CARI PARTITI, NON DIMENTICATE CHE CI SONO BEN ALTRI DOSSIER DA RISOLVERE OLTRE AL COLLE di Walter Galbusera da Start Magazine del 16 gennaio 2022
16 gennaio 2022
Elezione
del presidente della Repubblica e non solo…
L’elezione
del Capo dello Stato attrae inevitabilmente le energie delle le forze politiche
che, in gran parte, sono alla ricerca di soluzioni che, al netto delle
battaglie di bandiera, consentano di individuare un inquilino del Quirinale
senza compromettere la continuità della legislatura.
Lo
straordinario autolesionismo di due maggioranze politiche diverse (prima la
coalizione giallo-verde e poi quella giallo-rossa) riducendo il numero dei
parlamentari ha aggravato il rischio di non essere più eletti. Che i
parlamentari vogliano portare a termine il mandato non è una novità.
Senza
fare alcun parallelismo tra le due situazioni viene alla mente il giugno del
1925 quando le opposizioni, che dopo il delitto Matteotti si erano ritirate
sull’Aventino, si accingono a tornare a Montecitorio con l’obiettivo di far
cadere il Governo Mussolini e mettono in conto anche di arrivare allo
scioglimento della Camera in cui i fascisti non avevano ancora da soli il pieno
controllo. Ma, osserva sconsolato Turati,” Nella maggioranza c’è grande orgasmo
fra coloro che, non essendoci più il listone e temendosi più prossimo lo
scioglimento della Camera, temono di non trovare un collegio che li ospiti”.
Come andò a finire è ben noto.
Detto
ciò è necessario soffermarsi su una delle principali cause che hanno reso così
caotico e confuso un appuntamento istituzionale che nella storia è sempre stato
oggetto di battaglie politiche e di (relative) sorprese ma non ha mai
prefigurato scenari così incerti e per alcuni aspetti pericolosi.
Paradossalmente
tale causa consiste nei risultati sinora complessivamente positivi del Governo
di Mario Draghi che, associati alle condizioni disastrose di più o meno tutte
le forze politiche che si sono fortemente indebolite sia in termini di qualità
che di rappresentatività, hanno fatto si che queste ultime finiscano per
percepire il capo attuale del governo più come un pericolo che come
un’opportunità. Pur senza (probabilmente) volerlo è stato proprio il ministro
leghista Giorgetti ad aver dato fuoco alle polveri indicando Draghi come
Presidente di una Repubblica “de facto” semipresidenziale.
Certo
sarebbe un grave errore vedere Draghi come un mago che risolve ogni problema.
Ma è curioso che coloro che, a destra e a sinistra di Draghi farebbero
volentieri a meno, siano pressoché unanimi sulla necessità che rimanga a
Palazzo Chigi quasi fosse un’icona da esibire a Bruxelles o sui mercati
finanziari.
Si
dirà che il governo di quasi unità nazionale è nato per risolvere alcune
emergenze, quella sanitaria e quella, ancora largamente sottovalutata,
economico –finanziaria.
Il
PNRR (la cui durata va ben oltre la normale scadenza elettorale del 2023) è una
straordinaria opportunità ma se non si trasformerà in un efficiente motore di
sviluppo e di crescita sarà difficile offrire lavoro alle nuove generazioni e
ancor di più avviare il risanamento dei conti pubblici e restituire i prestiti.
Non
sembra esservi la consapevolezza che le risorse europee non sono una “grande
marmitte” dove ognuno può prelevare quanto desidera e soprattutto, che sono
condizionate a riforme che possono essere scomode sotto il profilo elettorale.
Riemerge
con prepotenza la questione della governabilità di cui si discute da qualche
decennio, basti ricordare il dibattito che alimentò Bettino Craxi , anche sulla
scorta dell’esperienza francese, sull’elezione diretta del Capo dello Stato, e
gli elaborati delle varie “bicamerali” e la sconfitta di Renzi al referendum
del 2016.
Avranno
i partiti la capacità di affrontare, una volta eletto il nuovo Presidente, la
questione delle riforme sia economico-sociali che istituzionali? Fa una certa
impressione assistere alla chiusura di aziende strategiche per i costi
esorbitanti del gas accompagnata dal silenzio assordante di gran parte delle
istituzioni su un progetto efficace di diversificazione delle fonti di energia.
Così
come non si riesce a entrare davvero nel merito di una riforma sostenibile del
sistema previdenziale, a garantire equità ed efficacia al sistema fiscale
individuando misure efficaci di lotta all’evasione, ad uscire dalla pura logica
assistenziale e a restituire normalità al sistema giudiziario. Se vogliamo
costruire l’Europa (se abbiamo accettato gli aiuti parrebbe di sì) occorre
realizzare con le dovute gradualità processi di convergenza dei singoli Stati
su parametri e regole comuni.
Difficile
prevedere chi sarà il prossimo Presidente della Repubblica. Ma è certo che il
tempo della semplice sommatoria dei differenti interessi elettorali, pur
legittimamente rappresentati, è finito. Senza capacità di scelta delle forze
politiche sulle questioni prioritarie, i partiti rischiano di essere
emarginati, di offuscare il ruolo del parlamento e di accentuare il distacco
già evidente con il paese reale.
E’
un’occasione importante anche per le forze sociali che possono contribuire
anche sul piano morale a quella ricostruzione per lo sviluppo che è l’unica via
d’uscita della crisi italiana. Ma occorre ricordare a tutti che potere e
responsabilità sono le facce di una stessa medaglia.