BISOGNO E URGENZA DI SOCIALISMO di Roberto Biscardini da Jobs News del 14 giugno 2020

14 giugno 2020

BISOGNO E URGENZA DI SOCIALISMO di Roberto Biscardini da Jobs News del 14 giugno 2020

L’aumento delle diseguaglianze, l’aggravarsi della crisi economica e il peggioramento delle condizioni sociali, ripropongono con assoluta  evidenza il tema della questione socialista.

Non è un caso che la parola socialista viene riscoperta da più parti. E non è un caso che con la parola riemerge la necessità di definire una politica socialista per l’oggi. Questione che sembrava derubricata in Italia e nel resto del mondo, quando il pilota automatico del capitalismo decideva da solo le sorti dell’umanità.

La parola socialista che ha incominciato ad essere sdoganata negli Stati Uniti con la forte iniziativa di Sanders, in Inghilterra con Corbyn e poi con altrettanta chiarezza in alcuni paesi europei, sembra riapparire seppure in ritardo anche da noi e sembra interessare anche chi con la storia del socialismo non ha in passato avuto nulla a che fare. Bene.

Tra i tanti contributi, da sottolineare quello di Thomas Piketty, che in modo lapidario ci ha spiegato che le sperequazioni sono conseguenza delle scelte perverse della politica e non sono un prodotto ineluttabile dell’economia. Che detto in altro modo significa che le scelte perverse della politica, negli ultimi vent’anni (da noi durante tutti gli anni della Seconda repubblica), hanno consentito al capitalismo e alla finanziarizzazione dell’economia di avere mano libera. Le scelte perverse delle destra, ma anche colpevolmente quelle della sinistra. Che ha rinunciato al suo ruolo, non solo in difesa degli interessi generali, ma ha soprattutto rinunciato al governo dell’economia, attraverso lo strumento fondamentale dello Stato. Con ciò ha perso di vista lo Stato come proprio punto di riferimento, e ha tradito la propria ragione sociale.

Oggi, dopo gli effetti devastanti del coronavirus, tutto appare più chiaro. Di fronte all’emergere di diseguaglianze sempre più profonde e di fronte ad un’attendibile crisi sociale ancora più marcata nei prossimi mesi, si ripropone il bisogno di Socialismo e si ripropone la sua attualità. Con urgenza, perché non c’è molto tempo da perdere e il tempo non gioca a suo favore.

Infatti, delle due l’una, o lo Stato sarà protagonista nella difesa dei più deboli contro ogni forma di disuguaglianza, o sarà strumento  degli interessi economici dei più forti. Dei ricchi contro i poveri. Delle imprese (anche quelle assistite e parassitarie) contro i bisogni anche materiali delle persone. Lo Stato o sarà dalla parte dei cittadini e dei lavoratori o sarà dalla parte di Confindustria, che certamente non pensa ad uno Stato regolatore dell’economia, che fa politica industriale e che partecipa anche direttamente al rilancio di alcuni settori strategici, ma solamente ad uno Stato supino, servo, al suo servizio.

Insomma, a distanza di trent’anni, anche il Socialismo italiano può uscire dalla sfera della testimonianza di un glorioso passato e dal chiuso dei congressi celebrativi, affinché alla parola possa corrispondere una nuova “cosa”, una nuova prospettiva, e presto anche una nuova e grande “casa”. Riscoprendo ruolo e funzioni originarie, quando per socialismo, pur dentro un sistema capitalistico, si intendeva la capacità di programmare lo sviluppo, di incidere non solo sul come produrre ma anche sul cosa produrre, per ridistribuire in modo più equo la ricchezza a disposizione.

Per stare non dalla parte dei vincenti, ma di tutti gli altri, e oggi abbandonando anche  vecchie ideologie, come quella del merito (come dice ancora Piketty), che sostanzialmente non gli apparteneva, per stare dalla parte dei bisogni. Dalla parte di tutti coloro che non devono rimanere indietro, pur avendo condizioni di partenza sfavorevoli.

Quindi attualità e urgenza del Socialismo. Che non ammette ritardi, né piccoli giochi politicisti e inutili attenzioni al quotidiano.

Per rimettere insieme il mondo socialista e tutti coloro che, nel variegato arcipelago della sinistra, non hanno più né casa, né identità. Ma anche i tanti cittadini, vecchi e giovani, pronti a ribellarsi (democraticamente) allo status quo.

Rimetterli insieme in  un grande partito socialista. Obiettivo concreto  e ragionevole, per superare l’equivoco di una sinistra che non è più tale. Per riprendere quel percorso “normale” nel quale, nella contrapposizione tra socialismo e barbarie, tra socialismo e capitalismo, si confrontano con chiarezza forze politiche con la loro identità.

Un’esigenza fondamentale per uscire dal pantano nel quale ci troviamo dal ’93. Prima nella fase del bipolarismo nostrano (anomalia tutta italiana), e oggi in una fase nella quale in politica prevalgono populismo e giustizialismo.

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