CORONA VIRUS, CAOS ISTITUZIONALE. di Roberto Biscardini del 27 febbraio 2020

27 febbraio 2020

CORONA VIRUS, CAOS ISTITUZIONALE. di Roberto Biscardini del 27 febbraio 2020

Una volta ci bastava poco per preoccuparci della babele dei linguaggi, oggi ci dovremmo abituare alla babele delle ordinanze, che ci piovono sulla testa da tutte le parti, da Roma come dai nostri Comuni. Ma siccome alcune di queste sono chiaramente stupide, il cittadino si sta abituando a cavarsela da solo. Il peggio che poteva capitare.

Alla prova dei fatti il Corona virus ha messo quindi in evidenza soprattutto la debolezza del sistema istituzionale e il protagonismo becero dei nostri governanti, in particolare quelli locali.

In Lombardia e a Milano abbiamo sofferto in questi giorni la schizofrenia di provvedimenti tra loro contraddittori e irrazionali, la cui efficacia è parsa subito poco credibile. Cosicché ognuno ha fatto e sta facendo quello che pensa essere più giusto per se e per gli altri, con senso civico, ma probabilmente anche sbagliando.

Utilizzando mascherine inutili come quella che si è infilata ieri il Presidente Fontana, andando in metrò oppure no a seconda dei casi, aspettando un giorno per fare l’aperitivo.

Appunto un giorno è durata l’ordinanza della chiusura dei bar dopo le 18, alla faccia della serietà di chi l’ha emessa.

La chiusura dei cinema e dei teatri è ormai messa in discussione. Il rettore del Politecnico si lamenta delle restrizioni eccessive per il danno che queste provocano all’economia, dopo aver lui per primo fatto allarmismo chiudendo le Università motu proprio.

Quindi, nessun coordinamento istituzionale tra le Regioni e i Comuni, alcuni dei quali, presi da una smania di protagonismo, sembra proprio essersi divertiti.

Prima tamponi a tutti per disposizione di alcuni Presidenti di Regione, come è stato il caso di Vò Euganeo, adesso una rapida frenata.

A Sesto San Giovanni è stato vietato l’ingresso nei centri commerciali, poi il divieto è stato applicato solo per coloro che non avevano le mascherine, ma le mascherine erano esaurite. Poco importa perché si poteva andare nei paesi vicini.

I locali notturni sono stati presi di mira anche a Milano, perché il moralismo ci dice che è più facile prendere il Corona virus di notte che di giorno, così come è più facile prenderlo durante un aperitivo piuttosto che con il cappuccino del mattino.

A Saronno il Sindaco ha chiuso il mercato per evitare il rischio di “1200 morti”.

E via di questo passo abbiamo esportato nel mondo la nostra psicosi. Prima i lombardi non volevano gli immigrati e adesso si sono trasformati in potenziali immigrati pericolosi per quasi tutto il resto del mondo.

La sintesi è che non si fronteggiano le epidemie con il federalismo delle decisioni, con la babele delle ordinanze e l’isteria della comunicazione.

Stampa e tv hanno, da questo punto di vista, brillato per ignoranza.

A partire da questo continuo uso improprio della parola “governatore”, quasi a far credere che se un’ordinanza è emessa da un governatore è più cogente di quella di un normale presidente di Regione. A partire dalla confusione sul piano scientifico lasciandoci in balia di due possibili alternative, poco più che un’influenza, fino alla pandemia.

Da qui una riflessione su una questione di fondo: il Servizio Sanitario Nazionale deve esse nazionale, soprattutto in casi come questo e di fronte a pericoli di epidemie. Non può essere la sommatoria a macchia di leopardo di poteri locali spesso ispirati da bassissimi interessi di propaganda politica. Deve essere finanziato più di quanto non si è fatto negli ultimi anni, mancano medici, infermieri, strutture e apparecchiature.

E naturalmente è emersa anche l’assenza dell’Europa.

A fronte di un’Europa che non ha mosso un dito sul terreno del coordinamento dell’emergenza, abbiamo di nuovo conosciuto un’Europa dove ogni Stato fa da sé, persino in una logica di competizione tra Stati. E’ virtuoso chi ha pochi contagi, colpevole chi ne ha di più.

Di questo passo ci potremmo trovare con delle restrizioni al diritto di circolazione per gli italiani all’estero e contemporaneamente con il dubbio che all’estero non ci siano contagiati perché non si fanno i controlli sui cittadini sospetti.

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