ANCORA SUL REFERENDUM LOMBARDO-VENETO. IL PD FRASTORNATO di Roberto Biscardini

25 ottobre 2017

ANCORA SUL REFERENDUM LOMBARDO-VENETO. IL PD FRASTORNATO di Roberto Biscardini

Il Pd ha confuso il desiderio di ogni comunità locale di poter godere di una maggiore autonomia e sovranità rispetto a qualsiasi potere sovraordinato e centralista dello Stato (contro il centralismo statale oggi, ma presto anche contro il centralismo regionale) con i sentimenti egoistici e irrazionali della destra che si nascondono dietro questo neo-regionalismo/autonomismo della Lega.
L’astensione, diversamente motivata dai singoli esponenti Pd, è stata la cosa più inutile e per certi versi incomprensibile che si poteva mettere in campo.
Da che mondo e mondo, in un referendum senza quorum, l’astensione non ha effetti pratici, a meno di utilizzarla come un’arma contundente del “boicottaggio”, da far capire nelle piazze, ma così non è stato perché l’astensione della cosiddetta sinistra è apparsa più come una linea di avvicinamento alla Lega e a tutti coloro che nel Pd sono andati a votare Si, piuttosto che una posizione distante da Maroni e Zaia.
Se rivendichi di essere ancora un po’ di sinistra, avresti dovuto andare a votare No, non perché l’autonomia è di destra, ma per l’ambiguità di quella proposta e perché è di destra ingannare il popolo, facendogli credere che arriveranno più soldi nelle tasche dei lombardi e dei veneti e facendogli credere che Zaia e Maroni riusciranno a tenere le tasse “in casa”.
Si è fatto credere che qualora lo Stato centrale concedesse alle Regioni il trasferimento delle deleghe, trasferirà anche le relative risorse, ma questa equazione non è scritta da nessuna parte, e la vera beffa sarà l’esatto contrario, che più deleghe saranno trasferite alle regioni, più le regioni dovranno trovare risorse proprie per esercitarle.
Inoltre si è raccontata la storia infernale del Residuo fiscale che, se gestito in termini non politici fuori da qualunque logica di una redistribuzione più eguale della ricchezza, riduce le istituzioni, in questo caso le Regioni, non a organi politici ma a puri territori geografici, con una spinta delle aree cosiddette più ricche, cioè con più PIL, ad allontanarsi dalle più povere.
Ma questo varrebbe anche per la Lombardia dove, se i milanesi capissero cosa hanno votato, da domani, in nome del Residuo fiscale prodotto nell’area metropolitana di Milano, rivendicherebbero l’autonomia dal resto meno ricco della regione.
La logica del “tenersi i soldi a casa propria”, in ragione della ricchezza che i territori producono, non avrebbe fine.
Ma ritorniamo al Pd che sembra non aver capito queste elementari questioni politiche e che, appoggiando di fatto con l’astensione massiccia sia Maroni che Zaia, ha scoperto, dopo secoli di centralismo, il valore del regionalismo e dell’autonomia regionale.
Sono gli stessi che il 4 dicembre 2016, in nome delle riforma costituzionale proposta da Renzi, sostenevano che le Regioni facevano letteralmente “schifo”, fonte di indebitamento pubblico e inefficienza, (cosa che noi non abbiamo mai detto) e pertanto rivendicavano forme di riaccentramento di alcune importanti competenze regionali/poteri verso lo Stato centrale.
E’ vero che gli italiani hanno la memoria corta, ma chi è causa del disastro dovrebbe non perdere la memoria a meno di non accettare di essere dissociati, frastornati o un po’ imbroglioni.

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