BATOSTA PD: MA SI SAPEVA ANCHE SENZA LA SICILIA di Nicola Cariglia

06 novembre 2017

BATOSTA PD: MA SI SAPEVA ANCHE SENZA LA SICILIA di Nicola Cariglia

E’ sufficiente farsi due domande. La prima è per quali motivi il partito o il suo leader potrebbero avere un calo di consensi; la seconda, per quali motivi i voti dovrebbero aumentare.

La strana regolamentazione dello scrutinio del voto in Sicilia, non subito dopo la chiusura delle urne ma il giorno dopo, mi impone di scrivere questo commento sulla base degli exit poll e non dei risultati reali. Ma siccome l’interesse di questo voto era nella possibilità di decifrare il destino del PD e di Renzi, già gli exit poll consentono di confermare ciò che già si poteva indovinare per altre vie.
Ho una certa (e purtroppo lunga) esperienza di partiti in difficoltà, con al massimo la speranza di sopravvivere e giocare di rimessa, non di tornare allo splendore che mi aveva affascinato da ragazzo. E posso dire che è abbastanza semplice scrutare il futuro di Renzi e del suo PD, senza bisogno di continuare uso ed abuso di sondaggi, di interpretare i risultati di elezioni parziali o di ricorrere alla palla di vetro della zingara.
E’ sufficiente farsi due domande. La prima è per quali motivi il partito o il suo leader potrebbero avere un calo di consensi; la seconda, per quali motivi i voti dovrebbero aumentare.
La batosta delle elezioni siciliane, già chiara e netta secondo gli exit poll, certifica ciò che già si poteva sapere attraverso le due domande che ho esposto.
Del PD di Renzi si conoscono molte ragioni per le quali gli elettori, o ingiustamente o giustamente fuggono. L’ex rottamatore non ha rottamato a sufficienza: al più, qualche persona, e nemmeno i peggiori, ma non i vecchi metodi della politica. Non è stato conseguente con i suoi roboanti proclami, a cominciare dal primo di tutti: “mai al governo senza prima passare dalle elezioni”. Ha fatto arrabbiare e fuggire dirigenti, iscritti ed elettori verso sinistra, ma non attira più da destra perché ha alle spalle tre anni di governo: un record superato solo da Berlusconi, che pesa come un macigno perché espone ogni promessa elettorale alla più semplice e micidiale delle domande: perché non lo hai fatto quando governavi? Infine, ma prima di tutto, ha perso l’alone di guerriero vittorioso che lo circondava al suo esordio. E “con Renzi si vince” era, dentro il PD l’unica vera ragione del suo successo tra gli ex comunisti che successi non ne avevano mai assaporati e gli ex democristiani che da troppo tempo ne erano a digiuno. E se “con Renzi si vince” non è più valido come motivo per un flusso di voti in entrata, nemmeno si vede qualche altra ragione che possa indurre a votare questo PD: per battere le destre? Non ne parliamo nemmeno. Per le riforme? L’unica vera, quella costituzionale, è stata sonoramente bocciata proprio dagli elettori. All’Italicum ci hanno pensato i ricorsi degli avvocati e la Corte Costituzionale ed è meglio stendere un velo sul “rosatellum” approvato dalla neo-accozzaglia. Per un governo forte? Ma se nemmeno si potrà fare, se non con mille arzigogoli, con questa legge elettorale. Ecco, il risultato della Sicilia con il candidato del PD al terzo posto, dopo centrodestra e M5S, ha reso più evidente ciò che si sapeva già.
Solo i politici non ci indovinano quasi mai. E anche in questo caso il motivo è semplice. Capita che in molti casi non si facciano le domande, perché essi pure hanno un lato umano. Quello che porta a nascondersi le verità scomode, in un campo, la politica, dove la propaganda è diventata tutto.

 

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