BUON OTTO MARZO DA PIA LOCATELLI

08 marzo 2010

BUON OTTO MARZO DA PIA LOCATELLI

Otto Marzo: una festa che è diventata di tutte e di tutti, ma ancor pur sempre una festa dell'impegno politico e civile, come il primo maggio. Come la festa del lavoro, anche la giornata delle donne nasce dal movimento socialista, e nasce internazionale. L'otto marzo 1908 era stato il giorno del “Pane e delle Rose”: 15 mila donne di New York per chiedere pane, cioè lavoro e salario, ma anche rose, cioè tempo libero, diritti per l'infanzia, dignità e rispetto. A Copenhagen, nel 1910, un congresso internazionale di donne socialiste proporrà una giornata internazionale, sancita definitivamente nel calendario in ricordo di New York e della...rivoluzione russa, si ma quella di febbraio (marzo per gli ortodossi) che nessuno oggi ricorda, abdicazione dello zar e voto alle donne, speranze di libertà prima del capolinea del più famoso Ottobre.
L'Otto Marzo in Italia non è stata subito una festa importante: lo è forse dagli anni settanta, quando diventò un giorno di cortei. Era il periodo in cui rappresentarsi in pubblico era un gesto di liberazione, come indossare abiti non convenzionali, buttando via quelli che le donne sentivano ormai lontani dal loro modo di essere, buoni solo per una commedia sociale i cui ruoli erano stabiliti dai maschi. Sono gli anni del nuovo diritto di famiglia, del referendum contro l'abolizione del divorzio e poi della legge sulla interruzione volontaria della gravidanza; sono gli anni in cui, tra un corteo e l'altro, cambia il costume, si può essere, finalmente, liberamente donne (né puttane né madonne, che sollievo).
Negli anni ottanta sembra ormai fatta: le più giovani sbuffano, ai cortei non vengono più. “Ritorna la seduzione” titolano le riviste femminili, come arma della donna liberata e non più recita a beneficio del maschio. E va bene così, ben venga un po' di leggerezza, che l'otto marzo diventi il giorno delle mimose e delle serate tra amiche. Anche il tema delle quote, che pure si è affermato in Europa, viene snobbato, le donne pensano di avercela fatta, il femminismo sembra storia.
Ma oggi dobbiamo dire che quella sicurezza era imprudente. Le donne hanno continuato a progredire ma la loro marcia, che sembrava trionfale, si è fatta faticosa, millimetrica: i “soffitti di vetro” erano lì, durissimi. Ho visto nuove giovani donne, in questi ultimi anni, sbuffare per la frivolezza dell'otto marzo, ormai banalizzato in spogliarelli maschili e pubblicità di regali, mentre la vita si faceva sempre più dura, tra precarizzazione del lavoro e nuovi gallismi, pane “a progetto” e rose ancora proibite per le madri singole, le donne infertili, le ragazze vittime della pressione che le vuole tutte letterine o veline.
Pane e rose: le donne sembrano saper mescolare politica e vita, ragioni del pubblico e ragioni del privato, in modo che arricchisce entrambe le sfere, vissute invece dagli uomini con troppo rigida divisione.
Anna Kuliscioff, di cui forse tante giovani donne non hanno mai sentito il nome, rimane per me il simbolo di questo modo di vivere l'impegno pubblico, non come sacrificio dei sentimenti ma come unione di cuore e ragione, libertà e felicità. E non ricordo a caso questa figura: è il ricordo di una, oggi diremmo, extracomunitaria, morta a Milano nel 1925, che trovò in questa città una nuova patria. Cosa avrebbe pensato vedendo la Milano di oggi pronta ad espellere famiglie extracomunitarie se il capofamiglia perde il posto di lavoro a causa della crisi? E cosa penserebbe lei, che lottò tutta la vita per il suffragio femminile, scoprendo che, a oltre 60 anni dal voto alle donne, soltanto una su cinque parlamentari è donna? E cosa direbbe delle donne lombarde rappresentate dalle veline?
Buon otto marzo, c'è ancora tanto da fare.

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