BREVI CONSIDERAZIONI DELLA COSTITUENTE SOCIALISTA di Alberto Benzoni

10 ottobre 2007

BREVI CONSIDERAZIONI DELLA COSTITUENTE SOCIALISTA di Alberto Benzoni

1. Nell'atto costitutivo del nostro progetto c'è il proposito di "formare un partito a vocazione maggioritaria".
Si tratta di una proposizione cui non abbiamo dato la dovuta attenzione. Considerandola, implicitamente, a livello di una innocua sbrasata, di una sparata verbale: insomma di un esercizio di autoconvincimento. Una variante moderna della somministrazione di alcolici alle truppe prima di mandarle all'assalto delle trincee nemiche.
2. Se queste fossero le intenzioni saremmo di fronte ad un clamoroso "autogol". Perché sbandierare orizzonti luminosi semplicemente per farci dimenticare le nostre attuali miserie -e senza crederci veramente- non fa che accentuare la nostra consapevolezza di queste ultime e quindi la mentalità di "minoranza sempre a rischio di estinzione" che ci ha afflitto durante tutti questi anni.
3. Chi scrive ritiene, invece, che "puntare in alto" sia per noi assolutamente necessario. I socialisti non possono (a differenza di quasi tutti i "partiti piccoli" dell'Unione) sopravvivere come "partito di nicchia" (tanto più dopo la formazione del Partito Democratico che non può tollerare concorrenti sul suo terreno). E, quindi, deve liberarsi dalla relativa mentalità. Rimanendo aggrappati ai nostri limiti e alle nostre abitudini politiche la fine è certa e poco gloriosa. Per sperare dobbiamo perciò sferrare l'assedio.
4. Scatta, a questo punto, l'inevitabile obiezione generalizzata. E anche fondata. Ma che, per il suo carattere ossessivamente pregiudiziale rischia di favorire proprio quella inerzia che intende denunciare.
E l'obiezione è, in sintesi, questa. "Voi parlate di rompere l'assedio, di effettuare una sortita", ci si dice, "ma dimenticate o, peggio, fate finta di dimenticare, che mancano le condizioni più elementari perché l'operazione abbia successo. Abbiamo infatti una guarnigione che, a furia di resistere passivamente ha disimparato a combattere; e che a furia di parlare di se stessa e con se stessa è ormai incapace di misurarsi in modo interattivo con il mondo esterno. Si aggiunga che la "massa critica" per rompere l'assedio; e, con questa, un progetto di attacco credibile ed efficace". Per concludere, poi, il nostro obbiettore passa dalle condizioni oggettive a quelle soggettive: "i capi della guarnigione" –così ci spiega- conoscono benissimo la situazione anche perché ne sono stati i principali responsabili". Se, allora, annunciano oggi il loro nuovo e ambizioso progetto è per gettare del fumo negli occhi, per guadagnare tempo, per ottenere, insomma, di arrendersi a condizioni per loro più accettabili".
5. Il primo e più evidente punto debole di questa organizzazione è di volere dimostrare troppo, sino a ritorcersi contro i suoi stessi autori. Se infatti il progetto di Costituente fosse, insieme, un fallimento annunciato ed un imbroglio certo, allora la nostra Associazione sarebbe la principale complice (peggio ancora se inconsapevole) del processo e Bertinoro come Chianciano ne sarebbero le tappe fondamentali. Non credo che i critici anche più spietati di Boselli e c. e di tutto il processo costituente sarebbero disposti a giungere a questa conclusione. E allora….
6. In realtà Bertinoro come Chianciano si basavano su di una visione corretta della nostra situazione. Il nostro ruolo determinante, allora, come nella stessa preparazione della conferenza programmatica, non deriva, infatti, da nostre particolari capacità ma dal fatto che riempiono un vuoto. Insomma, per tornare alla nostra metafora, dal fatto che i "capi della guarnigione assediata" vogliono sinceramente rompere l'assedio ma non hanno –e ciò che più conta sanno di non avere e perciò "chiedono ad altri"- le forze, i mezzi e le strategie atte alla bisogna. Così stando le cose può essere più opportuno cercare di unirsi sulle "cose da fare" (e sui percorsi da intraprendere perché la sortita riesca) piuttosto che continuare a dividerci sui "giudizi da dare" (in merito alle sue possibilità di riuscita, valutate magari a partire dalla situazione di oggi).
7. Il passaggio dell'attuale "partito di nicchia" alla formazione "a vocazione maggioritaria" (nel senso di essere in grado di contribuire, in modo rilevante, al rinnovamento dell'agenda politico-programmatica dell'Unione) non sarà né breve né facile.Ma, proprio per questo, sarebbe necessario avere idee (abbastanza) chiare sull'obbiettivo ultimo e sulle mosse iniziali. Insomma su quello che vogliamo diventare una volta sferrato l'assedio e, contestualmente, sulle strategie ed i percorsi necessari perché la nostra sortita abbia successo.
8. Soltanto un breve cenno sul primo punto. Abbiamo scritto in tutti i nostri documenti che vogliamo un soggetto politico insieme socialista e liberale (e, beninteso, laico). Mi domando però se abbiamo "metabolizzato" questo nostro proposito. A me sembra di no. A partire dalla sotterranea polemica sul nome (ma come si fa a dire di no a "partito socialista"?) sino alla diffusa convinzione che si tratti ancora di termini tra loro diversi e contrastanti, mediabili solo superficialmente e per esigenze strumentali. Naturalmente le cose non stanno affatto così. Naturalmente il socialismo liberale è il socialismo del XXI secolo. Ma è altrettanto vero che per vivere e avere "appeal" questa figura deve manifestarsi concretamente: nelle cose che dice e nelle iniziative che prende (e, aggiungiamolo subito, nel più breve tempo possibile).
9. è bene anche ricordare –anche perché non lo facciamo abbastanza- che il nuovo soggetto politico che intendiamo creare non deve essere ossessionato dalla concorrenza conflittuale interna all'Unione; in un giuoco a somma zero in cui si cresce soltanto in funzione degli errori dell'altro (e a rimetterci sono sempre i più deboli). PD, cosa rossa e PS non si muovono per gli stessi obbiettivi e sullo stesso terreno. E non è affatto detto che tra fallimenti e successi dell'uno e dell'alto progetto ci sia un rapporto causa/effetto. Nel nostro caso specifico, poi, il nostro obbiettivo non è di allargarci a spese di altri (o perseguendo, come fa il PD, la loro distruzione), ma di allargare piuttosto le frontiere elettorali e politiche dell'Unione in quelle aree che ci hanno ritirato il consenso o per il mancato riconoscimento dei loro meriti o per il mancato soddisfacimento dei loro bisogni. 10. Qui ed oggi, poi, abbiamo tre appuntamenti che non possiamo "bucare".
Il primo è quello del congresso. Per noi il fattore tempo è molto importante. E questo spinge per farlo in tempi rapidi.Ma deve essere, però, un congresso vero. In caso contrario il compagno Cistulli avrebbe non una ma mille ragioni dalla sua parte: perché la semplice raccolta di "adesioni" sarebbe, insieme, più onesta e più funzionale allo scopo. Ora, un congresso vero (e soprattutto il congresso che rappresenta l'atto di nascita di un nuovo soggetto politico) deve essere segnato da una forte partecipazione collettiva sia al momento dell'iscrizione che nelle scelte dei gruppi dirigenti locali e centrali come nell'individuazione delle linee organizzative e politiche si può, naturalmente, rinunciare parzialmente o (come sembra il caso oggi) totalmente a questo in nome delle "garanzie" nei confronti di questo, o di quello ma scegliere questa strada vuol dire "pensare vecchio" e non veder nuovo; comportarsi secondo una logica da partito di nicchia e non da "forza maggioritaria": e, conseguentemente mancare ad una occasione particolarmente importante.
11. molti tendono a considerare l'appuntamento congressuale come un "evento", positivo nella misura in cui susciti la soddisfazione dei partecipanti-consumatori e l'interesse contingente della pubblica opinione. Alla stessa stregua si tenderà a valutare l'esito dei due appuntamenti programmatici e culturali di questi giorni: quello sulla laicità e quello sul lavoro e sullo sviluppo. Se questo fosse l'approccio non andremmo molto lontano. Perché ad aspettative volutamente limitate corrispondono, molto spesso, risultati ancora più scarsi. La cosa è particolarmente evidente nel caso di un congresso che avesse un carattere esclusivamente celebrativo. Perché un evento siffatto non avrebbe quasi nessun interesse né per i militanti (ridotti al ruolo di spettatori) né per i media (ai quali apparirebbe una semplice e inutile ripetizione di appuntamenti precedenti). Ma vale anche per gli appuntamenti di questi giorni in un contesto in cui per molte ragioni, quasi sempre poco nobili, i "media" sembrano più interessati ala candidatura della Sbarbati o alle cene di Bettini che al problema del concordato o della "flexsecurity". E, allora, nell'uno e nell'altro caso –oggi e a gennaio- conviene puntare più in alto. Considerare gli appuntamenti di oggi non come un evento ma come parte di un processo politico; come un punto di partenza e non di arrivo. In quest'ottica la difesa e lo sviluppo dei principi della laicità e la definizione di una strategia autenticamente riformista nel campo della formazione e del lavoro sono armi da usare per sferrare l'assedio: per costruire rapporti "interattivi" con determinate aree della società. Parliamo dei gruppi "vitalmente" interessati al problema della laicità/libertà perché l'assenza della medesima fase sempre maggiormente sui loro percorsi di vita. E parliamo del sindacato, e in particolare della Uil.
Inutile sottolineare qui i reciproci vantaggi da un rapporto concreto e permanente tra la Costituente e una delle tre grandi organizzazioni sindacali del nostro paese; perché la cosa è di un'evidenza solare. Come è altrettanto solare l'inconsistenza, se non peggio, dell'argomentazione di chi contesta ad Angeletti o ad altri l'impossibilità di costituire rapporti politici con i socialisti, sbandierando l'autonomia/separazione del sindacato dai partiti politici, affollando lui stesso, e senza vergogna, le scale dei sostenitori/clienti di Walter Veltroni.
12. Dovremmo, allora, portare il confronto allo scoperto. E non solo per difendere la libertà dell'azione politica e sindacale contro le pressioni e le prevaricazioni che la ostacolano quotidianamente. Ma anche, e soprattutto, perché sulla "questioni Uil" si scontrano due "esigenze vitali" tra loro incompatibili: quelle della strategia riformista dei socialisti, basata sul rapporto tra ceto politico-intellettuale e mondo del lavoro; e quella della strategia di potere del PD, basata sull'esercizio di un governo totale e monopolistico della sua "area di riferimento". Non illudiamoci: aprire questa vertenza è rischioso. Ma forse è meglio rischiare di morire all'ingrosso che essere certi di essere distrutti al dettaglio.
13. Una brevissima considerazione conclusiva sul tema dei "costi della politica". Un tema su cui regna, apparentemente, una cacofonia universale. Ma su cui pure emergono aree di apparente consenso. Tutti, (quasi) tutti dicono: che la colpa è dei partiti, "padroni" dei piccoli partiti, che questa "proliferazione" va eliminata; e che la legge elettorale proposta dai referendari è lo strumento essenziale a questo scopo. Chiaramente un attacco (anche) nei nostri confronti. Cui non siamo in grado di predisporre difese e contromisure: né quelle di future aggregazioni all'interno della Cosa rossa; né quelle del ricatto politico, alla Mastella. Perciò il nostro attuale silenzio è del tutto ingiustificato. A meno di pensare che sia dovuto alla convinzione del nostro gruppo dirigente di essere comunque tutelato –in quanto gruppo- qualsiasi sia il sistema elettorale che si adotterà: cosa che ci rifiutiamo di pensare. E allora non dovremmo chiuderci in un silenzio che può apparire puramente difensivo; e magari colpevole. E scendere in campo contro l'ipotesi referendaria; e a favore del sistema tedesco, contro il referendario come attacco ai partiti in quanto tali. A favore del sistema tedesco perché garantisce, ad un tempo, la rappresentanza di tutte le sensibilità politiche di qualche rilievo e la costruzione di un bipolarismo costruito sulle affinità politiche e non imposto dai premi di maggioranza. Certo, il sistema presuppone uno sbarramento: ma quale è la formazione politica con ambizioni maggioritarie che teme in partenza e pubblicamente di non essere in grado di superarlo?

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