DALLA SPERANZA ALLA PAURA: ADDIRITTURA, PAURA SENZA SPERANZA (E SENZA RAGIONE) di Francesco Bochicchio
07 gennaio 2019
Speranza e paura sono sentimenti collettivi fondamentali, il cui nesso, soprattutto come rapporto dialettico, domina la vita e determina gli scenari storici e politici.
Ora trionfa la paura, il che si rivela inquietante. Non vi è speranza, ormai dissolta: non vi è nemmeno un margine di speranza, che faccia sperare in una inversione di rotta. Poiché i due sentimenti collettivi sono fondamentali, e la dialettica tra i due determina gli scenari storici, la prevalenza di uno può essere temporanea ed inserirsi in una ottica che possa registrare a breve un cambiamento radicale. Ora non è così: trionfa solo l’uno, mentre l’altro è addirittura scomparso. Ciò mostra che il sistema è in crisi, non solo profonda, negativa e di recessione, ma addirittura senza soluzione. Senza speranza e cedendo solo alla paura non vi è prospettiva.
E’ una fase regressiva. Il ruolo dell’individuo e della ragione non è affatto effettivo, in quanto ad essere lesi sono stati proprio individuo e ragione.
La fase attuale è quella dell’economia capitalistica e dello sviluppo tecnologico. Ebbene, la prima ha perso ogni valore positivo e di efficienza e di effettività del calcolo economico, in quanto non vi è più un’allocazione di risorse sula base di un preteso, in realtà insussistente, meccanismo oggettivo, quale il mercato, dalla, parimenti pretesa ma in realtà del tutto insussistente, mano invisibile, in quanto quest’ultimo è solo lo strumento del dominio del capitale finanziario, in modo distruttivo ed inefficiente.
Il secondo ha realizzato la tecnica ma solo quale mero strumento al servizio dell’economia, senza alcun valore intrinseco e di efficienza, come dimostrato dalla debolezza delle infrastrutture a tutti i livelli ed addirittura dalla natura distruttiva dei prodotti e servizi economici e finanziari.
La società è tenuta insieme solo sulla base della paura, nei confronti in particolare del diverso e dell’estraneo, il che porta a rafforzare il potere, sempre più privo di consenso effettivo.
La stessa protesta popolare, sempre più forte e che si è concretizzata nel dilagare del populismo, si incanala nella stessa ottica. Il populismo è solo protesta e pertanto non è alfiere di un nuovo progetto, limitandosi a bocciare l’attuale sistema, mentre la risposta al populismo non si basa sugli aspetti positivi del sistema, limitandosi, in via affatto speculare, a denunciare l’incognita del populismo stesso.
Il dominio della paura, senza speranza, porta immancabilmente a rendere la ragione del tutto irrilevante.
E’ l’oscurantismo che avanza.
Il che comporta necessariamente sia la necessità di ricorso ad un sempre maggiore autoritarismo sia l’impossibilità di rimuovere i limiti mediante un approccio costruttivo, visto che latita proprio la ragione: la soluzione dei conflitti e dei problemi è rimessa alla mera forza.
Siamo pertanto in un’epoca buia, paragonabile al Medio Evo, e dalla quale non si esce se non con traumi profondi.
E’ pertanto ovvio che è assolutamente fuori luogo l’atteggiamento di chi da un lato magnifica le sorti e dell’integrazione europea e sovranazionale e della libera circolazione economica, oramai realtà in puro disfacimento, come di chi dall’altro lato magnifica la prospettiva di trionfo della sovranità popolare, del tutto aleatorio alla luce delle effettive prospettive.
L’abbattimento del sistema è assolutamente necessario ma d’altro canto è rimesso a traumi non gestibili da un’azione rivoluzionari od anche solo riformista cosciente.
In questo momento occorrono sforzi di razionalizzazione necessari solo per lenire le sofferenze e gli effetti negativi dei traumi: l’unico grande disegno è quello di gestire il dopo-trauma.
Per concludere, il pensiero realista oppone che la paura è necessaria così come l’autorità dello Stato e della politica, in quanto i limiti dell’uomo e della sua finitezza non rendono possibile il ricorso incondizionato alla speranza.
L’obiezione è del tutto priva di conferenza. La paura è ineliminabile, ma, se essa non ha un ruolo del tutto limitato e circoscritto, si rende inevitabile l’apocalisse. La paura è l’unico elemento cui ricorre un sistema del tutto distruttivo ed irrazionale.
La speranza è un impulso positivo, ma poi la costruttività va rimessa alla ragione, cui la speranza, se non se rifugia nell’utopia e nel salto di livelli, non può non ricorrere, mentre è proprio la paura che, per antonomasia, deve bandire essa ragione.
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