CARO WALTER, PER SALVARE L’ITALIA IL PD NON PUÒ BASTARE - di Gavino Angius, da Il Riformista del 27 giugno 2007
09 luglio 2007
Caro Walter, innanzitutto auguri sinceri. Credo di sapere le gravosità dell’impegno di cui ti sei fatto carico. Conosci le miei opinioni sul nascente Pd. Non ho cambiato idea. Non voglio qui con te riaprire una discussione che è ormai alle nostre spalle. Sono persuaso, peraltro, che al punto in cui si era giunti, il fallimento del progetto cui Ds e Margherita hanno lavorato avrebbe comportato un danno per tutto il centrosinistra, per il governo e per la stessa democrazia italiana. Aver scongiurato con la tua candidatura questo rischio è già un risultato.
Tuttavia non sono pochi i problemi con i quali tu, come leader del Pd, e non solo tu, dovrai misurarti. Da tempo sono convinto che il segno che più contraddistingue le crisi della società italiana sia la sua divisione. Sì, se dovessi indicare la prima cosa da fare per l’Italia, risponderei “unire l’Italia”. Unirla in un progetto per il suo futuro. Ma per unire l’Italia, caro Walter, io penso che il Pd non basti. E non solo per le sue irrisolte contraddizioni interne. Ma perché il problema si pone per altri, anche a sinistra.
A me non piace molto - anzi, per niente - l’espressione assai in voga della “crisi della politica”. Non capisco bene di cosa si parli. C’è invece una crisi di “credibilità” della politica. Credibilità nel senso di responsabilità, di trasparenza, di onestà di rapporto con i cittadini. Non è facile. Ma nelle moderne democrazie si soffre di un deficit di libertà. Ma anche l’autonomia della politica è spesso messa in discussione da oligarchie economiche e finanziarie. Non solo in Italia. Anche le fedi religiose tendono a invadere la sfera pubblica, a Oriente come a Occidente. Il principio di laicità è a rischio. Far corrispondere nell’impegno politico ciò che si evoca, con ciò che poi effettivamente si pratica e si fa, non è semplice. Ma è ciò a cui dovremo tendere.
Praticare la politica in questo modo comporta anche e soprattutto scegliere, decidere. Sinora il Pd - o almeno i suoi partiti fondatori Ds e Margherita - non sempre lo ha fatto. Anzi, quasi mai. Penso alla legge sui Dico, o a quella sul conflitto di interessi o al testamento biologico o alla legge elettorale o alle riforme istituzionali, ma potrei continuare. L’elenco, lo conosci meglio di me. Spero che tutto ciò possa cambiare. Voglio, semplicemente, rendere esplicita l’esigenza di armonizzare politiche economiche e fiscali, sociali, civili e culturali capaci di superare quelle profonde disuguaglianze - in alcuni casi vere e proprie rotture - che rischiano di far regredire la società italiana.
L’Italia è diventata più ricca. Ma anche più povera, e non solo economicamente. Ora, la mia opinione è questa. Il Pd in ogni caso non basterà, non sarà sufficiente una sola forza politica ad affrontare e dirimere i numerosi e complessi e intricati nodi politici che abbiamo di fronte. Parlo della questione essenziale. Parlo della tenuta del governo, parlo della coesione del centro sinistra. È una specie di precondizione, lo so. Ma essenziale. Sinora le cose non sono andate bene. Ogni tanto scappa qualcuno. O a sinistra o al centro. O sull’Afghanistan o sui Dico. Il risultato è quello della paralisi o quello della contraddittorietà del messaggio. Il danno è enorme. Questo è il più grande problema. Lo si deve affrontare. Vedo, da alcuni interessanti commenti, che con la tua candidatura alla guida del Pd, i rapporti e gli equilibri politici nel centro sinistra e nel governo sarebbero semplificati. Lo schema sarebbe questo. Al centro c’è il Pd, a sinistra c’è la sinistra “alternativa” e “radicale”. Questo sarebbe il nuovo “centro trattino sinistra”.
A parte il fatto che - e lo dice uno che è molto critico verso il nascente Pd - qualificare il Pd come di “centro” mi sembra almeno riduttivo, in altrettanto modo mi sembra non corrispondere ai fatti che la sinistra italiana possa essere qualificata come “radicale” o “alternativa”. E quando mai lo è stata? È stata sì radicale, in Italia, una sinistra minoritaria e massimalista. Ma non quella sinistra di ispirazione socialista e democratica che nelle sue componenti è arrivata a superare il 40% dell’elettorato italiano. Pensare o sperare che ciò che sta a sinistra del Pd debba essere etichettato come “radicale” o “alternativo” è un abbaglio. Non corrisponde affatto alla realtà.
Sono infatti persuaso, caro Walter, che non solo al Pd, o al centrosinistra, ma alla democrazia italiana serva una forza davvero nuova, democratica e socialista, che nelle sue diverse componenti, comprese quelle liberali democratiche e ambientaliste possa rappresentare alle nuove generazioni un futuro in cui la crescita non sia soltanto economica, ma civile, culturale, morale. Questa forza non nasce contro il Pd. Con il Pd cammina fianco a fianco.
Una forza politica dunque che sia parte del Pse, perché è lì che i riformismi hanno saputo trovare le risposte alle aspirazioni a una vita migliore, più libera, più sicura per milioni di uomini e donne. Offrire un riferimento politico e ideale a chi non si riconosce nel Pd e non rinuncia alla sfida di un rinnovamento della società italiana e dello Stato che corrisponda alle nuove domande di vita è un bene per la democrazia italiana. Lo dico perché penso che la società italiana abbia bisogno di una sinistra che si liberi dai miti, dai dogmi, dai simboli non solo sconfitti dalla storia, ma inservibili per il futuro. L’Italia avrebbe bisogno di una sinistra meno presuntuosa e saccente, più umile, in grado di imparare quanto di buono il socialismo democratico ha fatto in altri Paesi europei facendo dell’Europa il luogo del mondo con i più alti indici di benessere sociale, di ricchezza media individuale e di libertà e di uguaglianza.
Non sottovaluto affatto il percorso storico-politico, le conquiste raggiunte in Italia dai lavoratori e dalle classi non abbienti, come risultato delle loro lotte. Ma con onestà anche a sinistra si dovrebbe riconoscere che in altri Paesi europei si è andati più avanti, liberandoci così una volta per tutte di quel neogiobertismo che troppo spesso e da troppo tempo ci affligge e ci paralizza nel nome di una pretesa autosufficienza italiana.
Ora potresti chiedermi: ma perché fai a me queste considerazioni? Domanda lecita. Lo faccio perché sono convinto che al governo del Paese, al centrosinistra, alla democrazia italiana serve anche una nuova forza di ispirazione democratica e socialista.
Concludo da dove ho iniziato. Si restituisca credibilità alla politica conferendole spessore ideale. Dando significato alla sua missione. Una democrazia vive di diritti. Ma anche di doveri. Una profonda riforma della democrazia italiana non può prescindere dalla affermazione di una etica dei doveri che abbia nella responsabilità, e nella responsabilità pubblica in particolare, il suo primo riscontro. È qui che la politica è chiamata alla prova più impegnativa di questi ultimi decenni. Le miserie di una degenerazione e di un degrado della vita pubblica sono di fronte a noi. Ma il contrasto a questa degenerazione va condotto anzitutto dalla politica che deve rinnovarsi nei suoi protagonisti anche con un forte ricambio generazionale e di genere. Ecco perché dovremo forse pensare ardito e agire accorto.