CONTARE SOLO SULLE NOSTRE FORZE, di Roberto Biscardini, dall’Avanti della Domenica n°22 dell'11 luglio 2010
26 luglio 2010
Da qui a settembre conosceremo le mosse con le quali il centro-destra tenterà di uscire dalla crisi di governo nella quale di fatto si è infilato.
Dovrà verificare se ci sono le condizioni per salvare la maggioranza su nuovi equilibri e come presentarsi alle prossime elezioni. Alcune cose però sono già chiare.
Il centro-destra che abbiamo fin qui conosciuto non regge più. Da questa situazione non si esce né con il rafforzamento del bipartitismo né con il rafforzamento del sistema bipolare.
La profezia congressuale - che il sistema politico bloccato manifestasse segni di crisi e che i due partiti maggiori, PDL e PD, corressero il rischio della frantumazione - si sta materializzando prima di quanto si potesse prevedere.
Certo l’oggettiva debolezza del PSI, dentro un centrosinistra impossibilitato ad accettare, in quanto figlio legittimo della seconda repubblica, le conseguenze politiche di una crisi sistemica sul piano istituzionale, economico e morale, non consente da subito di vedere quale ruolo potranno giocare i socialisti in questa partita. Ma ci autorizza a chiarire cosa significa andare in congresso ponendo come obbiettivo irrinunciabile la “ricostruzione del PSI”.
La ricostruzione del Partito, che pur non avverrà in tempi brevi, è un obiettivo possibile prima di tutto per ragioni esterne.
- Perché il sistema politico non è assolutamente assestato sull’attuale modello bipolare. Il sistema politico italiano è destinato a cambiare e noi vogliamo essere in piedi al momento del cambiamento. Vogliamo partecipare alla costruzione della Terza Repubblica ed essere un partito della nuova Costituente.
- Perché la politica socialista non nasce fuori dal PSI ed è un dovere morale oltreché politico farla vivere. La sinistra senza il socialismo è alla canna del gas.
- Perché, senza una forza politica socialista più consistente non può nascere un’area più vasta di sinistra laica, garantista, riformista e libertaria, capace di dare forma ad un nuovo centrosinistra che abbia come obiettivo il ritorno ad una normalità democratica, in cui sia possibile governare l’Italia senza Berlusconi.
- Perché la crisi economica, che non si è assolutamente esaurita, metterà al centro nei prossimi mesi la politica, aprendo conflitti tra politiche di sinistra e di destra, politiche riformiste e massimaliste. Porterà i socialisti, se lo vorranno, al centro dello scontro dei conflitti sociali e di libertà.
- Infine perché dobbiamo rapportarci all’Europa e al processo di rinnovamento e rafforzamento delle forze socialiste europee.
Certo la costruzione di una nuova forza del socialismo in Italia si potrebbe fare più rapidamente in compagnia di altri, se trovassero le ragioni di credere nel socialismo. Ma la dovremo fare da soli, con tempi più lunghi, se non troveremo altri compagni di viaggio.
Per questo il PSI ha bisogno in primo luogo di essere un partito vivo. Ha bisogno di un gruppo dirigente che si impegna per riannodare a livello nazionale come a livello locale i fili di una nuova organizzazione. Per perseguire con continuità e con coraggio battaglie politiche forti, distintive e strutturali (inutile disperdersi in tanti rivoli), per trasformare idee in azioni e conquistare quella visibilità che ad oggi non siamo stati ancora in grado di avere.
Il PSI ha bisogno di ricostruire una comunità di persone che in questo progetto ci credano davvero. Che si impegnino su una battaglia di medio e lungo periodo, ben oltre la data delle prossime elezioni politiche (la nostra storia non può finire lì), che guardino al futuro e lavorino per le generazioni più giovani. Nel partito chi ci crede deve essere messo nella condizione di poter lavorare, chi ha perso ogni speranza non può ostacolare gli altri.
D’altra parte il solo terreno sul quale è ancora possibile reimpiantare un partito che possa mettere radici durevoli é il terreno della “convinzione”, uscendo dall’equivoco secondo cui non ci sarebbe più né spazio né prospettiva. Questo continuare nell’assuefazione del “non c’è più nulla da fare”, o “il partito è troppo debole”, produce solo delusione, allontana i credenti, non costruisce consensi e distrugge il partito.
Questo è il primo chiarimento che il congresso deve fare. Richiamando alla coerenza tutti coloro che confermano l’adesione al partito e si assumono responsabilità ad ogni livello. Nel partito si lavora per crescere, non per aspettare un salvatore esterno. In politica non accade mai. Mi limito a tre questioni sulle quali orientare il nostro lavoro.
Primo, bisogna contare sulla nostra capacità di innovazione nella produzione delle idee e di ritornare nel vivo dello scontro politico.
Secondo, a sinistra bisogna essere assolutamente chiari, in primo luogo con il PD. Al di là delle esigenze elettorali di coalizione, nella quale comunque ci si sta in modo autonomo, è il momento di entrare con decisione nella diaspora politica del centrosinistra. Caratterizzando, forzando, marcando lo spartiacque. I socialisti non possono sottovalutare la responsabilità del PD, per aver fatto passare l’idea dell’esclusione e della fine del socialismo in Italia come in Europa. Nei confronti del PD si deve esprimere la nostra contrarietà ogni qualvolta ci si trovi di fronte a manifestazioni di tipo giustizialista e ad ogni tentativo di rinascita del cattocomunismo. In altre parole saremo contrari al PD ogni qualvolta si manifesti con una posizione estranea alla tradizione socialista.
Terzo, dobbiamo dare senso politico ed essere chiari rispetto alle prossime scadenze elettorali nazionali. Quando si assume la decisione congressuale di presentare la lista socialista alle prossime elezioni politiche del 2013, non lo si fa per ragioni nostalgiche, ma si indica un percorso di lavoro su cui impegnare tutte le energie disponibili per raggiungere quell’obiettivo. Garantendo peraltro, non ad un gruppo dirigente ristretto, ma ai territori la possibilità di giocarsi alla pari la carta di ritornare in parlamento. Se ci fossero elezioni anticipate? Se l’attuale maggioranza dovesse implodere? Vedremo. Ma intanto il Congresso dovrebbe vincolare il Partito a dire no a confluenze in altri simboli. No a candidati socialisti nelle liste del PD o in SEL, che peraltro non vedo, entrambi, messi così bene, da essere in condizione di regalare seggi. No ad alleanze in cui non sia visibile la nostra presenza e il nostro simbolo. Almeno questo non pregiudicherebbe il lavoro per la “ricostruzione socialista” che dal giorno dopo il congresso siamo impegnati ad avviare.