DALL’ULTIMA DIREZIONE DEL PSI di Roberto Biscardini
03 giugno 2014

Con qualche giorno di ritardo, commento anch’io i lavori della direzione del PSI di mercoledì scorso, conclusasi con un’indicazione del segretario del Partito di rafforzare il cosiddetto Patto federativo con il PD in sede locale in vista delle elezioni amministrative e regionali del prossimo anno. Dico “cosiddetto” perché nel mio intervento in direzione ho fatto notare quante contraddizioni ci siano in questa posizione. - Si invoca un Patto federativo di cui il PD ha dimostrato finora di non conosce neppure l’esistenza, (vi immaginate Renzi che chiama i socialisti prima di prendere una decisione?). Si da peso ad un Patto quindi unilaterale e non riconosciuto dall’altro contraente. Patto certamente non paritario e impossibile quando una forza politica è da 40 a 80 volte più grande dell’altra. - In profonda contraddizione anche con se stesso, Nencini non vuole ammettere che promuovere un Patto federativo tra due forze, vorrebbe dire avere all’orizzonte l’obiettivo della loro unificazione (Stati Uniti d’America appunto). Non ammetterlo, riaffermando la propria autonomia, è ancora più grave, è il peggio che si possa fare, perché è un sostanziale imbroglio sia verso il PD sia verso i socialisti. Una sorta di effetto illusionistico, che serve solo a mascherare una confluenza silenziosa nel PD, con un’unica possibile conseguenza: i socialisti rischiano di andare nel PD alla spicciolata senza bisogno neppure di aspettare il partito. - Nel partito ci sono naturalmente altre posizioni, diverse da quella del segretario: una molto onesta, anche se non la condivido per nulla, che pensa alla confluenza nel PD subito, in forma organizzata o in forma individuale (i sostenitori di questa tesi mi sembra che privilegino la seconda ipotesi, non avendo nessun bisogno di Nencini per andare nel PD). Altri guardano ad altre forze e a SEL in particolare, ma con poca convinzione. Io ed altri compagni abbiamo sostenuto la necessità di ripromuovere in forme diverse un’area politica socialista autonoma, che difenda i valori della cultura socialista. Un’area che non solo ha ancora un senso politico, ma anche un ruolo da svolgere e uno spazio politico da rappresentare. Contemporaneamente ho sostenuto che, allo stato attuale, con un partito così fiaccato, (assente dalla scena politica almeno da due anni) non si va da nessuna parte e non ha senso porsi il problema di andare da qualche parte. Se non si mette mano, prima di ogni altra cosa, al suo rilancio e al suo rafforzamento e alla definizione di una minima ma efficace proposta politica verso l’esterno, non ci si da un obiettivo da raggiungere, nessuna ipotesi sarà praticabile. Alla fine prevarrà soltanto l’agonia. Non ultimo, il partito rischia di essere minato alla radice per essere venuti meno, negli ultimi due anni, i più elementari legami di solidarietà interna (si veda il disastroso comportamento di molti dirigenti nei confronti dei nostri candidati alle europee, abbandonati a se stessi, nella convinzione che non fosse necessario sostenerli, perché già dati per assolutamente perdenti). Ma per percorrere una strada di rilancio di un’area socialista nel paese, che io credo assolutamente necessaria, occorre riscoprire quel coraggio che dalle primarie del 2012 ad oggi al partito è assolutamente mancato. Bisogna avere il coraggio di far valere una propria politica almeno su due questioni strategiche: il valore della democrazia dentro una riforma dello Stato sempre più necessaria (dopo quarant’anni adesso anche altri lo sostengono) e la soluzione di alcuni nodi di fondo della nostra economia. E’ su questi temi che bisogna trovare il modo di dire cose semplici, forti e riconoscibili, rimuovendo la nostra totale afonia. Terreni peraltro sui quali Renzi e il PD dovranno dare prova di concretezza e di efficacia nei prossimi mesi. In conclusione non credo che basti, come ha sostenuto il nostro segretario, rilanciare il Patto federativo per portarsi a casa qualche posto alle prossime amministrative. Non sarà così, così come non è stato adesso. Già oggi quel Patto non si è trasformato in nulla. Non si è trasformato neppure in un banale accordo elettorale. Non abbiamo eletto nessun parlamentare europeo, nessun consigliere regionale e a livello locale i pochi eletti hanno ottenuto qualche risultato solo contando sulle loro capacità e forze a prescindere dal ruolo del partito. Non hanno potuto contare né sul PSI, né sui nostri parlamentari, né men che meno sul cosiddetto patto; anzi se fosse stato per il PD ci avrebbero cancellato ovunque. Chiedere ai compagni a livello locale di andare a trattare con il PD il patto federativo, senza una copertura che non è arrivata e non arriverà dal livello nazionale, è come dire “fate quel che potete” e “si salvi chi può”. Infine altre tre questioni. Primo. Detto questo non credo opportuna un’adesione individuale o collettiva dei socialisti al PD. Infatti nonostante la partecipazione al PSE, il PD non ha alcuna intenzione di essere socialista. Nello schematismo europeo non poteva fare diversamente, non aveva alternativa (avrebbe potuto aderire al PPE insieme a Forza Italia? Certamente no, e quindi non aveva altra strada). Il PD è espressione di una cultura politica che poco c’entra con quella socialista. Vuole essere per sua stessa ammissione il “partito della nazione”, cerca di fondere tradizioni diverse, tutte se fosse possibile, per collocarsi su un terreno neutro. Alla meglio, e ripeto alla meglio, è l’espressione di quella DC (tanto criticata dai comunisti), partito di centro che guardava a sinistra (con la quale si può e si deve fare i conti anche oggi come allora, ma che è cosa ben diversa da una forza socialista e di sinistra). Secondo. Sul terreno democratico, possiamo aderire ad un partito la cui concezione della democrazia lo porta ancora a proporre una legge elettorale senza preferenze e senza collegi uninominali? Possiamo stare dentro un partito che propone ancora un parlamento di nominati? Terzo. Siamo d’accordo con la tesi, e le tante sollecitazioni, affinché il PD sia l’unico partito della sinistra italiana (concezione rafforzata dell’idea veltroniana del partito a vocazione maggioritaria)? E’ di questo che ha bisogno la sinistra? Credo proprio di no. Credo che la sinistra italiana abbia ancora bisogno di una forza politica di ispirazione socialista e democratica, ma soprattutto la sinistra, come in tutto il resto del mondo occidentale, è più forte se più articolata e plurale. Penso che per il bene di tutta la sinistra, anche il PSI dovrebbe mettersi a disposizione della costruzione di un’area politica nuova, non conformista e non manichea. Un’area disposta a spostare le macerie sotto le quali tutta la sinistra riformista è stata sommersa in questi ultimi decenni. Un’area che con il PD discute e si confronta, ma è un'altra cosa. Per concludere, le ultime vicende, veramente poco esaltanti per il PSI, mettono in evidenza come la politica finora perseguita dal partito abbia mostrato la corda da tanti punti di vista. I risultati sono sempre più negativi e la prospettiva non c’è. Solo un congresso, o un confronto sincero al nostro interno, potrebbe fare chiarezza e giustizia di tanti errori. Un momento nel quale ciascuno possa assumersi proprie responsabilità. Non consentendo né a Nencini, né ad altri di avere troppi piedi in troppo scarpe.
Vai all'Archivio