COME ESSERE ANTIRENZIANI E VIVERE FELICI di Alberto Benzoni

01 settembre 2015

COME  ESSERE  ANTIRENZIANI  E  VIVERE  FELICI di Alberto Benzoni

Appartengo a una generazione in cui ( quasi) tutti sono stati anti qualcuno o qualcosa. C’erano gli anticomunisti semplici e quelli viscerali; c’erano gli antidemocristiani, gli antiamericani e, beninteso, gli antifascisti semplici e quelli militanti; c’erano gli “antisistema”. Allora, però, diventavi “anti”per una tua libera scelta e vivevi questa condizione con una certa serenità se non con soddisfazione; le sconfitte e i rischi occasionali essendo ampiamente compensati dalla convinzione di essere “ideologicamente o.k.” e di impersonare il futuro. Poi sono arrivati gli anticraxiani e, sulla scia, gli antiberlusconiani. Qui si passa dall’ostilità ideologica all’avversione personale; un sentimento suscettibile di provocare turbe di vario tipo, comunque abbondantemente compensate dalla sensazione della propria superiorità morale e dalla convinzione di avere con sé la parte migliore e potenzialmente maggioritaria del paese. E, invece, credetemi, essere antirenziani è una irrimediabile sofferenza. Perché non è una tua libera scelta intellettuale che puoi gestire a tuo piacimento. Ma una condizione esistenziale di rigetto e di insopportazione che ti accompagna e si aggrava con il passare del tempo. Perché non ti senti in consonanza con gli altri che ti considerano, a vario titolo, un fissato. E, infine, perché, nel tuo intimo, non ti aspetti nessuna vittoria né parziale, né finale; avendo anzi la profonda, e dolorosa convinzione di dover morire renziano. Come migliorare, allora, la nostra triste condizione , così da raggiungere un minimo di serenità? Cominciamo col dire che, per noi, non ci possono essere aiuti esterni. E’ vero: Obama sta con noi; ma vive lontano. E’ vero: papa Francesco dice cose importanti; ma nessuno ( parlo della gente che conta) lo ascolta. E’ vero: Tsipras ha vinto; ma perché il suo popolo è stato brutalmente massacrato in breve tempo e gli autori del delitto sono noti mentre da noi è stato soavemente preso per i fondelli in un lungo arco di tempo e un po’ da tutti. La prima opzione che ci viene alla mente è quella di diventare arenziani. In nome del dovere di obbiettività o, magari, del diritto all’indifferenza. Ma essere obbiettivi non si può: perché è un atteggiamento che lo stesso Renzi non accetta. E nemmeno indifferenti: perché se lo stesso Cavaliere praticava, di tanto in tanto, l’arte del silenzio, liberandoci così dalla sua presenza, l’ex sindaco di Firenze questa ce l’impone, senza tregua, non tanto con le sue opere quanto con i suoi tweet e la sua faccia. Per diventare indifferenti dovremmo allora spegnere la Tv e non comprare i giornali: scelta forse in sé corretta ma eccessiva. Difficile, anzi pressoché impossibile, poi, essere antirenziani al dettaglio. Correggendo; emendando; migliorando. L’obbiettivo è, in sé, lodevole; ma non tiene conto, nello specifico, della natura del nostro interlocutore. Democratico; ma non sino al punto di accettare un vero confronto su questo o quel problema. E anche opportunista; ma non sino al punto di rinunciare alla sua missione di rottamatore totale dell’intera eredità della prima repubblica ( noi compresi…). On quanto, poi, a provocarne la caduta, questa ipotesi non compare sui nostri schermi. Questa, se avverrà, sarà opera d’altri; e altri, non noi, ne trarranno vantaggio. E, dunque, non potremo mai diventare, insieme antirenziani e felici? Potremo. Ma a certe condizioni. Vediamo, in estrema sintesi, quali. Primo se l’antirenzismo ( come, del resto, l’antiberlusconismo) non si misura sul terreno personale quanto su quello della cultura politica, e cioè della contestazione radicale di quella della seconda repubblica, tutti coloro che questa cultura hanno subita e praticata ( leggi, vecchio gruppo dirigente Pci) non potranno essere i protagonisti della nuova fase. Abbiamo bisogno di gente che sappia spiegare alla gente le ragioni del disastro e le possibili alternative future; e nessuno di loro è in grado di farlo in modo credibile. Secondo, la contestazione di principio del renzismo ( attentato alla costituzione, liberismo, thatcherismo) mal si concilia con la permanenza nel partito che ne è il veicolo passivo e con le battaglie, di corto respiro, su questo o quell’emendamento. Se poi, non si propongono mai all’opinione pubblica concrete alternative, apparire “conservatori è fatale. Terzo, è tutto l’impianto critico che va revisionato. Possiamo, e dobbiamo, continuare a spiegare alla gente che leggi elettorali, Senati e province, sblocca Italie sono elementi di un disegno autoritario; e che la fine dell’art. 18 favorisce i padroni. Ma, se non vogliamo limitarci a convincere i già convinti, dobbiamo aggiungere e dimostrare che il decisionismo è anche inefficace e che la “flex”all’italiana non darà alcuna “security”. Infine, per essere veramente felici ( e cioè portatori di futuro), ricordiamoci, per favore, che la nostra stessa capacità di essere alternativi ( che di questo, oggi, si tratta) si misurerà non sulla diminuzione dei nominati ma su quella dei disoccupati…

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