CHI HA PAURA DEI SOCIALISTI? Di Roberto Biscardini, dall’Avanti della Domenica del 15 aprile 2012
30 maggio 2012
Le elezioni amministrative in tutte Italia sono lì a dimostrare quanto siano ormai lontani e instabili gli equilibri delle vecchie coalizioni. Il centrosinistra di Prodi e il centrodestra di Berlusconi sono ormai acqua passata. Questo consente ai partiti di fare scelte molto diverse da realtà a realtà, soprattutto per responsabilità dei partiti maggiori, a danno dei partiti più piccoli. Vediamo il caso milanese. Il PSI si presenta con la propria lista a Sesto San Giovanni, a Legnano, Garbagnate e Pieve Emanuele. Bene. Un grande successo. Operazione non facile, compresa la raccolta delle firme, condotta con l’orgoglio di quei socialisti che a Milano non hanno nessuna intenzione di mollare. Ma come ci presentiamo? Nel centrosinistra con il PD a Sesto, in coalizione con SEL e Rifondazione a Legnano, con il proprio candidato sindaco a Garbagnate, con un alleanza vicina al centrodestra a Pieve Emanuele. Siamo diventati matti noi o è successo qualcosa di più complesso? No. E’ il sistema delle vecchie coalizione che non regge più. Il PD e i suoi candidati sindaci privilegiano l’alleanza stabile con l’IDV, decidono di volta in volta chi tenersi come alleato. Anzi decidono di volta in volta chi salvare, chi ammazzare e chi abbandonare a se stesso. Senza più riferimenti politici di coalizione il sistema impazzisce ed esaspera un sistema elettorale già malato, basato sull’elezione diretta dei sindaci. Questo sistema che doveva rafforzare il modello bipolare anche a livello locale si è completamente spappolato e si è trasformato nella fiera delle vanità di tanti signor nessuno senza patria e senza politica. Non a caso si moltiplicano i candidati sindaci, una media di dieci ogni trentamila abitanti, e si moltiplicano le liste. Ma ritorniamo a noi. Con un po’ di amarezza dobbiamo concludere che, salvo eccezioni, il PD non ha voluto il PSI come suo alleato. Infatti, nonostante il nostro tentativo di confermare ovunque la collocazione nel centrosinistra, abbiamo ricevuto dal PD soprattutto dei no. No a Legnano, no a Garbagnate, no a Pieve, no a Cernusco sul Naviglio (dove alla fine abbiamo presentato una lista di Unità Laica con candidato sindaco liberalsocialista), no a San Donato, ma anche no a Magenta, eccetera. Situazione non facile, alla quale abbiamo reagito con il dovuto coraggio e la conseguente spregiudicatezza. Ma perché è successo? La prima questione riguarda la riduzione dei consiglieri comunali. Là dove il PD pensa di vincere non ha bisogno di portarsi dietro molte altre liste. Non vuole rischiare di regalare ad altri i consiglieri che prende con il premio di maggioranza. Là dove non sa come va a finire, può favorire l’allargamento della coalizione, ma certamente esclude la presenza di esponenti di altri partiti nelle sue liste. Ma c’è certamente qualcosa di più. Molti esponenti locali del PD nutrono ancora nei confronti dei socialisti due tipi di sentimenti. Primo, ci temono, nonostante la nostra debolezza elettorale, per il peso della nostra storia. La presenza di una lista socialista in coalizione rende infatti palese la loro debolezza identitaria. Temono forse ancora dei socialisti quella loro tradizionale capacità di usare il cervello per stare sui problemi. Con vivacità, eretici se occorre. Espressione di una sinistra non parolaia e di un riformismo non necessariamente moderato. La seconda ragione riguarda la nostra cultura, il cattocomunismo è antisocialista e considera i socialisti corrotti perché riformisti, perché praticano la cultura della tolleranza e del pluralismo, perché sono laici. Un bel problema. Cosi il PD manifesta, soprattutto a livello locale, la sua debolezza politica e amministrativa. Si spaventano se, in un momento di crisi come questo, proponi loro politiche per progettare al meglio il futuro che potrà venire nei momenti migliori. Guai se parli di grandi progetti, guai se parli del ruolo politico delle amministrazioni locali come contributo alla crescita economica e produttiva del Paese. Guai persino se di fronte alla crisi sociale gli chiedi di riflettere su nuovi o vecchi modelli per garantire servizio sociale e case e welfare locale. Ma anche su un altro versante, guai se gli poni il problema di quale ruolo può avere l’ente locale nella lotta all’evasione fiscale e nella contemporanea riduzione delle tasse, soprattutto per le famiglie più bisognose ma anche per le imprese. Insomma l’anomalia di fondo di quel partito, nell’irrisolta sommatoria delle vecchie componenti democristiane e comuniste, esaspera a livello locale la vocazione all’autosufficienza per consentirgli di sopravvivere non dovendo fare i conti con nessuno. Riemergono comportamenti contradditori parte di quella politica che Veltroni avviò nel 2008 e che non è morta del tutto. Inventarsi l’IDV contro socialisti, verdi e altri. Preferire i Calearo alla politica riformista e socialista. Questioni che dopo le amministrative dovranno porsi di nuovo.
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