DEMOCRAZIA ED ISTITUZIONI di Francesco Bochicchio

03 luglio 2017

DEMOCRAZIA ED ISTITUZIONI di Francesco Bochicchio

La democrazia diretta è un’utopia: in società complesse è necessaria, nei fatti e nell’effettività e non nei principi, la delega: “rectius” questa è imprescindibile ed indefettibile. La democrazia si realizza nelle istituzioni, in modo che la delega non resti ancorata al solo livello di un mero rapporto personale ma sia tale da richiedere enti, strutture e procedure dotati di oggettività, senza la quale si ricade nella presenza di un sovrano assoluto. Perché la democrazia sia effettivamente tale, è necessaria la presenza di un insieme di condizioni: assenza di un potere originario, mancanza di concentrazione eccessiva di poteri, sussistenza di strumenti di controllo  autonomi e l’intangibilità della legge da parte del potere. Si nota subito,  nell’insieme di condizioni, così come testé fissato, un duplice requisito: da un lato l’intrinseca idoneità delle istituzioni e dall’altro la necessità di un contropotere atto a creare un vincolo al potere e costringerlo a limitarsi (fino agli anni ’70, e primi ’80,  tale ultima funzione era assolta dal movimento operaio. ora dal populismo). L’intrinseca idoneità delle istituzioni significa la dissociazione tra sovranità e sovrano, tra unitarietà di comando e mancanza di un titolare del potere di autorità –di qui l’inammissibilità di un sistema presidenziale-. Il popolo può influire sul potere solo se questi non è assoluto ed illimitato: di qui la centralità del costituzionalismo. Poi, occorre che il popolo, perché  possa in effetti indirizzare il potere, abbia un ruolo di interdizione reale nella società. Antagonismo sociale e costituzionalismo sono essenziali l’uno all’altro. Perché non si viaggi su due piani incomunicabili, occorre che il costituzionalismo non sia solo negativo e non si limiti ad impedire la concentrazione di potere, ma responsabilizzi il potere davanti al popolo al fine di  consentire a questi di condizionarlo concretamente. Ma nei fatti, nella democrazia rappresentativa, il consenso è solo sulla scelta dei rappresentanti, I limiti al cui potere sono nominali se non addirittura fittizi. La democrazia rappresentativa così diventa un mito, un’apparenza: solo in America si è avuto il coraggio di svelare l’arcano e di mostrare che il “Re è nudo”, creando un sistema Presidenziale che, secondo i più autorevoli politologi americani, non è altro che una “dittatura temporanea”. Per impedire tale sbocco, altrimenti inevitabile, Il consenso sui contenuti viene da una democrazia sostanziale e così da un’opposizione sociale, che se resta tale, vale a dire solo al livello di opposizione sociale, crea solo uno stallo alla fine da rimuovere. L’opposizione sociale deve diventare maggioranza politica. Il nesso è tra democrazia maggioritaria, che si basi sull’essenzialità di una maggioranza in grado di attuare una linea politica univoca, investita dal voto popolare alle elezioni, in grado di evitare continue contrattazione con schieramenti contrapposti:  la grande coalizione è  e deve rimanere un’eccezione.  La democrazia maggioritaria è l’unica in grado di porre la politica quale guida dell’economia in posizione di dialettica con il potere economico, dialettica anche conflittuale soprattutto quando il potere economico è arbitrario e dai comportamenti disastrosi quali quelli del momento attuale –dal 2008 fino ad oggi-. Ma, per non creare un potere politico autoreferenziale, ancora più arbitrario, o all’opposto al servizio del potere economico, è necessario che la maggioranza alternativa al potere economico si collochi in un circuito virtuoso di un rapporto privilegiato con l’opposizione e l’antagonismo sociale. La democrazia è tale solo al di fuori e contro il potere. Ma se si assesta sul solo livello negativo si ricade nella conflittualità pura  senza sbocco. Solo se il potere si apre all’opposizione sociale, si crea una situazione non rivoluzionaria ma di riformismo autentico, con dialettica tra politica ed economia, dialettica dai forti profili antagonistici che alla fine dovranno portare ad un equilibrio totalmente diverso, di cui ora mancano tutti i presupposti. La democrazia maggioritaria senza concentrazione di potere e con controlli stringenti e penetranti ma con distinzione tra governo e opposizione crea la cornice, mentre lo spazio all’interno può essere colmato da un’opposizione sociale antagonista, in grado di condizionare la maggioranza politica e di diventare essa stessa maggioranza politica.  Le istituzioni diventano il luogo di oggettivazione del potere, vale a dire il punto di incontro necessario tra popolo e potere in quanto solo esse costituiscono la condizione perché il popolo sia in grado di incidere effettivamente e in modo non fittizio e non caduco sul potere.   Sul rapporto tra popolo ed opposizione sociale si gioca il nodo politico fondamentale  su cui si rimanda a studi in corso di preparazione sul rapporto tra populismo e nuova aggregazione di classe.

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