AMBIENTE E IMMIGRAZIONE, IN PIAZZA SENZA BANDIERE di Roberto Biscardini

15 marzo 2019

AMBIENTE E IMMIGRAZIONE, IN PIAZZA SENZA BANDIERE  di Roberto Biscardini

Finalmente sull’onda dell’iniziativa politica dei giovani studenti, tutto il mondo e in particolare quello occidentale, è stato scosso dalla questione ambientale e la politica, un’altra volta impreparata, è costretta a correre dietro agli eventi che vengono dal basso, della società, ora del mondo della scuola e scientifico. Un ottimo segnale.

Alle manifestazioni del 15 marzo nelle 100 e più piazze italiane, si sono trovati in tanti, molte le adesioni sincere, molta partecipazione, nessuna bandiera di partito.

A Milano una manifestazione gigantesca, un fiume di giovani ha invaso la città. Certamente la più grande manifestazione studentesca degli ultimi decenni con delle parole d’ordine chiare: per il nostro futuro, per un futuro migliore per tutta l’umanità, contro il consumismo e gli sprechi, affinché i governi di tutto il mondo facciano di più.

Esattamente come è accaduto il 2 marzo scorso quando circa 200 mila cittadini sono scesi in piazza a Milano contro il pericolo razzista. Tanti cittadini, tantissimi italiani, tante nazionalità, nessuna bandiera di partito. Una moltitudine di persone mosse da una forte pulsione internazionalista, ispirata ai grandi valori della solidarietà e della giustizia, apparentemente senza partiti di riferimento.

Due grandi eventi che riportano in primo piano grandi questioni, grandi battaglie e grandi politiche di ispirazione socialista. Il diritto alla difesa della dignità di tutti, “senza distinzione di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.” Il diritto alla difesa dell’ambiente e il diritto alla salute. La “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema” che al di là delle ripartizione pietrificata delle competenze statali, è dovere di tutti garantire: istituzioni statali, locali e cittadini.

Quindi finalmente in piazza sono scesi gli studenti per far sentire la propria voce, contro i ritardi che la politica e le istituzioni hanno via via accumulato, nonostante anni fa un certo corso era stato avviato, con lungimiranza, diventando persino oggetto di attenzione di governi e parlamento.

Intervistato in piazza da una giovane studentessa della Statale, che voleva sapere del nostro passato e del passato delle cultura ambientalista del socialismo italiano è venuto semplice ricordare alcuni fatti tra i tanti possibili.

Il ministero dell’ecologia e dell’ambiente è stato istituito per la prima volta in Italia nel 1983 in occasione del primo governo Craxi, fu lui a volerlo e fu lui ad istituirlo.

Fu Craxi, finita la sua esperienza di governo, a volere Giorgio Ruffolo primo ministro socialista all’ambiente di cui ancora tutti ricordano i grandi meriti.

Diceva Ruffolo 30 anni fa: “Bisogna arrivare a capire che la politica ambientale non è la politica del Ministro dell'ambiente. La politica ambientale non è solo depurazione e smaltimento dei rifiuti, cioè risanamento dei guasti, ma è politica di prevenzione, che può essere fatta solo dal Governo intero e dalla comunità nel suo insieme”.

Così come non bisogna dimenticare le tante battaglie di architetti e avvocati  “condotti” e politici socialisti, nel parlamento e negli enti locali per una diversa politica urbanistica e territoriale, contro la rendita, contro l’abusivismo, contro l’inurbamento selvaggio e il degrado territoriale. Una battaglia contro i settori più agguerriti della destra Dc, ma anche contro il Pci che degli anni ’70 e ’80 tentarono di bloccare ogni riforma di iniziativa socialista che si muovesse nel solco della separazione tra diritto di proprietà e diritto di edificazione. Potrei citare mille esempi di amministratori locali socialisti  che fecero della battaglia ambientalista, non una bandiera propagandistica rosso-verde, ma una questione di “vita”. Tre esempi per tutti. La grande battaglia per la costituzione dei parchi nazionali, regionali e locali contro la cementificazione del territorio. La riduzione del traffico nelle grandi aree urbane e la riqualificazione dei centri storici. Fu Carlo Tognoli nel 1985 sindaco di Milano a introdurre per la prima volta l’esperimento di chiusura “totale” nel centro storico della città. Così come le azioni per lo sviluppo delle energie rinnovabili contro gli interessi dei protettori dell’energia fossile e del nucleare.

Tra i tanti socialisti che si sono impegnati nella battaglia epocale per una più incisiva politica ambientale, internazionalista, anche in ragione della crisi climatica globale, voglio ricordare Giorgio Galli che aveva paragonato nei primi anni 2000 la necessità di un’azione socialista nelle politiche ambientali a quella che i socialisti profusero nei primi del ‘900 nella battaglia per il lavoro e la giustizia sociale.

“La stessa mentalità del profitto, a breve termine, per pochi e a danno di molti, ha prodotto, negli scorsi decenni, la cementificazione e la devastazione del Bel Paese. Anche “i molti” hanno creduto di trarne vantaggio tra case abusive e consumi superflui. Poi arrivano puntualmente alluvioni, nubifragi e terremoti in zone a rischio sismico e, allora, come per la crisi, si parla di fatalità, mentre si tratta di conseguenze di decisioni prese, in sedi precise, da persone precise. Non si tratta ora di recriminare sul passato, ma di mettere in sicurezza il territorio italiano come progetto da proporre all’Europa … Mentre maturano questi tempi lunghi l’Italia deve investire risorse per mettere in sicurezza il suo territorio, con le scuole in pericolo e acquedotti senza manutenzione che sperperano il quaranta per cento di quel prezioso bene comune che è l’acqua. Questo è il nostro impegno prioritario, anche per dare lavoro a tutti, dai badilanti agli ingegneri … per evitare che la Liguria frani e che la Sicilia sia pericolosamente devastata”.

Perché si è perso un patrimonio di idee, di lotta e di azione politica concreta che pur a partire dagli anni ’70 aveva trovato un terreno fertile tra diverse forze ambientaliste? Perché si è persa quella energia politica, nonostante la sensibilità ambientalista è andata via via sempre crescendo? La risposta è semplice: la politica è sempre più debole, decide sempre meno, e opera sui tempi brevi senza una sguardo lungo verso il “futuro”, appunto. Ha rinunciato a fare politica economica, territoriale ed industriale, lasciando che gli interessi economici e capitalistici avessero la meglio. E i giovani l’hanno capito benissimo.

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