CONGRESSO PSI DI PERUGIA, Roberto Biscardini, sintesi intervento, 10 luglio 2010
29 luglio 2010
Due anni fa, con il congresso di Montecatini, abbiamo salvato il partito in un momento delicato della politica dei socialisti italiani. Eravamo rimasti senza gruppo dirigente ed eravamo circondati da coloro che non credevano più nella possibilità di riorganizzare il partito.
Ci siamo rimboccati le maniche, con entusiasmo abbiamo ripreso il cammino. Pensando di avere davanti a noi un anno di lavoro per affrontare le elezioni europee del 2009 con il nostro simbolo. Vedevamo lì l’occasione della rivincita.
Ma così come Veltroni tentò di ucciderci nel 2008, così Franceschini ha voluto la modifica della legge elettorale per le europee e ha interrotto un percorso che avevamo iniziato con coraggio riprendendo la pubblicazione di Mondoperaio, iniziando con Vieste il confronto sulle proposte programmatiche sfociate nei 4 progetti di legge di iniziativa popolare, fino alla conferenza programmatica di qualche mese fa.
Ma la modifica della legge elettorale delle europee cambia quindi il corso della nostra iniziativa.
Nasce in quell’occasione l’alleanza elettorale di Sinistra e Libertà, che dopo le europee abbiamo tentato di difendere come alleanza elettorale per le future scadenze.
Purtroppo anche questo obiettivo non andò in porto come volevamo: ci è stato posto il problema di trasformare quella alleanza in un nuovo partito. Ma a questa richiesta abbiamo giustamente risposto con un secco NO.
Abbiamo detto: il PSI non è scioglibile, alcuni di noi in modo più forte altri con voce più flebile, ma alla fine è finita fortunatamente così.
Nencini non fa il vice di Vendola ed oggi siamo qui non a celebrare la confluenza in un altro partito, ma a celebrare, visto che siamo tornati al vecchio nome, il 48° Congresso del PSI.
Certo, in mezzo a mille difficoltà abbiamo fatto il massimo.
Tutto bene quindi? NO assolutamente NO.
Non va tutto bene e mi sembra strano che qualcuno lo possa pensare.
Non coglieremmo il malessere diffuso tra i compagni.
Non troveremmo i motivi per uno salto di qualità ormai assolutamente essenziale.
La parola magica di questo congresso è, dal mio punto di vista, RICOSTRUZIONE DEL PSI, ricostruzione di una forza socialista in Italia, ricostruzione di una cultura socialista. Una prospettiva che si può perseguire, perchè ci sono tutte le condizioni perché ciò avvenga, sia per ragioni strutturali che per ragioni politiche.
La ricostruzione del Partito, che pur non avverrà in tempi brevi, è un obiettivo possibile prima di tutto per ragioni esterne.
La prima riguarda la crisi economica, che non si è assolutamente esaurita. Essa metterà al centro nei prossimi mesi la politica, aprendo conflitti tra politiche di sinistra e di destra, politiche riformiste e massimaliste. Porterà i socialisti, se lo vorranno, al centro dello scontro dei conflitti sociali e di libertà.
La crisi economica in tutto il mondo mette in campo la politica.
La politica può mettere in campo i socialisti anche in Italia.
Basta affrontare il tema di chi paga la crisi, di quale ruolo deve avere lo Stato, di cosa significa rigore, di come si garantisce una politica dei servizi pubblici, di come si affrontano i problemi del lavoro, di come si coniuga questione sociale e diritti e libertà, per capire quanto spazio politico abbiamo davanti a noi.
La crisi obbliga inoltre a rapportarci in modo diverso all’Europa e al processo di rinnovamento e rafforzamento delle forze socialiste europee.
Pone a tutti il problema di guardare con molto più puntualità ai problemi del paese, anche nelle diversità esistenti tra le sue grandi aree geografiche ed economiche: il Nord, il Centro e il Sud.
Anche sulla base di questa attenzione, dovremmo organizzare io partito.
La seconda ragione riguarda il sistema politico che non è assolutamente assestato sull'attuale modello bipolare. Il sistema politico italiano è destinato a cambiare e noi vogliamo essere in piedi al momento del cambiamento.
Vogliamo partecipare alla costruzione della Terza Repubblica ed essere un partito della nuova Costituente. Per modificare la Carta Costituzionale anche nella sua prima parte, così come il progetto di legge di iniziativa popolare indicava.
A settembre conosceremo le mosse con le quali il centrodestra tenterà di uscire dalla crisi di governo nella quale di fatto si è infilato. Dovrà verificare se ci sono le condizioni per salvare la maggioranza su nuovi equilibri e come presentarsi alle prossime elezioni. Alcune cose però sono già chiare. Il centrodestra che abbiamo fin qui conosciuto non regge più. Da questa situazione non si esce né con il rafforzamento del bipartitismo né con il rafforzamento del sistema bipolare. La nostra profezia congressuale che il sistema politico bloccato manifestasse segni di crisi e i che due partiti maggiori, PDL e PD, corressero il rischio della frantumazione, si sta materializzando prima di quanto di potesse prevedere.
Così come abbiamo più volte detto, siamo nel bel mezzo di una crisi sistemica sempre più chiara, sia sul piano istituzionale, come su quello economico e morale.
Abbiamo di fronte a noi le maceri della Seconda Repubblica, e sempre più cittadini, compreso qualche noto commentatore, incomincia ad invocare più politica per ritornare ad una normalità democratica.
Questo è lo straordinario spazio politico nel quel possiamo di nuovo tornare ad essere utili.
Stiamo entrando nella rivoluzione che da anni abbiamo in qualche modo auspicato e non dobbiamo lasciarci sfuggire questa occasione.
Mollare adesso sarebbe un errore imperdonabile.
Questo Congresso, assolutamente straordinario anche se ordinario, deve cogliere questa grande novità: dopo sedici anni, possiamo ricostruire il PSI perché ci sono le condizioni per farlo.
Bisogna avere consapevolezza che le carte da giocare ci sono, bisogna avere il coraggio di giocarle.
Intanto una cosa è certa anche in Italia come nel resto del mondo, la sinistra senza il socialismo non c’è. Senza una forza politica socialista più consistente non può nascere un’area più vasta di sinistra laica, garantista, riformista e libertaria, capace di dare forma ad una nuova alleanza vincente nel Paese.
Certo la costruzione di una nuova forza del socialismo in Italia si potrebbe fare più rapidamente in compagnia di altri, se trovassero le ragioni di credere nel socialismo. La faremo da soli, con tempi più lunghi, se non troveremo altri compagni di viaggio.
Per questo il PSI ha bisogno in primo luogo di essere un partito vivo. Ha bisogno di un gruppo dirigente che si impegna a livello nazionale come a livello locale a impiantare una nuova organizzazione e produrre idee forti.
Inutile disperdersi in tanti rivoli, solo così ci conquistiamo una visibilità che oggi nessuno ci ha ancora concesso.
Il PSI ha però bisogno di allargare la comunità di persone che in questo progetto ci credano davvero. Che si impegnino su una battaglia di medio e lungo periodo, ben oltre la data delle prossime elezioni politiche (la nostra storia non può finire lì), che guardino al futuro e lavorino per le generazioni più giovani.
D’altra parte il solo terreno sul quale è ancora possibile reimpiantare un partito che possa mettere radici durevoli é il terreno della “convinzione”, uscendo dall’equivoco secondo cui non ci sarebbe più né spazio né prospettiva.
Un partito che assegna la possibilità di crescere alla sua autonomia e alla difesa prioritaria della laicità. Questo è il primo chiarimento che il congresso deve fare. Richiamando alla coerenza tutti coloro che confermano l’adesione al partito e si assumono responsabilità ad ogni livello.
Per questo, come ho già avuto modo di dire, mi limito ad indicare tre obiettivi di lavoro sui quali concentrare la nostra attenzione.
- Primo, bisogna contare sulla nostra capacità di innovazione nella produzione delle idee e di ritornare nel vivo dello scontro politico., avendo un idea di come vogliamo che sia e possa essere questo paese tra qualche anno.
- Secondo, a sinistra bisogna essere assolutamente chiari, in primo luogo con il PD. Al di là delle esigenze elettorali di coalizione, nella quale comunque ci si sta in modo autonomo, è il momento di entrare con decisione nella diaspora politica del centrosinistra. Caratterizzando, forzando, marcando lo spartiacque tra noi e loro (Bersani è venuto qui a dirci che vorrebbe lavorare con noi. Anche noi vorremmo lavorare con lui sul territorio se i suoi compagni lo volessero. Ma comunque, per chiarezza, noi siamo intenzionati a lavorare con tutti).
I socialisti non possono sottovalutare la responsabilità del PD, per aver fatto passare l’idea dell’esclusione e della fine del socialismo in Italia come in Europa. Quindi nei confronti del PD si deve esprimere la nostra contrarietà ogni qualvolta ci si trovi di fronte a manifestazioni di tipo giustizialista e ad ogni tentativo di rinascita del cattocomunismo. In altre parole saremo contrari al PD ogni qualvolta manifesti posizioni estranee alla tradizione socialista.
- Terzo, dobbiamo dare senso politico ed essere chiari rispetto alle prossime scadenze elettorali nazionali. Quando si assume la decisione congressuale di presentare la lista socialista alle prossime elezioni politiche del 2013, così come è scritto nel documento congressuale unitario, non lo si fa per ragioni nostalgiche, ma si indica un percorso di lavoro su cui impegnare tutte le energie disponibili per raggiungere quell’obiettivo. Garantendo peraltro, non ad un gruppo dirigente ristretto, ma ai territori la possibilità di giocarsi alla pari la carta di ritornare in parlamento. Ma se ci fossero elezioni anticipate? Se l’attuale maggioranza dovesse implodere? Vedremo. Ma intanto il Congresso dovrebbe vincolare il Partito a dire no a confluenze in altri simboli. No a candidati socialisti nelle liste del PD o in SEL. No ad alleanze in cui non sia visibile la nostra presenza o il nostro simbolo. Almeno questo non pregiudicherebbe il lavoro per la “ricostruzione socialista” che dal domani siamo impegnati ad avviare.
Come avete visto ho scelto di parlare soprattutto di noi e di quelle prospettive socialiste che possiamo costruire contando sulla nostra intelligenza, sulla nostra volontà e sulle nostre forze.
Un partito più sicuro di sè, che non aspetta un salvatore esterno per andare avanti o per andare in Parlamento.
Una comunità socialista che a Roma come sul tutto il territorio lavora perché ci crede.
Una posizione che, in assoluta autonomia, ci consente di tornare in gioco, di parlare con tutti, di riaprire rapporti politici nuovi, di rafforzare quelli vecchi, riaprire rapporti con il sindacato, di riaprire rapporti con la stampa e non essere isolati.
Si è isolati se stiamo fermi ad aspettare che qualcuno raccatti qualcuno.
Se siamo convinti di questo dato di fatto, oggettivo, dopo anni e anni questo è un congresso che può segnare l’inizio di una svolta. A condizione che nel nostro lavoro ci sia un’assoluto bisogno di discontinuità, anche organizzativa, che riguarda tutti nessuno escluso.
Tra un anno potremo riconvocare un’assise organizzativa o programmatica, fare il bilancio del lavoro svolto, delle cose fatte e dei successi realizzati. Potremo aggiustare ciò che ancora ci sarà da aggiustare, aggiorneremo il PATTO tra il gruppo dirigente e tutti gli iscritti. Verificheremo se saremo riusciti ad aprire un rapporto nuovo con l’area larga del socialismo italiano, quella che si annida nella delusione di chi è andato a destra e di chi è andato a sinistra, inutilmente. Un’area tutta da costruire, un’area di ex socialisti, di simpatizzanti, di giovani che spesso, per mille ragioni, per miopia, sottovalutiamo.
Il Patto, di cui ha parlato anche Nencini, implica che ciascuno si assuma le specifiche responsabilità. Cose concrete da fare. Giocandosi la “vita”, se necessario. E poi si tirano i conti.
La ricostruzione del PSI non è impossibile e per questo progetto, molti di noi vogliono lavorare.