DICIAMO SÌ AL PD, SOLO SE ADERISCE AL PSE. È SBAGLIATO GUARDARE AL MODELLO USA - di Gianni De Michelis, da il Riformista del 14 novembre 2006
27 novembre 2006
Il convulso andamento del dibattito parlamentare sulla finanziaria, credo stia convincendo anche i più strenui sostenitori dello schema bipolare della crisi, che personalmente ritengo irreversibile, che ha investito gli equilibri politici caratterizzanti la cosiddetta seconda Repubblica.
In questo contesto si possono meglio capire le ragioni strumentali che stanno alla base dei tentativi di riorganizzazione degli assetti partitici, in atto sia sul fianco destro sia su quello sinistro del panorama politico italiano.
Le simmetriche ipotesi di dare vita a un cosiddetto Partito dei moderati, sulla destra, e a un non meglio identificato Partito democratico, sulla sinistra, più che da una sorta di irreversibile pulsione di distinguersi dalle normali identità politiche aventi oggi corso legale in Europa, si possono e si debbono spiegare come un disperato tentativo di salvare la logica perversa di quello che abbiamo, forse con eccesso di vis polemica, definito il nostro «bipolarismo bastardo».
Quello a cui stiamo assistendo è una sorta di rincorsa disperata e impossibile tra equilibri politici che non tengono più e tentativi di ingegnerie partitiche volte a costruire, prima che sia troppo tardi, artificiali impalcature destinate a reggere posizioni di leadership non più fondate sulla capacità di corrispondere a identificabili domande politiche.
Può darsi che mi sbagli, ma credo che sia fondata la previsione secondo la quale nei prossimi mesi assisteremo a una sorte di reazione a catena negativa tra le due esigenze che finirà per portare la situazione politica italiana in un vicolo cieco. La domanda quindi che bisogna cominciare a porsi sin d'ora è come uscire da questo imbuto, visto che le conseguenze rischiano di essere drammatiche non solo per gli assetti politico-partitici, ma più in generale per la situazione complessiva del Paese.
Per quello che ci riguarda non abbiamo dubbi: la via d'uscita può essere rappresentata solo, sì da una riorganizzazione del panorama politico italiano, ma lungo le più convincenti, anche se tradizionali, rotte del panorama politico europeo. Chiudere cioè la parentesi aperta con il trauma di Tangentopoli e consentire finalmente agli italiani di scegliere tra definite e riconoscibili identità politiche capaci di affrontare le sfide del futuro, ma avendo alle spalle saldi e non confusi riferimenti a storie e culture politiche non artificiali.
Per una piccola forza come il Nuovo Psi che è nata proprio all'insegna della rivendicazione orgogliosa di una ben precisa storia politica, facendosi carico sia delle luci che delle ombre di tale passato, la consapevolezza di tale possibilità significa essere pronti sino in fondo a gettare il cuore oltre l'ostacolo assumendo senza esitazioni, come riferimento per l'azione, la stella polare della questione socialista e dichiararsi pronti a subordinare a tale scelta tutte le correzioni di rotta o di collocazione che essa comporterà.
Più concretamente ciò significa dire di no al Partito democratico o, meglio, dire di no a un Partito democratico che non sappia con chiarezza e nettezza dichiarare fin dall'inizio la propria adesione alla famiglia dei partiti socialisti europei e nel contempo, consapevoli del nesso tra la crisi del bipolarismo e quella dell'assetto partitico del Paese, indicare nella prospettiva della grande coalizione il passaggio obbligato per ridare governabilità al Paese.
Naturalmente ciò non significa chiudere gli occhi sulle trasformazioni che anche e la cultura socialista e riformista dovrà affrontare per essere all'altezza della sfida che ci propone il cambiamento epocale in atto; semmai, da buoni eredi della lezione politica di Bettino, significa cogliere la direzione di marcia di tali trasformazioni nella prospettiva del liberal-socialismo, che però è cosa assi diversa dal modello americano che sembra evocare la nozione di Partito democratico e non ha nulla a che fare con un generico riferimento a un non meglio identificato riformismo senza aggettivi o dai troppi aggettivi.
Siamo quindi pronti e disponibili al confronto con tutti coloro che vogliono identificare la medesima priorità nella questione socialista, a partire ovviamente dai compagni dello Sdi, ora che le difficoltà della Rosa nel pugno sembrano anticipare il fallimento di un progetto che avrebbe potuto rappresentare un utile ed originale contributo verso quell'obiettivo che resta il nostro.