BOCCASSINI –BERLUSCONI ALLO SCONTRO FINALE di Fabrizio Salina da Agenzia Fuoritutto del 20 gennaio 2011
21 gennaio 2011
L’eliminazione politica per via giudiziaria di Silvio Berlusconi sembra ormai prossima. Si sa che è un osso duro, ma a certe accuse neppure un uomo della sua tempra può resistere e, quand’anche non dovesse dimettersi, la sua figura istituzionale (soprattutto in sede internazionale) ne sarebbe oltremodo compromessa. Una fine certamente annunciata.
Per anni il premier non ha mai smesso di denunciare il concreto timore di essere sconfitto dai pubblici ministeri piuttosto che dai propri avversari politici (comunisti o post-comunisti) e non può escludersi che la sua fine sarà determinata da un’inchiesta studiata, preordinata e condotta con pervicace ostinazione da quell’ufficio giudiziario che ormai da quindici anni, da quando - come ama dire - è sceso in campo, lo contrasta.
Per coinvolgerlo non sono stati risparmiati uomini e mezzi. Per incastrare il Cavaliere i pubblici ministeri milanesi hanno svolto direttamente le loro indagini, ritenendo di potere escludere la competenza del Collegio per i reati ministeriali, il cosiddetto tribunale dei ministri, sulla base di una interpretazione estremamente restrittiva secondo cui i reati di concussione e di prostituzione minorile ipotizzati non sarebbero stati commessi nell’esercizio delle funzioni di presidente del consiglio; assunto questo, giuridicamente risibile, che prima o poi sarà smentito nelle sedi competenti. La Corte di Cassazione, infatti, ha costantemente affermato che ai fini della configurabilità del delitto di concussione, non è necessario che l'atto intimidatorio rifletta la specifica competenza del soggetto attivo, ma è sufficiente che la qualità soggettiva lo renda credibile e idoneo a costringere o indurre il soggetto passivo all'indebita promessa o dazione di denaro o di altra utilità. In altre parole il reato è configurabile anche nei casi in cui gli atti in relazione ai quali è esercitata la condotta abusiva esulano dalla competenza funzionale del soggetto agente, che tuttavia fa valere la sua qualifica per conseguire la promessa o la dazione richiesta.
Inutile dire che il reato di prostituzione minorile (pacificamente non ministeriale) sarebbe rientrato nella competenza territoriale del tribunale di Monza, ma per i pubblici ministeri milanesi i due reati sarebbero connessi e quindi la concussione, punita più gravemente (12 anni di reclusione contro i 3 della prostituzione minorile) avrebbe attratto il reato minore.
Ma queste considerazioni prettamente giuridiche non valgono per i processi mediatici, com’è quello in esame, il cui scopo principale era quello di consentire a tutti di guardare il Cavaliere e le sue debolezze dal buco della serratura.
Fatto che a livello politico potrebbe avere rilevanza anche maggiore di quello strettamente giuridico; e questo i pubblici ministeri milanesi, che non conoscono o fingono di ignorare le norme processuali, lo sanno; così come sanno che non possono avanzare richiesta di giudizio immediato fino a quando l’indagato non si presenta a rendere l’interrogatorio (o dichiara di rifiutarsi di renderlo), affrettandosi tuttavia ad esternare tale intento al solo scopo di comunicare a tutti che la prova sarebbe evidente.
Riprendere e far prevalere le ragioni del diritto in questo contesto è quanto mai difficile o forse impossibile.
L’imbarazzo creato dalle accuse e da taluni riscontri, pur se giuridicamente invalidi o viziati, non resta affatto circoscritto in ambiti ristretti.
Lo scontro in atto sembra essere quello finale e decisivo.
Il Cavaliere finora sembra avere avuto la peggio.
Ma per la Procura milanese c’è poco da gongolare: anche se dovesse uscire trionfante potrebbe non avere i riconoscimenti sperati.
Invero non è affatto scontato che ad Ilda la rossa saranno tributati onore e gloria: i comportamenti disinvolti, infatti, inquietano e intimoriscono anche coloro che occasionalmente ne traggono profitto.