CONTRASTARE L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA CON TUTTI MEZZI, FINO ALLA SCIOPERO GENERALE di Roberto Biscardini, da Jobs News del 2 agosto 2019
02 agosto 2019
E’ sulla cosiddetta autonomia differenziata che si misurerà nelle prossimi mesi l’esistenza o meno di vera alternativa politica a questo governo e alla Lega in particolare. Fino ad oggi questa alternativa non si è manifestata e non si poteva manifestare. Tutti i partiti all’opposizione sono impotenti e con la coda tra le gambe, perché pesa su di loro l’ambiguità delle posizioni assunte anni fa, e per primo pesa sul Pd. Che ha in casa l’equivoco Bonaccini in Emilia Romagna e che si comportò in modo suicida in Lombardia e in Veneto quando si celebrò il famoso referendum. Un imbroglio per dire che i cittadini veneti e lombardi erano tutti con la Lega e nel quale il Pd ci è cascò in pieno. Infatti dopo essersi espresso a favore dell’autonomia differenziata e dopo aver votato nei consigli regionali a favore di quel provvedimento, ebbe solo alla fine il grande “coraggio” di dare l’indicazione pilatesca dell’astensione. Un disastro, e persino si divise in peggio. Molti suoi sindaci e amministratori si schierarono a favore della Lega a partire da Sala a Milano, Gori a Bergamo e persino Pisapia dichiarò che si poteva anche votare Sì, portandosi dietro un bel pezzo dell’elettorato del Pd. Un disastro senza precedenti che ha messo in evidenza, se ancora ce ne fosse stato bisogno, che quel partito non aveva più una linea politica comprensibile e aveva perso il senso della ragione. Il senso della democrazia, di giustizia, un minimo di coerenza rispetto alla necessità di mantenere in vita un impianto istituzionale unitario, non paradossale, non ibrido e non conflittuale, D’altra parte con la Legge Delrio avevano già dimostrato come un partito “dalle solide basi” può perdere in pochissimo tempo il senso dello Stato con l’aggravante di essere anche partito di sistema.
Ma ritorniamo all’autonomia differenziata, a partire da chi, come quella piccolissima minoranza che votò No, non si astenne e la domenica in cui si tenne il referendum consultivo in Lombardia e Veneto non andò in vacanza, considerava già quella riforma e quel referendum un fatto gravissimo. Una vera sciagura per tutto il paese. E non solo perché non farebbe altro che aumentare la distanza tra Nord e Sud (che un danno per tutti), ma anche perché è una riforma destinata inevitabilmente a produrre un aumento dei costi della spesa pubblica, ad aumentare il debito ed abbassare i servizi, e persino a trascinarsi con sè un possibile aumento della pressione fiscale al Nord.
Una sciagura che va bloccata in ogni modo, contando su una sensibilità popolare e di piazza che ha bisogno però di essere organizzata. Chi lo può fare? Non sembra che siano in grado di farlo i partiti della cosiddetta sinistra, per le ragioni che abbiamo detto. E le scintille che dal basso pur ci sono, non sembrano ancora in grado di produrre un incendio devastante. Possono farlo le istituzioni, se si muovo insieme. Certo il parlamento può ancora far sentire la sua voce. Possiamo persino contare sulla tenuta del M5S, ma anche questo non basta. Gli italiani devono scendere in piazza tutti insieme dal Nord al Sud, trasformando la sottovalutazione che si è registrata fin qui, in un’iniziativa unitaria di vera protesta. Protesta che può nascere da chi meno ce l’aspettiamo, da una ragazza o un ragazzo qualsiasi. Può certo nascere dal basso. Ma oggi la spinta può venire soprattutto dal sindacato. Dalla Cgil, Cisl e Uil, che è la vera e unica forza in campo. Che si è mossa con chiarezza contro questa autonomia distruttiva. I sindacati della scuola hanno fatto un lavoro eccezionale. E la manifestazione unitaria di Reggio Calabria ha segnato un punto di non ritorno. Un eventuale sciopero generale indetto dai sindacati non sarebbe solo lo sciopero dei lavoratori, ma il momento di una grande mobilitazione popolare in grado di cambiare il corso delle cose.
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