CONFRONTO SULL'UNITA' SOCIALISTA 4 - Antonio Landolfi, Unità nell'autonomia da l'Avanti! del 20 settembre 2005
27 settembre 2005
Nel mese di luglio il Consiglio generale del Nuovo Psi e il Comitato direttivo dello Sdi hanno assunto decisioni positive che possono aprire la strada all’unità socialista. Non poteva essere altrimenti, perché negli ultimi due anni la “domanda di socialismo” in Italia è andata notevolmente crescendo. Lo hanno confermato gli esiti delle ultime consultazioni, in particolar modo nelle regioni meridionali. In esse, l’incremento complessivo dei consensi alle liste socialiste è stato sensibile, perché è riemerso, in forma organica e diffusa, il “nocciolo duro” del socialismo nazionale, che nel Sud ha guidato la presenza elettorale socialista, dal 1948 in poi. Un nocciolo che riappare oggi in tutta la sua evidenza, e che, ove sia superata la diaspora, può esercitare un suo “effetto domino” sul Centro e sul Settentrione del Paese.
Una conferma viene dal campo della cultura politica: rifioriscono gli studi e le pubblicazioni sulla storia socialista, da Mattera a Covatta, da Lagorio alla Colarizi. Si infittiscono le iniziative delle fondazioni “Turati”, “Nenni”, “Craxi”, “Mancini”, insieme a giornali, riviste, di stampo antico e recente. Gli organi di comunicazione non ignorano più gli eventi socialisti. Che altro si attende? Perché perdere un momento così favorevole?. Molte sono, naturalmente, le questioni, tutte però ben sormontabili, solo che lo si voglia. La principale è quella dell’autonomia su cui non si deve essere ipocriti: divisi e deboli, nessuno si illuda di essere autonomo. Con l’unità soltanto può crescere il quoziente di autonomia e di identità. Qual è il progetto, la strada maestra da percorrere? È quella della costituente aperta a tutta l’area socialista, su cui il Direttivo dello Sdi ha dato risposta positiva alla richiesta del Nuovo Psi. Ed è quella della costituzione del polo socialista e laico, innanzitutto con i radicali. Una buona musica per le nostre orecchie. In una ricerca promossa dalla Fondazione “Giacomo Mancini”, coordinata da Simona Colarizi, i cui atti verranno pubblicati nel prossimo autunno, “sulla crescita del voto socialista nell’ambito meridionale”, l’analisi degli studiosi conduce alla conclusione che il consenso alle liste socialiste in tale ambito territoriale è ancora oggi di natura strutturale e organica, e, complessivamente, di rilevante consistenza, ancorché frammentato tra sigle partitiche e di movimento. Inoltre c’è un ulteriore area di consenso parcheggiata nella fascia degli indecisi, che motiva la propria astensione, dichiarandosi disponibile al voto qualora si presentasse un soggetto unitario. Nelle regioni centrali e settentrionali non si registra un’analoga consistenza, ma è ragionevolmente ipotizzabile che una presenza di liste unitarie provocherebbe un effetto “domino” tale da poter determinare un posizionamento nazionale a livello del 5 o 6 per cento. Tanto più se si verificasse una convergenza con l’area laica e radicale.
Quest’analisi ha ispirato al ripresa del dialogo tra Sdi e Nuovo Psi, e dello Sdi con i radicali, nella prospettiva di procedere alla ricostruzione di un soggetto politico comune. Se tale obiettivo venisse realizzato, ne guadagnerebbe il centrosinistra nel suo complesso, sia quantitativamente, perché farebbe affluire nuove forze nella sua area, sia qualitativamente, perché assicurerebbe al suo interno la presenza di uno spazio influente di riformismo autentico, parametrato da una caratterizzazione laica e garantista, fieramente intransigente nella difesa dei valori dello Stato sociale e dello Stato di diritto, più di ogni altra area riformista.
Come ha detto Enrico Boselli, si è aperto un cantiere. Il processo unitario tra i socialisti è in atto, come è in atto e in fase avanzata quello tra i socialisti, i radicali e tutta l’area laica. Per mettere concretamente in atto l’unità socialista, è decisivo il congresso del Nuovo Psi di ottobre, chiamato a dare una risposta positiva alla proposta dello Sdi di convocare una costituente socialista a febbraio. Data questa che deve servire anche a liberare il partito di De Michelis dal trauma di un’uscita dall’attuale compagine governativa, poiché si sarebbe già nella fase dello scioglimento delle Camere e dell’avvio della campagna elettorale.
Più avanzato è il processo di convergenza con i radicali. Favorito dalla scelta, anche inattesa, da parte radicale, di un punto di riferimento comune nel trinomio Blair-Zapatero-Loris Fortuna, tutti socialisti. È un richiamo forte che esprime una volontà di ricongiungimento a una storia e a un progetto socialista ed esprime un sistema di principi comuni destinati a saldarsi in un’iniziativa organica e creativa di nuovi orizzonti, senza cancellare quelli del passato. Un’operazione di questa natura è destinata peraltro ad arricchire il deposito di principi e di valori di tutta la sinistra, alimentando quel processo di revisione che essa nel suo complesso è ancora ben lungi dall’aver esaurito, e che risulta più che mai indispensabile alla sua evoluzione verso una compiuta trasformazione in senso socialista e liberale. A tal fine la questione dell’unità socialista si intreccia con quella del rapporto con i radicali, anch’essi proiettati a creare le condizioni per una ricostruzione dell’area laica e liberale del socialismo, avendo in larga maggioranza espresso l’opzione socialista liberale. I riferimenti al trinomio Blair-Zapatero-Fortuna sono eloquenti, a tale proposito. C’è da augurarsi che una sinergia tra socialisti e radicali non solo si realizzi presto nel nostro Paese, ma si indirizzi anche a livello transnazionale, dove la capacità di iniziativa della Bonino e di Pannella si è dimostrata in tante battaglie di grande efficacia, sia in quella per la moratoria della pena di morte, sia per la costituzione della Corte Penale internazionale, sia per i diritti delle donne musulmane, sia per l’estensione pacifica della democrazia. Una sinergia socialista-radicale a questo livello sarebbe particolarmente fruttuosa per risvegliare e rinvigorire l’azione di un’Internazionale, come quella socialista, che appare allo stato dei fatti al di sotto delle sue possibilità effettive, la cui azione cioè non è proporzionata alla sua forza rappresentativa in tanti paesi di ogni continente. La globalizzazione comporta la consapevolezza che sul piano economico, sociale, politico non è più possibile anche ai socialisti un’azione isolata in ciascuna delle nazioni in cui operano. L’apporto dell’iniziativa radicale può divenire preziosa per ravvivare questa consapevolezza. La stessa questione della laicità dello Stato, cui si lega quella del totalitarismo morale che si nasconde dietro il rifiuto del relativismo etico, trascende ormai i confini italiani, e del rapporto Stato-Chiesa, che pur da noi acquista un’evidenza superiore a quella che si riscontra in altri Paesi. La “rivoluzione conservatrice” in atto in Europa e in America pone tale questione in termini più generali. Si vuole tornare - l’abbiamo visto anche in Italia - all’antica alleanza tra il Trono e l’Altare, cercando cioè nella Fede una legittimazione del Potere conservatore in crisi di legittimità di fronte all’evoluzione della modernità e alla complessità dei bisogni, materiali e immateriali, della contemporaneità. Quest’alleanza non solo offende la laicità dello Stato; ma è destinata a vulnerare la stessa autonomia del fede religiosa e delle sue istituzioni, in quanto che riduce la religione a “instrumentum Tegni”, a strumento del Potere, anche se in quei vantaggi iniziali che creano l’illusione alle autorità religiose di aver acquisito una posizione dominante, quando invece è l’opposto. Poiché nella storia nulla accade casualmente, dobbiamo renderci conto che se i socialisti cercano oggi di risolvere il problema della loro unità, e insieme ricercano il dialogo e la congiunzione con le forze laiche e liberali, ciò avviene perché sullo scenario di una crisi che travalica anche la nostra dimensione nazionale i grandi temi della libertà, della democrazia, dell’autonomia dello Stato e della libertà religiosa che richiede il rigetto di ogni insidia teocratica, insieme con i temi della modernità, dei diritti umani, della diseguaglianza e della povertà che oggigiorno incombono sul mondo, sono i temi di sempre del socialismo, del radicalismo e del liberalismo autentico. Sono i nostri temi di sempre, di oggi, di domani: e non possiamo non affrontarli se non tutti insieme.
L’appello all’unità socialista va rivolto a tutti i socialisti, quale che sia la loro collocazione negli attuali schieramenti. Essa ha suscitato, infatti, un’attesa e un’attenzione immediata, come dimostra anche l’articolo di Carlo Vizzini apparso su l'Avanti! lo scorso 16 settembre. Vizzini ritiene che la proposta di cambiamento elettorale in senso proporzionale aiuterebbe, rendendolo possibile e attuale, il processo unitario, che per la verità era stato concretamente avviato già in precedenza. Egli ha scritto che un sistema proporzionale potrebbe affrancare i socialisti dalla necessità di “aggregarsi, giocoforza, anche con coloro i quali hanno poco da condividere”. Ma il sistema proporzionale che viene proposto non rinuncia affatto al vincolo di coalizione, tra l’altro indispensabile all’attribuzione dell’eventuale premio di maggioranza. Quindi il nodo della collocazione complessiva non viene a essere eliminato, e resta quindi, piaccia o no, il problema della scelta di campo non può essere eluso. E se il compito e l’obiettivo dell’unità socialista è di far valere il loro modello culturale e il progetto programmatico e politico auspicato con forza dallo stesso Vizzini per battere il “radicalismo di sinistra e di destra e il giustizialismo”, il campo di battaglia non può che essere quello della sinistra. È una scelta inevitabile, come hanno compreso e la indicano gli stessi radicali.