BELLOCCHIO PARLA DI SOCIALISMO RACCONTANDO IL SUO NUOVO FILM SU MUSSOLINI – da il Corriere della Sera del 18 marzo 2007
03 aprile 2007
Sarà un film politico, spiega Bellocchio. E uno degli spunti è la crisi del partito socialista, «che comincia proprio nel 1915, con la svolta interventista di Mussolini. Questa è una riflessione maturata anche da conversazioni con mio fratello Piergiorgio, che mi ha mostrato un' intervista in cui Treves prevedeva, dopo il delitto Matteotti, che passata l' estate e finite le vacanze il fascismo sarebbe caduto da sé. I socialisti sottovalutano il Duce, non comprendono che non ha soltanto l' appoggio degli industriali, degli agrari, della piccola borghesia, della Chiesa, ma che tanta gioventù si riconosce in lui, vede in lui l' uomo nuovo della politica, capace di spazzare via la vecchia classe liberale e anche socialista. Poi, dopo la Liberazione, il Psi subisce l' egemonia comunista. Sotto questo profilo, il disegno di Craxi di mettere in discussione il primato del Pci e restituire al proprio partito peso elettorale e libertà d' azione, per quanto perseguito con metodi inaccettabili, era politicamente lungimirante». «Oggi mi manca, e credo manchi all' Italia, un partito socialista veramente laico - dice Bellocchio -. Non capisco il cupio dissolvi della sinistra, l' ansia di annullamento di sé che spinge i Ds a unirsi ai cattolici ruiniani come la Binetti e lo stesso Rutelli nel partito democratico, che si dovrebbe collocare fuori dall' Internazionale socialista. Stimo Veltroni, è un amico, ma non ne comprendo il progetto. Viene in mente un detto antico, "chi di spada ferisce di spada perisce": come se, dopo aver consegnato il Psi ai giudici, la sinistra erede del Pci scegliesse il suicidio (come espiazione?). E neanche mi convince il "casinismo" di Pannella, che certo non ha giovato alla Rosa nel pugno. Quanto ai neo o veterocomunisti, quelli che con un aggettivo geniale Guareschi definiva trinariciuti, non mi sembra che abbiano le idee molto chiare, o che ne abbiano di nuove. Bertinotti mi pare imbavagliato nel suo ruolo istituzionale, e il suo partito molto sulla difensiva. Sono un moralista (lo sono ancora troppo, e questo è un limite), ma non credo che il moralismo e l' antiberlusconismo possano esaurire la politica: non mi fanno ridere le vignette di Vauro. Così come non mi hanno mai interessato i girotondi, che hanno lasciato poco o nulla dietro di sé. Sono letteralmente scomparsi, e sembravano la grande invenzione della politica. E' rimasto invece il loro leader carismatico, Nanni Moretti: geniale inventore, e amministratore, della propria immagine».
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