CONFRONTO SULL'UNITA' SOCIALISTA 8 - Enrico Boselli, Le idee-forza di un progetto laico, socialista e radicale - Capranica. 29 settembre 2005

06 ottobre 2005

CONFRONTO SULL'UNITA' SOCIALISTA 8 - Enrico Boselli, Le idee-forza di un progetto laico, socialista e radicale - Capranica. 29 settembre 2005

Questo nostro incontro deve essere una delle ultime fasi per riuscire a ricostruire il filo di una storia comune del movimento socialista italiana, rafforzando contemporaneamente l’intesa con i radicali, emersa dal recente Convegno di Fiuggi. E’ importante che oggi ci ritroviamo insieme a discutere sul nostro futuro con il segretario della UIL Luigi Angeletti, con il segretario del Nuovo PSI Gianni De Michelis e con Bobo Craxi. Ed è significativo che a questo confronto partecipi Marco Pannella, Daniele Capezzone, segretario dei radicali italiani e Marco Cappato segretario dell’Associazione Luca Coscione. Non è certo questa la sede nella quale arrivare ad un approdo definitivo, ma oggi si può ulteriormente sviluppare il nostro dialogo che dovrà trovare il momento risolutivo e finale nel prossimo Congresso del Nuovo PSI.

Noi abbiamo l’ambizione di chiudere la stagione dei socialisti divisi ed aprire quella dei socialisti uniti. Alle nostre spalle vi sono state divisioni politiche che non sono state di modesta portata, ma hanno determinato persino una diversa collocazione nello schieramento politico italiano. Su ciò che è accaduto ciascuno di noi conserva il proprio punto di vista, ma è sul futuro che noi dobbiamo costruire l’unità di tutti i socialisti. La volontà di ritrovarci finalmente insieme nasce dalla tradizione e della memoria che riconducono tutti noi ad una comune identità ideale e politica. Sappiamo, però, bene che nulla si può costruire con lo sguardo rivolto solo al passato, alla nostra comune militanza nel PSI e nel PSDI, alle lotte secolari del movimento socialista per la libertà e la giustizia sociale, per la sicurezza e la pace. L’unità non è un atto che si può fondare solo sulla nostra storia comune, ma richiede scelte politiche importanti ed impegnative per il futuro. Nenni ricordava sempre che l’unità deve fondarsi sulla chiarezza. Senza chiarezza non costruiremo nulla di solido né per noi né per il Paese.

Quindi, io parlerò con il linguaggio della chiarezza, non aggirerò i problemi che ci stanno di fronte, entrerò nel merito delle questioni che dobbiamo affrontare.

Siamo a meno di un mese dal Congresso del Nuovo PSI. Sappiamo tutti qual è il nodo fondamentale da sciogliere: la collocazione politica e di schieramento. Ripeto quella che io considero una pura e semplice constatazione dalla quale nessuno può sfuggire: i socialisti in Italia e in Europa, come nel resto del mondo, si collocano naturalmente e storicamente a sinistra e contro le destre. Noi abbiamo sempre detto che, se il Nuovo PSI si fosse ricollocato a sinistra, l’unità socialista sarebbe stata bella e fatta. Non ho cambiato questo che è un mio radicato convincimento. Del resto la strada dell’unità si aperta quando all’interno del Nuovo PSI è venuta maturando il tema di una ricollocazione nella sinistra italiana. Senza che si fosse avviato questo processo, non staremmo neppure qui a parlare oggi di unità, ma faremmo solo amare considerazioni sul persistere delle divisioni. Non si tratta di una scelta di poco conto. Comprendo i sentimenti e risentimenti che hanno spinto socialisti a rifugiarsi nel centro destra, ma considero che questa fase sia ormai definitivamente conclusa da qualsiasi punto di vista. Molte cose che sono cambiate e molte altre che continueranno a cambiare contribuiscono a far superare quella che era e resta un’anomalia: un partito socialista alleato alle destre.

La politica non ammette pause di riflessione. Incalza il momento delle decisioni che non possono essere rinviate all’infinito. Il contrasto tra la maggioranza di centro destra e l’opposizione di centro sinistra è destinato ad acutizzarsi. Occorre schierarsi. Nessuna può permettersi di fronte a questo stato di cose di rifugiarsi in un limbo, di prendere ulteriore tempo o di vagheggiare o rincorrere un terzo polo equidistante dalla destra come dalla sinistra che non esiste e che se esistesse non potrebbe comunque essere la nostra collocazione. Il momento delle decisioni si avvicina per tutti.

Tutto possiamo pensare meno che questo confronto tra i socialisti si possa protrarre indefinitivamente, facendo un passo avanti seguito da due indietro. Noi ci aspettiamo dal Congresso del Nuovo PSI – e lo dico apertamente e con spirito di amicizia - una scelta chiara a favore del centro sinistra, con tutte le conseguenze che immediatamente comporta: il ritiro della delegazione dal governo e il passaggio all’opposizione. Fatto questo, l’unità tra lo SDI e il Nuovo PSI potrebbe avvenire il giorno dopo. Se però non si ritiene che ci siano le condizioni per un’unificazione immediata, si potranno due partiti socialisti rinviando l’unità organica a dopo le elezioni politiche. Nessuno vuole fare forzature che potrebbero creare più problemi di quanti contribuirebbero a risolvere. L’unità sarebbe comunque da subito un fatto compiuto.

Noi non consideriamo l’unità socialista fine a se stessa. Sentiamo, anzi, forte il rischio di avviare un processo di riunificazione dei socialisti che crei una ‘cosa vecchia’, invece che una ‘cosa nuova’. Se imboccassimo questa strada, forse riusciremo a soddisfare una esigenza di unità, largamente sentita, ma non riusciremo a far capire ai cittadini che noi vogliamo introdurre un forte fattore d’innovazione nella politica italiana e in particolare nella sinistra italiana di cui noi facciamo parte integrante. La nostra ambizione deve essere più elevata. Per questo motivo noi abbiamo ritenuto l’unità socialista una condizione necessaria ma non sufficiente per mettere in campo una forza che possa positivamente condizionare il futuro del centro sinistra. Il confronto tra lo SDI e i radicali, che è iniziato con un patto di consultazione, non è un’appendice da aggiungere all’unità dei socialisti. E’ qualcosa assai più importante sul piano politico, programmatico e strategico, come è del resto emerso nel nostro recente Convegno di Fiuggi. Si tratta, infatti, di costruire entro la metà di novembre un nuovo soggetto politico laico, socialista, radicale e liberale, che sarà per davvero la più importante novità emersa in questa fase della politica italiana.

Chi pensa che avremmo dovuto rinchiuderci come socialisti in noi stessi, coltivare una sorta di spirito di rivincita, puntare puramente e semplicemente a perseguire un sorta di percorso all’indietro, ignora che nella storia noi non siamo stati solo una forza riformista di governo ma anche un fattore di movimento e d’innovazione. Tutta l’attuale attenzione rivolta a noi socialisti non sta solo nella nostra ricerca di unità ma anche nel fatto che ancora una volta stiamo tentando di rompere vecchi schemi, di chiamare a raccolta settori dell’opinione pubblica ben più larghi del nostro elettorato di appartenenza, di intessere nuovi rapporti con il mondo della cultura e della scienza che è stato sempre un motore formidabile delle nostre capacità politiche e strategiche.

I socialisti uniti da soli non sono in grado di portare avanti un disegno così ambizioso. Non si tratta tanto di mancanza di forza elettorale, per cui saremmo costretti ad allearci con i radicali al solo scopo di superare la barriera del 4%, ammesso che non venga cambiata la legge elettorale. La convergenza tra socialisti e radicali nasce dal fatto che solo mettendo insieme le nostre rispettive risorse ideali, politiche e culturale possiamo essere in grado di esprimere una grande novità. Il nostro interesse è soprattutto sulla qualità del processo che abbiamo messo in moto, rispetto alla messa insieme dei rispettivi gruppi dirigenti e dei rispettivi elettorati. Del resto, è dimostrato dall’esperienza che le unificazioni, meccaniche e senza anima, non riescono neppure a sommare i voti dei partiti contraenti.

Noi non pensiamo di presentare alle elettrici e agli elettori biciclette o tricicli, ma un soggetto del tutto nuovo che non è un’invenzione pubblicitaria né una creazione velleitaria e ha radici antiche e forti nella storia dei socialisti democratici e dei liberali riformatori. Nel documento base della Covenzione di Fiuggi abbiamo fatto riferimento a personalità che sono state simboli di questo incontro tra socialismo e liberalismo che troppo frettolosamente Benedetto Croce definì un ircocervo, cioè un animale del tutto innaturale. Del resto, questa ricerca di una nuova frontiera liberal-socialista è stato l’approccio più significativo del nuovo corso di Bettino Craxi. Non è un caso che Marco Pannella si riferisca spesso a Gaetano Salvemini, ad Ernesto Rossi, a Carlo e Nello Rosselli, ad Altiero Spinelli e ad Eugenio Colorni, a Mario Paggi e a Bruno Zevi fino a Loris Fortuna. Queste personalità andarono spesso controcorrente, contrastarono le chiusure dogmat! iche dei socialisti come quelle conservatrici dei liberali, anticiparono processi politici e revisioni ideologiche. Questo filone è stato sempre rappresentato da minoranze che però hanno influenzato positivamente la storia d’Italia. I socialisti nei momenti migliori, come fu l’apertura della stagione del centro sinistra da parte di Nenni, o il nuovo corso aperto da Craxi, hanno tratto da questo filone le idee più innovative, fosse ad esserne l’ispiratore Mario Pannunzio o Norberto Bobbio.

Questa prospettiva non può però solo essere ispirata dai nostri antenati, ma deve trovare riferimenti nella scena politica italiana. Per questo motivo noi abbiamo voluto richiamare, accanto al nostro progetto per le libertà, i nomi di Blair, Zapatero e Fortuna che meglio di altri possono dare un’impronta d’innovazione alla nostra impresa politica.

Come potete constatare, quindi, non c’è nulla di puramente nostalgico nella spinta che sentiamo nel voler costruire l’unità socialista. C’è un impulso ideale e morale che è forte e c’è la volontà di fare i conti con l’Italia di oggi e con quella di domani. Noi siamo al termine della legislatura. Abbiamo di fronte una maggioranza parlamentare che in occasione delle ultime elezioni regionali ed amministrative si è rivelata essere una minoranza nel Paese. Tutto ciò è avvenuto perché siamo stati di fronte a un fallimento delle politiche messe in atto. Basta osservare l’economia reale è ferma e i conti pubblici fuori linea. Le cittadine e i cittadini avvertono che la propria condizione di vita è peggiorata. Non si è fatto davvero nulla sul fronte dei prezzi con la conseguenza che è diminuito il potere d’acquisto di lavoratori dipendenti e pensionati. Chi si aspettava una rivoluzione liberale da Berlusconi che togliesse lacci e laccioli all’economia, che contrasta! sse posizioni di rendita, di tipo monopolistico e oligopolistico, di carattere corporativo è rimasto profondamente deluso. Basta osservare lo stato delle cose nel campo dell’energia elettrica, delle telecomunicazioni, del gas e dell’acqua, per non parlare delle assicurazioni. Il duopolio nel campo dell’informazione televisiva si è trasformato in un monopolio politico, poiché Berlusconi controlla in quanto proprietario, Mediaset, e in quanto leader della maggioranza, la RAI.Nonc’è stato nulla di liberale nel comportamento del capo del Governo.

Siamo ora alla presentazione della finanziaria per il 2006. Invece di spuntare novità, riemergono vecchi vizi. Non c’è una qualsiasi visione dello sviluppo. Condonare è il primo comandamento del ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Così la credibilità dello Stato, cui ha contribuito l’insensibilità del Governatore della Banca d’Italia che ancora non sente il dovere di dimettersi, è scende sempre più in basso. La maggioranza parlamentare, che è divisa su tutto, cerca di unirsi nel tentativo di varare all’ultimo momento una legge elettorale al solo scopo di ridurre la portata di una sconfitta annunciata. Noi che siamo stati e continuiamo ad essere proporzionalisti, assieme agli altri proporzionalisti del centro sinistra, abbiamo detto con chiarezza: si vuole cambiare la legge elettorale? Ebbene, dopo le elezione politiche, si formi un tavolo bipartisan che affronti il problema, partendo dalla convinzione che le regole del gioco non possono essere cambiate a! colpi di maggioranza e all’ultimo momento. In realtà ci troviamo di fronte ad un centro destra che fa un estremo tentativo non per convincere le elettrici e gli elettori delusi e scontenti, ma per cercare espedienti per evitare una disfatta.

Del resto, è sulla base dei pessimi risultati delle politiche del centro destra, e non solo sul fatto che i socialisti sono naturalmente collocati a sinistra, che lo stesso Nuovo PSI può arrivare a scegliere il centro sinistra e a passare all’opposizione. Se si ritenesse che i governi Berlusconi hanno ben operato, allora non si capirebbe il perché di un passaggio di campo e la maturazione che solo a sinistra e contro le destre è possibile affermare i principi di libertà e di giustizia sociale.

Dalle destre c’è oggi la tentazione di spostare il terreno per tentare una controffensiva, da quello dell’economia nel quale si sono registrati solo risultati negativi, a quello della morale nel quale si pensa di avere più carte da giocare dopo il fallimento del referendum sulla fecondazione assistita. Questa appare la strada nel cui percorso si pensa di poter contare sull’appoggio di gerarchie ecclesiastiche che ritengono sia ancora possibile in Italia ciò che non è più possibile negli altri paesi a grande tradizione democratica: rilanciare l’egemonia dei cattolici con una trasformazione di valori in leggi dello Stato. Sono i cosiddetti “teo-con” a rappresentare l’ultima risorsa di un centro destra del tutto esausto e in disfacimento, che è trascinato alla sconfitta da una leadership al tramonto come quella di Berlusconi. Su questa frontiera neo-integralista si è collocato un non credente come Marcello Pera e un cattolico come Pier Ferdinando Casini, pensan! do così di cavalcare un’ondata montante. Non hanno proprio capito l’Italia d’oggi. Occorre anche in questo campo, come stiamo già facendo, contrastare il tentativo di riportare indietro la situazione del nostro Paese per quanto riguarda i diritti civili e le libertà. Alle gerarchie ecclesiastiche, che reclamano un diritto alla parola da nessuno mai negato e che scendono in scena come attori politici, bisogna dire chiaramente che in questo modo pongono le premesse per il superamento di quei privilegi concessi come antico retaggio della travagliata nascita del nostro Stato unitario. Non si può chiedere, infatti, il finanziamento per le scuole cattoliche senza rinunciare nel contempo alla gestione dell’insegnamento religioso in quelle pubbliche. Non si può intervenire a condizionare le scelte politiche senza rinunciare a finanziamenti che sono dati per l’attività religiosa. Noi condanniamo ogni forma di intolleranza, ma chi si pone sul piano della politica corre spesso il risch! io di essere contestato ed anche di essere fischiato.

Noi siamo del parere che di fronte a questa offensiva neo-integralista non bisogna arretrare, mostrare di essere intimiditi, ripiegare sulla difesa di quanto si è riuscito a conquistare sul piano dei diritti civili, ma al contrario bisogna sostenere un orizzonte più avanzato sul terreno dell’abbreviamento delle procedure del divorzio, sull’uso della pillola abortiva, sulle unioni di fatto, sull’eutanasia e su una nuova legislazione non proibizionista sulle droghe. Ricordiamoci sempre che i diritti civili non sono un lusso dei ceti colti e a più alto reddito, ma esigenze che riguardano tutte le cittadine e i cittadini.

E’ sul terreno politico e programmatico che dobbiamo rivolgerci al Paese. Noi, per tradizione, storia e memoria, sia come socialisti la forza che con maggiore tenacia ha portato avanti la questione sociale, che ha difeso i deboli e gli emarginati e che ha puntato sempre alla valorizzazione del Sud. Per i socialisti questa scelta, prima di essere una politica, è un fattore d’identità. Oggi dobbiamo essere capaci proprio su questo terreno di immettere forti dosi di innovazione. Noi siamo coloro che sono a favore della flessibilità, ma non vogliamo che si trasformi in precarietà. Crediamo che si debba creare una nuova rete di sicurezza che consenta a un giovane che ha un lavoro a tempo determinato di poter fare un mutuo per acquistare una casa e di non vivere drammaticamente periodi di disoccupazione temporanea. Noi siamo contro le pensioni di giovinezza non perché vogliamo ridurre la spesa sociale ma perché vogliamo distribuirla in modo più giusto e più equo i! n direzione dei portatori di handicap, degli anziani non autosufficienti, dei disadattati sociali, dei malati. Noi siamo del parere che sia giusto che a pagare in larga parte i costi dell’università siano coloro che ne traggono direttamente vantaggio, puntando ai prestiti d’onore e alla concessione di borse di studio. Con questo spirito vogliamo dare il nostro contributo all’elaborazione del programma dell’Unione di centro sinistra.

Sul terreno della politica estera abbiamo orientamenti sufficientemente chiari. Siamo per un mondo multipolare nel quale tutti possano contribuire alle decisioni fondamentali, innanzi tutto attraverso una riforma dell’ONU. Siamo contro l’intervento unilaterale degli Stati Uniti in Iraq, ma abbiamo considerato positivamente la caduta del dittatore Saddam Hussein. Non siamo affatto per lasciare sola la fragile democrazia irachena, esposta com’è ai colpi del terrorismo, ma crediamo che debba essere una forza multinazionale, con paesi appartenenti al mondo islamico e sotto l’egida dell’ONU, a garantire la sicurezza. Noi ci riferiamo a Blair e Zapatero che sull’Iraq hanno avuto posizioni diverse ma su altri campi posizioni comuni. Zapatero del resto ha una linea che non è affatto isolazionista: ha deciso infatti di mantenere la presenza militare spagnola in Afganistan, ritirando solo il contingente aggiuntivo di 500 persone inviato per le elezioni. Non è quindi i! n discussione la possibilità di intervenire militarmente, bensì il contesto in cui ciò avviene. Non si tratta di essere insensibili alle cause di libertà dei popoli all’insegna del puro realismo ma di farlo con il consenso della comunità internazionale.

Queste nostre posizioni andranno discusse. Non sono un dogma ma la linea che abbiamo sinora seguito e alla quale continuiamo a credere. Il processo unitario tra i socialisti e la più larga intesa con i radicali devono portare al rinnovamento della nostra piattaforma politica e programmatica. Questo nuovo soggetto politico laico, socialista, radicale e liberale, che stiamo costruendo, merita rispetto e considerazione. Noi non accettiamo che s’introducano discriminazioni tra socialisti né preclusioni verso i radicali. Abbiamo parlato il linguaggio della chiarezza con i nostri partners dell’Unione. Noi avvertiremmo come retrocessione dello stesso SDI se si pensasse di tenere fuori dall’Unione il Nuovo PSI e i radicali italiani, relegandoli a un ruolo di alleati di secondo livello proprio quando con noi s’impegnano alla costruzione di un nuovo soggetto federativo. Non accettiamo che si bolli la collocazione del Nuovo PSI nel centro destra come un crimine, mentre! ciò è stato il frutto di sentimenti e di risentimenti che nascono da fasi drammatiche della storia del nostro Paese. Non consentiremo mai di dividere i socialisti in quelli di serie A e in quelli di serie B. Nessuno può dubitare che tuteleremo la dignità di tutti i socialisti.

Noi siamo del parere che vada chiuso una volta per tutte il capitolo che ha riguardato il finanziamento illegale e irregolare alla politica e ai partiti che ebbe un carattere universale, cui vanno sicuramente esclusi i radicali. Noi abbiamo riconosciuto i gravi errori che abbiamo commesso. Abbiamo pagato come comunità e come singoli prezzi altissimi, con lo scioglimento del PSI e del PSDI e con una vera e propria persecuzione che ha investito persone del tutto innocenti. Non vorremmo mai più trovarci nelle condizioni nelle quali ci trovammo allora. Per questo motivo noi dobbiamo mantenere più degli altri un atteggiamento rigoroso nel campo dell’etica pubblica. Ciò che è tollerato in altri, a noi non ci sarebbe perdonato. Dobbiamo tornare ad essere indicati ad esempio di moralità, di senso civico e di dedizione alle istituzioni. Non mi riferisco al fatto di evitare che si ripetano vecchi errori, violando la legge, anche se dobbiamo sempre vigilare e nel caso ! intervenire prima che intervenga – e giustamente – la magistratura. Penso invece all’assoluta necessità di contrastare atteggiamenti che non sono confacenti a chi fa politica e a chi amministra la cosa pubblica, come il clientelismo, il familismo amorale, il lobbysmo. Il nostro modello devono essere i socialisti di una volta, verso i quali si diceva che forse erano sovversivi ma sicuramente erano dei galantuomini. Alla base dell’unità socialista vi deve essere un rigoroso comportamento morale. Voltata la pagina sul passato, dobbiamo darci un codice etico nel quale si stabilisca che chi lo viola è automaticamente escluso dalla nostra comunità, anche se non ha violato alcuna legge dello Stato.

Ecco, care compagne e cari compagni, vi ho detto ciò che penso senza riserve e senza omissioni. L’unità socialista – lo dico a Marco Pannella, Daniele Capezzone e Marco Cappato, è per tutti noi, prima che un dovere politico, un dovere morale. Non è qualcosa che agitiamo per oscurare la novità dell’incontro tra socialisti uniti e radicali italiani, ma il raggiungimento di un sogno che hanno sempre fatto tutti i socialisti da quando si sono divisi e dispersi. E’ anche nel mondo del lavoro e in quello sindacale che i socialisti devono ritrovarsi e riconoscersi. La presenza, qui, di Luigi Angeletti sta a testimoniare che nel più rigoroso rispetto dell’autonomia sindacale ciò è possibile, oltre che essere auspicabile. Lo dico a Gianni De Michelis e a Bobo Craxi. Lo dico a Chiara Moroni che vedo spesso incerta, ma che è attratta dal ritornare assieme a noi che le vogliamo bene nella vecchia casa socialista. L’unità socialista serve al Paese, serve a creare un nuov! o soggetto politico, serve a portare innovazione nella sinistra. Noi siamo pronti.

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