COSTRUIRE LA SINISTRA CHE NON C’È di Roberto Biscardini
01 settembre 2019
Fin dall’inizio di questa crisi molti di noi (molti di noi a sinistra) si
sono augurati che nascesse un governo per non regalare alla destra una vittoria
elettorale e al paese un governo Savini-Maloni. Una cosa immonda, che non ci
potevamo permettere, se l’obiettivo è tentare di salvare l’Italia dal disastro che stiamo correndo. Se vogliamo salvare almeno un po’
la nostra credibilità internazionale e recuperare quella che abbiamo perso.
Quello che nasce è quindi un governo che dovremo giudicare nei fatti. Non
piace? E’ un governaccio? E’ un pastrocchio? E' un governo motivato dalla
volontà dei maggiori contraenti di non volere andare a votare? Gli uni per non
perdere troppi pezzi, gli altri per salvaguardare il gruppo parlamentare
uscente? Un governo che somma due debolezze politiche, quella del M5S e del Pd?
E’ un governo delle contraddizioni (forse meno di quelle che caratterizzavano
l’alleanza tra 5S e Lega)? E’ perfino un governo che nasce all’insegna della
lunga tradizione giustizialista di entrambi? E del peggio della storia politica
degli uni e degli altri? Può essere. Ma nelle condizioni date non si poteva
avere di meglio.
Il merito maggiore va a Conte. Bisogna avere il coraggio di ammetterlo. Senza
di lui Salvini sarebbe ancora lì a dare le carte.
Il quadretto sembra chiaro. Coloro che preferiscono questo governo
all’eventualità di nuove elezioni, non sostengono che sia il meglio, né vi
aderiscono cecamente, ma si aspettano di poterlo giudicare nel concreto. La
destra che lo contrasterà in ogni modo farà il suo mestiere. La sinistra che lo
critica non sembra avere più nemmeno la credibilità per farlo.
Ecco il punto, la sinistra va ricostruita, su basi nuove, pressoché da zero.
Perché non c’è.
Come ha scritto Alberto Benzoni recentemente: “In tale contesto l’avere evitato
le elezioni, puntando sull’alternativa di un governo politico costituisce
oggettivamente un titolo di merito. Dipenderà dal programma e dalla sua natura
di svolta non solo rispetto al passato prossimo del governo gialloverde ma
anche a quella, prolungato, della sinistra di governo negli ultimi decenni. E
dipenderà anche dall’entrata in campo della “sinistra che non c’è” e dalla sua
capacità di intervento e di mobilitazione”.
Ma qual è la “sinistra che non c’è” e che potrebbe entrare in campo? Intanto
quella che scendendo dal proprio piedestallo, si assume la responsabilità di
affrontare le situazioni per quel che sono e al meglio. Sporcandosi le mani.
Nella consapevolezza che la politica è comunque e sempre l’arte del possibile.
Non qualcosa d’altro.
Quella disposta a giudicare questo governo per le cose che farà e per quelle
che non farà.
Ma sopratutto quella in grado di costruire una fase nuova per sé e per il
paese. Cosa possibile proprio per lo spazio enorme che si è aperto con questa
fase politica. Uno spazio che chiama tutti alle proprie responsabilità. Uno
spazio politico enorme per tutti coloro che vogliono tornare a contare, da protagonisti
e non da spettatori.
Per fare le cose e non solo commentare gli eventi e i fatti altrui.
Mi ripeto, se non vogliamo trovarci alla prossime elezioni politiche di fronte
all’alternativa di votare ciò che oggi passa il convento, dal Pd a M5S, o di
astenersi, bisogna muoversi, e costruire al più presto un offerta politica
nuova per una domanda enorme che è senza rappresentanza.
Per anni molti di noi socialisti abbiamo inseguito l’obiettivo di ricostruire
una forza politica socialista espressione dell’unità andata dispersa dopo il ’94.
Giusto. Ma non ci siamo riusciti.
Oggi possiamo puntate a qualcosa di molto più grande, più significativo, con un
peso politico in grado di cambiare gli equilibri politici costruiti
nell’imbroglio della Seconda repubblica. Un’unità più grande in grado di
rappresentare quel bisogno di cambiamento vero, per tutti quei milioni di
cittadini che da anni si sono rifugiati nell’astensione, o che hanno votato per
il meno peggio, o contro qualcuno, ma senza tante convinzioni. Milioni.
Una realtà politica più grande, nella quale si possono ritrovare tutti i
socialisti ma non da soli. Una nuova area democratica, di cultura riformista,
di governo e garantista, in grado di non lasciare alla destra l’iniziativa su
temi che solo forze democratiche e liberali sarebbero in grado di affrontare
con senso di giustizia. Una forza che si propone di presentare una propria
lista alle prossime elezione, combattendo in autonomia la propria sfida.
Unendo la rappresentanza socialista, a quella ambientalista, a quelle cattolica
e liberale. Una volta avremmo detto, per riunire in un grande progetto
riformatore, la tradizione liberaldemocratica, quella socialdemocratica, quella
ambientalista e quella popolare.
E’ una proposta che incomincia a camminare, tra i socialisti come in altri.
Spetta a noi, insieme a tanti giovani che pur ci sono, cogliere l’occasione e
farla crescere. Lasciandosi alle spalle vecchie storie, vecchie appartenenze,
vecchi rancori e persino vecchie differenze. Nella consapevolezza che molto è
cambiato e sta cambiando, e bisogna guardare la realtà di oggi con gli occhi
rivolti al futuro.