DE GIOVANNI NON RECEDE. CRITICHE SALUTARI – di Alberto Tristano da Il Riformista del 13 gennaio 2006

20 gennaio 2006

DE GIOVANNI NON RECEDE. CRITICHE SALUTARI – di Alberto Tristano da Il Riformista del 13 gennaio 2006

Dopo la censura dei filosofi sulla candidatura della Jervolino, “Bassolino sta cercando il dialogo con la società civile”

Intendiamoci: non sta nascendo nessun partito degli intellettuali a Napoli. Nessuna forza alternativa ai partiti politici tradizionali, nessuna volontà chiara o clandestina di creare candidature alternative a quella di Rosa Russo Jervolino». A parlare, durante una faticosa trasferta ferroviaria da Milano giù a Napoli, è Biagio De Giovanni professore di Storia delle dottrine politiche dell'Università Orientale di Napoli ed ex eurodeputato della Quercia. Insieme ai filosofi Aldo Masullo e Roberto Esposito, De Giovanni è intervenuto sulle recenti vicissitudini che hanno segnato il ritorno in campo per il secondo mandato di Jervolino, dopo che il primo cittadino aveva annunciato la sua non disponibilità. I giornali parlano di "rivolta dei professori", di un nuovo schieramento che per Napoli pensava a un nuovo corso politico. De Giovanni intervistato dal Corriere della Sera il 3 gennaio scorso, parlò di «spinte fortissime dei Ds a mantenere lo status quo» mantenendo Jervolino a Palazzo San Giacomo. Una presa di posizione dura, un allarme che in settimana ha trovato accoglienza nelle segreterie locali dei partiti. Specie in casa Ds. Che per bocca della responsabile provinciale, Maria Fortuna Incostante, avevano rivolto un particolare invito ai "protestanti": «Intellettuali, non ci abbandonate, con voi vogliamo riaprire un dialogo, costruire un percorso per definire il programma futuro della città». Una richiesta che fa il paio con l'offerta di entrare a far parte dei "laboratori per la città" dentro i quali dovrebbe veder la luce il programma per il governo di Napoli.
Sostiene De Giovanni: «Mi fa piacere che ci siano delle prove di dialogo in corso. Certo, non so ancora niente dei progetti che si vorrebbero fare, ma è chiaro che se ci sarà da affrontare un confronto pubblico sul futuro di questa città, io non mi tirerò indietro. Resto in attesa di iniziative, chiarendo sin da ora che il mio compito non è quello di scrivere programmi o agende politiche. Anche perché io non cerco nulla. Continuerò semplicemente a fare quel che ho fatto finora: ragionare sulla classe dirigente. Nel novembre scorso ne ho discusso in un convegno con Jervolino e Bassolino, da cui è poi maturato un saggio pubblicato dalla rivista di Andrea Geremicca MezzogiornoEuropa. Ritengo che ci siano dei punti oscuri nell'organizzazione dei poteri nella città di Napoli, ed è su quelli che si poggia lo sguardo mio e di altri come me che hanno avuto una militanza politica, conoscono Napoli e la sua politica, vivono la città e la vorrebbero diversa».
Cambiare candidato per sperare di cambiare la città: era questo il suo desiderio? «Al contrario di come è stato riportato, io non ho mai contestato la ricandidatura della Jervolino. Che aveva tutti i diritti per chiedere la riconferma. Ma il metodo che è stato usato è fuori da ogni logica: un pugno di fax che la fanno retrocedere da un proposito peraltro già da tempo ventilato. Ma andiamo...». Insomma, «quel che si è verificato è stato la prova di un potere sempre più insofferente e chiuso rispetto alla dialettica con i cittadini. Forse le nostre critiche sono state salutari. Lo stesso Bassolino mi sembra che stia cercando un maggiore dialogo con la società civile». Ma intanto De Giovanni è attivo anche sul fronte nazionale. Suo l'appello a "Che la Rosa nel pugno non si spenga sul nascere", per «aggregare - si legge nel documento - quell'Italia civile che vuole la rinascita del paese», «la vittoria di una religione civile», «una nuova possibile grande Riforma».
«Non c'è dubbio - dice De Giovanni - che a questa nuova formazione va data la possibilità di stare in Parlamento. Perfino in un futuro panorama di centrosinistra dominato dal Partito democraticci, su cui peraltro nutro molte perplessità, la linea liberal-radical-socialista sarebbe una presenza preziosa benché piccola. Mi sembra che le proposte più innovative, nella politica estera così come in quella interna, le abbiano espresse loro. Possono contare senz'altro sul mio voto».

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