"CAMERE UNO SPECCHIO DEFORMANTE" di Michele Ainis da "La Stampa" del 21 aprile 2008
12 maggio 2008
Il nuovo Parlamento assomiglia ai precedenti come un asino è simile a un cavallo. In realtà è tutt'altra bestia, è una nuova specie che debutta nel nostro zoo istituzionale. Del Parlamento conserva ancora il nome, ma non è più in grado d'esercitarne la funzione. Da molti secoli questa funzione è duplice: decidere e rappresentare. O meglio, produrre decisioni di governo per conto del popolo sovrano. Un sistema che rappresenta senza decidere è tendenzialmente anarchico; un sistema che decide senza rappresentare è tendenzialmente autoritario. La prima distorsione la conosciamo bene, perché ne abbiamo fatto esperienza durante la legislatura scorsa. Una quarantina di partiti rappresentati fra i banchi delle Camere, una coalizione di governo più affollata d'un tram dopo la chiusura dei negozi, e per esito lo stallo, la non decisione. Ce ne siamo finalmente liberati, ma per cadere nell'eccesso opposto. E pure in questo caso il conto potrebbe essere salato. Le prove? Facciamo parlare i numeri. Alle elezioni della Camera ha votato l'80,5 per cento del corpo elettorale; significa che 10.575.785 italiani sono rimasti deliberatamente estranei alla consultazione. Fra quanti hanno deposto nell'urna il proprio voto, si contano 1.391.806 non voti, perché incartati in schede bianche oppure nulle. Infine altri 3.578.698 voti sono stati sparati a salve, verso liste che non hanno scavalcato la soglia di sbarramento del 4 per cento (al Senato, con la soglia dell'8 per cento, il dato è ancora più vistoso), sicché non hanno generato nessun seggio. Risultato? 15.546.289 italiani non sono rappresentati da questo Parlamento, per loro scelta o per la tagliola della legge elettorale. Il vizio d’origine È una cifra enorme, equivalente al 33 per cento dell'elettorato; e tale cifra significa a sua volta che un italiano su 3 non è di casa nella casa delle istituzioni. Ecco, il vizio d'origine del nuovo Parlamento è tutto in questi numeri. Perché dai numeri deriva la massima potenza di governo, ma insieme la massima impotenza a rappresentare tutti i governati. Insomma, se le assemblee elettive sono lo specchio d'un paese, per un quinquennio ci rifletteremo in uno specchio deformante. Senza le tante sigle di consumatori, pensionati, casalinghe; ma anche senza le due ali estreme dello schieramento, senza la destra e la sinistra radicali, per la prima volta nell'età repubblicana. E in tutti questi casi senza concedergli neppure un diritto di tribuna, come viceversa ottengono - per obbligo costituzionale - i partiti delle minoranze linguistiche. Poi, certo, nessun Parlamento potrà mai dar voce a ogni diversa voce della società civile. Però se lascia fuori della porta 15 milioni e mezzo d'italiani, esso tradisce la sua specifica missione d'integrare i cittadini nello Stato, e perciò di esorcizzare gli umori negativi, gli spiriti guerrieri, le pulsioni antisociali. Di questi tempi, non è un buon modo per ricominciare. Perché di questi tempi già lo Stato appare ai più come una creatura ostile, e perché l'antipolitica può essere curata solo accorciando la distanza fra popolo e Palazzo, non innalzando l'ennesimo steccato. Il problema delle nomine Da qui la responsabilità del nuovo Parlamento, e specialmente di chi ne presiederà le commissioni, le giunte, i gruppi, o infine siederà sullo scranno più alto di Camera e Senato. Tutti costoro dovranno ricordarsi che il proprio interlocutore è dentro, ma è in buona misura anche all'esterno dell'aula in cui si svolgono i lavori. Dovranno perciò attingere a piene mani agli strumenti della procedura parlamentare - le audizioni, le indagini conoscitive, le udienze legislative - per ascoltare l'opinione degli esclusi. In ultimo dovranno procedere alle nomine senza guardarsi unicamente l'ombelico. E a proposito di nomine: in questo quadro anche il presidente Napolitano potrebbe forse temperare con un gesto l'isolamento di chi è rimasto fuori dal Palazzo. In passato sono stati proposti vari nomi, più o meno improbabili, per la carica di senatore a vita. Ma c'è un uomo che per la sua storia personale, nonché per la storia della legislatura prossima ventura, oggi meriterebbe la massima attenzione. Quell’uomo è Pietro Ingrao.
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