CORONAVIRUS: MALATTIA O CONTAGIO? di Alberto Benzoni del 28 febbraio 2020

28 febbraio 2020

CORONAVIRUS: MALATTIA O CONTAGIO? di Alberto Benzoni del 28 febbraio 2020

Scrivo queste righe con pena e fatica. Perché si aggiungono alle diecine di migliaia di altre scritte sull'argomento, magari con la pretesa, assurda, di aggiungere qualcosa. Perché possono apparire, "politicamente corrette" o, peggio, rassicuranti. E perché, in definitiva, tutti sanno che il coronavirus è, insieme, una malattia, variabile blanda dell'influenza e un'epidemia nuova e incontrollabile.
Dovremmo noi cittadini, noi autorità, noi classi dirigenti vederla nella sua globalità. Ma ancora non è così; e l'ossessiva contemplazione della minaccia prevale nettamente sull'analisi della realtà. Un po' come accade nei film paurosi, quando lo spettatore è preda del terrore quando vede il nulla che si aggira nel buio mentre assiste tranquillo alla comparsa dell'assassino armato di coltello.
Verrà però ben presto il momento della verità. E verrà quando non ci sarà il caso, lo scandalo cinese, iraniano, italiano con i rispettivi focolai e untori. Perché, nel frattempo, il problema avrà coinvolto, nella sua totalità, ma anche nelle sue dimensioni limitate e controllabili, gran parte del mondo. Allora saremmo costretti a scegliere. O malattia. O contagio. Con la consapevolezza che questa scelta riguarda non solo e non tanto, la gestione di un'emergenza sanitaria.ma il tipo di società e di mondo in cui vogliamo vivere.
La mia modesta opinione è che l'ossessione del contagio è foriera di catastrofe; perché incompatibile con la semplice socialità umana; con la rete di rapporti, basati sulla fiducia, su cui si regge qualsiasi convivenza tra le persone, i popoli e le nazioni.
Sconfiggere questa mentalità non sarà affatto facile ed esigerà l'impegno, personale e collettivo, di ciascuno di noi.. E non sarà facile perché viviamo in un mondo senza strutture e solidarietà collettive, senza regole condivise, un generale disordine in cui prevale la legge del più forte e il "terribile semplificatore".
Ma la posta in gioco è alta. E richiede tutto il nostro impegno.

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