Le notizie sul cancro di Mitterrand hanno aperto nel settembre 1992 la fase delle rivelazioni sui suoi segreti e sono state probabilmente decisive nel consentire al presidente di vincere una delle sue battaglie più difficili: quella per la ratifica del Trattato di Maastricht, figlio a sua volta del crollo del Muro di Berlino. Certo François Mitterrand e il suo amico Helmut Kohl pensavano da prima del 1989 all’idea della moneta unica, ma il crollo del Muro e la rapida riunificazione della Germania spinsero l’inquilino dell’Eliseo a concepire il nuovo trattato (con tanto di unificazione monetaria) come uno strumento per agganciare stabilmente e definitivamente i tedeschi alla dinamica comunitaria. Kohl stette al gioco (malgrado la sua vera perplessità, riguardante la possibile presenza dell’Italia nel meccanismo della nuova valuta) e così si giunse al Consiglio europeo del dicembre 1991 a Maastricht, con l’accordo sul testo poi firmato nel febbraio 1992 nella stessa località dai ministri degli Esteri. Morale, se oggi l’euro è nelle nostre tasche, gran parte del merito è di Mitterrand. Ma tutto rischiò di naufragare per la scommessa dell’Eliseo: ratifica del Trattato per via referendaria invece che per via parlamentare. Nel clima arroventato del settembre 1992 le notizie sulla malattia di Mitterrand commossero la popolazione e consentirono ai sì di prevalere d’un soffio. Oggi, nel decimo anniversario della morte di Mitterrand, i francesi cercano di fare un bilancio di questa complessa figura storica, che ha avuto successo in stagioni politiche ben diverse tra loro. Se il generale De Gaulle era stato l’«uomo dei no», con quella sua propensione a sbattere la porta, François Mitterrand ha indubbiamente avuto una propensione per i compromessi, che è stata esaltata dalla sua presenza al vertice della IV Repubblica. Il vero no di Mitterrand è stato quello contro la modifica costituzionale del 1962, voluta da De Gaulle in senso presidenzialista (con l’elezione diretta a suffragio universale dell’inquilino dell’Eliseo). In quel contesto Mitterrand scrisse il libro «Il colpo di Stato permanente», salvo poi utilizzare al meglio (e comunque al massimo) il presidenzialismo della V Repubblica, una volta giunto al vertice delle istituzioni. Il nuovo Mitterrand (dopo la fine della IV Repubblica e le rivelazioni sulla messinscena di un finto attentato ai suoi danni) nacque nel 1965 in occasione delle presidenziali. Nessuno pensava che il candidato delle sinistre, ossia lui, sarebbe riuscito a impedire la conferma di De Gaulle al primo turno alla presidenza della Repubblica. Così la vittoria del Generale al ballottaggio fu un successo anche per il suo avversario di sinistra. Nel giugno 1969 il nuovo Partito socialista nacque al Congresso di Epinay-sur-Seine sulle ceneri della vecchia Sfio. La leadership andò a un personaggio che non proveniva dalla Sfio e che col socialismo francese aveva avuto un rapporto contrastato: François Mitterrand. Poi il «Programma comune» del 1972 con comunisti e radicali di sinistra. Nel 1974 Mitterrand fu sconfitto di un niente da Giscard al ballottaggio per l’Eliseo, ma - malgrado la rottura del «Programma comune» nel 1977 - ecco la sua grande rivincita il 10 maggio 1981. Nel bilancio che i francesi fanno oggi dell’eredità mitterrandiana spiccano tre parole: Europa, ghigliottina, decentramento. Sul piano dell’integrazione europea i meriti di Mitterrand sono evidenti e difficilmente discutibili, ma il problema è che i francesi di oggi sono divisi al loro interno sul valore di quel progetto. Quanto alla pena di morte, nessuno può negare il merito che Mitterrand ebbe nel mandare in soffitta la ghigliottina in un momento in cui i suoi connazionali erano ancora maggioritariamente favorevoli a lasciarla nelle mani del boia. Infine il decentramento amministrativo, con la nascita delle regioni, è stato un risultato dei governi di sinistra degli anni Ottanta e della personale volontà mitterrandiana. Nel momento dei bilanci i parigini si guardano intorno e scoprono che l’impronta di Mitterrand è un po’ dappertutto all’interno della capitale. Il presidente - che adorava prendersi per un principe rinascimentale - ha realizzato una straordinaria quantità di «grandi opere»: dal Nuovo Louvre (con la Piramide di Pei) alla Biblioteca nazionale, che porta il nome di Mitterrand, passando per il museo della scienza e la città della musica alla Villette e per l’Opéra Bastille. Proprio lì, alla piazza della Bastiglia, i parigini si riunirono a festeggiare Mitterrand la sera del 10 maggio 1981. A un certo punto scoppiò un uragano e una voce - seguita da tante altre - cominciò a urlare: «Mitterrand, du soleil». Nel momento dei bilanci, è chiaro che Mitterrand ha portato meno sole di quanto alcuni sperassero, ma soprattutto molta meno pioggia di quanto altri temessero.
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