ANTIMAFIA, UN MESTIERE CHE TORNA DI MODA di Roberto Biscardini dall' Avanti della Domenica del 19 febbraio 2012
20 marzo 2012
L’articolo di Corrado Stajano sulle pagine milanesi del Corriere della Sera di due settimane fa, ha fatto un certo effetto.
Il tema, prendendo a pretesto la questione della criminalità organizzata a Milano, riguardava le commissioni antimafia decise dal Comune secondo una logica non del tutto chiara. Infatti il consiglio comunale ha deliberato l’istituzione di una commissione consiliare e il sindaco Pisapia, in parallelo, ha nominato un comitato di esperti presieduto da Nando Dalla Chiesa. La prima dovrà rispondere al consiglio, il secondo alla giunta.
Stajano se la prende con la capogruppo del PD che in aula così si era espressa: “Dobbiamo fare in modo che questa commissione (e si riferiva chiaramente a quella consiliare) non diventi una vetrina pubblicitaria per qualcuno”. Aggiungendo, citando Sciascia: “La guerra alla mafia non si fa coi professionisti dell’antimafia”.
Stajano, travisando volutamente i fatti, ritiene che la capogruppo del PD non avesse come obiettivo i membri della commissione consiliare, ma Nando Dalla Chiesa, un “professionista dell’antimafia” per l’appunto. E usa questo pretesto per sferrare un attacco generalizzato alla politica e ai partiti.
Secondo Stajano, i membri del comitato nominato da Pisapia, composto oltre che da Nando Dalla Chiesa, da Giuliano Turone, Umberto Ambrosoli, Maurizio Grigo e Luca Beltrami Gadola, avrebbero un curriculum vitae che li abilita ad occuparsi di mafia, mentre i consiglieri comunali eletti da stupidi e inutili cittadini, in rappresentanza dei partiti e quindi delle istituzioni, no. E lo dice con assoluta chiarezza: “I partiti vogliono tutto anche quando dei problemi posseggono soltanto l’incompetenza”.
E’ lo stesso stile che usarono tutti coloro che, con violenza e malafede, non consentirono a Leonardo Sciascia di spiegare le ragioni del suo ormai famoso articolo sui “professionisti dell’antimafia”, neppure quando, due settimane dopo, argomentava con dovizia di particolari le sue affermazioni (Corriere della Sera del 26 gennaio 1987).
Decisero di linciarlo, lo fecero e continuarono a farlo.
Lo legga e lo rilegga anche lei, mio caro Stajano, quell’articolo di Sciascia anche perché molti di noi, dopo aver letto il suo pezzo sulle commissioni antimafia del comune di Milano, abbiamo sentito nuovamente correre i brividi lungo la schiena. E abbiamo capito che è meglio fidarsi delle semplici parole di un consigliere comunale, piuttosto che delle sue.
A lei, che nello stesso articolo, in perfetto stile qualunquista, vorrebbe farci credere che Nando Della Chiesa vale di più di tutti i partiti messi insieme, ricordo che, per la verità contro il mio parere (presente allora ai tavoli del centrosinistra), non disdegnò il sostegno dei partiti per essere indicato ed eletto in un collegio sicuro come Senatore della Repubblica nel 1994 nella lista dei Progressisti-PDS.
Vuole dirci che allora i partiti erano meglio? O che lei era talmente meglio che bastava la sua presenza per nobilitare quel consesso partitocratico?
Io da socialista e ‘sciasciano’, come il capogruppo del PD, diffido ancora oggi dei “professionisti dell’antimafia”, ma anche dei professionisti dell’antipolitica e soprattutto di quelli che, sputando sui partiti e immagino sui costi della politica, intascano, come lei, pur legittimamente, un vitalizio per aver fatto come Senatore la legislazione breve dal ’94 al ’96.
Ciò detto, se il capogruppo del PD ha avuto troppo zelo mettendo in guardia da un protagonismo di facciata i consiglieri comunali che si impegneranno ad indagare sui fenomeni mafiosi a Milano, lei commentando questo zelo ha proprio preso una bella cantonata.
Siccome tra i suoi scritti ricordo il titolo: “La città degli untori”, le cito a proposito Leonardo Sciascia: “Ma lasciando da canto l’ironia (il cui linguaggio non sempre riesce decifrabile ai più), si può dire – e posso ben dirlo dopo trent’anni di polemiche – che il nostro è un tremendo Paese, dove basta ci si attenti a toccare il picchiotto, per bussare alla porta della verità, che si viene proclamati untori anche da chi sa che le unzioni non esistono e che chi bussa non ha niente a che fare con la peste”.